Totò Cuffaro a Catania: “il carcere, il mio processo, la mia vita”. Ed il futuro… -
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Totò Cuffaro a Catania: “il carcere, il mio processo, la mia vita”. Ed il futuro…

Totò Cuffaro a Catania: “il carcere, il mio processo, la mia vita”. Ed il futuro…

Una mattina diversa a Catania. Con le parole dell’ex presidente della Regione

cuffaro-3“Non mi vedrete né oggi né domani parlare del mio processo, non ne parlerò mai più”.
“Credo che il mio processo e la mia vicenda giudiziaria appartengano certamente alla mia coscienza e spero e mi auguro che appartengano alla coscienza dei tanti siciliani che mi hanno conosciuto e la speranza ancora piu forte che possano appartenere anche a quelli che non mi hanno conosciuto”.
Così Totò Cuffaro, ieri, sabato, a Palazzo Platamone, per la presentazione del libro del giornalista Simone Nastasi “Cuffaro tutta un’altra storia – La verità sul processo al presidente dei siciliani”.

Un Cuffaro cambiato dalla vicenda giudiziaria che lo ha visto protagonista, davanti a politici, giornalisti, avvocati: ieri, è venuto fuori l’uomo. Prima della politica, del Potere, della fama o della condanna. Un’occasione, quindi, anche per parlare di cosa è il carcere in Italia, dei suoi problemi, delle tante mancanze della politica e soprattutto della società sul tema.
“È una vicenda chiusa – ha detto Cuffaro in relazione alla sua storia -. E’ una vicenda che certamente mi ha procurato tante sofferenze, ma le sofferenze non sono state sterili. La sofferenza alla fine, per quel che mi riguarda, è riuscita ad essere e diventare feconda. Non credo – ci ho riflettuto a lungo – che proporrò la revisione del mio processo, non servirebbe a niente, certamente non servirebbe a fare recuperare gli anni della mia sofferenza e non so neanche se vorrei recuperarla perché, come ho detto, alla fine questa sofferenza non è stata sterile, è stata produttiva. Certo non è stata bella ma è stata utile. Quindi, non ha senso che io chieda alla giustizia italiana di tornare sul mio processo”.

cuffaro-2Ha spiegato ancora Cuffaro che “qualcuno insiste” per la revisione del processo, ma l’ex presidente ha spiegato che riaprire la vicenda giudiziaria “significherebbe in qualche modo ridare un verso ad una storia che non puo essere quella che è stata scritta dalle sentenze, ma in questi anni mi sono convinto che il verso della storia non è quello scritto nelle sentenze ma il verso della storia è quello che sta nel cuore delle persone”. Un “uragano” di applausi.

L’ex governatore ha spaziato negli anni, ricordando quelli del carcere, i momenti di sconforto ma anche la gioia dell’affetto delle persone, che gli inviavano lettere su lettere.
“Ne avevano consegnate a me 15 mila, ma più del triplo non hanno materialmente potuto consegnarmele”, ha chiosato. Poi un passaggio sul senso delle istituzioni, che “… diventa rispetto temprato e doveroso quando sentendo le ferite e vedendo le ferite in qualche modo dolorose continui ad averlo”.

Ha citato Socrate, più avanti Cristo, l’ex presidente della Regione, che ha ricordato anche con orgoglio la sua esperienza a Palazzo D’Orleans: “la più bella che mi sia capitata e che possa capitare a chi fa politica: quella di essere eletto dalla propria gente, potere servire la propria terra, credo che sia l’esperienza più straordinaria”. Certo c’è anche il “rimorso” perché avrebbe potuto fare di più: e allora ecco il ricordo di quell’avviso di garanzia, con l’accusa di avere favorito la mafia. “Ho fatto il presidente della Regione nonostante nella mia testa pesasse il dramma di quell’avviso di garanzia…”.

Ma Cuffaro rifarebbe per intero quell’esperienza? Qualcuno maligna che Cuffaro vorrebbe forse tornare a fare politica? Lui lo esclude.
“Sento l’affetto della gente di Sicilia attorno a me ma ho la consapevolezza che questo affetto, questi sentimenti nei miei confronti, se io minimamente pensassi di tornare in politica, verrebbero meno…”. Del resto “è cambiata la politica… io non la capirei più, non la capisco più…” .

Quindi, che accadrà? Cuffaro ha ribadito che andrà in Africa, nel Burundi, a fare il medico volontario: da marzo a dicembre. Accanto a lui, sua moglie “che in questa esperienza ha pagato il prezzo più alto”.

Prima di concludere, però, ha voluto ricordare il mondo delle carceri: c’è molto da fare. Cuffaro – che ha ammesso di avere fatto poco in precedenza – lo ha scoperto in questi anni, fra mancanze della politica e suicidi dei detenuti. Che vivono – ha ricordato – nella “speranza che qualcuno si occupi di loro”.
Le carceri in Italia sono un problema aperto, come ha ricordato anche Zelda Raciti dei Radicali Italiani: responsabilità? Dello Stato, della politica? No, ha spiegato Cuffaro “ della società, che continua a pensare che quello è un pezzo della società che ha sbagliato e che va recluso”.

Ma – ha aggiunto – in carcere ci sono “anime, non corpi”. E poi, magari l’articolo 27 della Costituzione sulla funzione di rieducazione: nei fatti “una leggenda” ha detto Cuffaro. “Il carcere non rieduca”. Semmai, come nel caso di persone finite dietro le sbarre per reati minori, c’è il rischio di “incamerare odio verso lo Stato”.

Marco Benanti

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