Acireale, riscoprendo la propria città -
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Acireale, riscoprendo la propria città

Acireale, riscoprendo la propria città

Un percorso didattico-culturale sul Barocco acese, su Catania e Noto ha condotto gli studenti dell’Istituto Superiore “Majorana-Meucci” a tracciare una storia viva delle principali realtà architettoniche urbane

Nell’ambito delle attività culturali del piano integrato 2014 Prog C1-FSE-2013-2600, l’Istituto Superiore “Majorana-Meucci” di Acireale, coordinato dal Dirigente scolastico prof. Gaetano La Rosa, ha recentemente completato un interessante e approfondito percorso didattico-culturale sul Barocco di Acireale, Catania e Noto. Il progetto, denominato “Aciantica” e coordinato dalla prof.ssa Sebastiana Barbagallo, si è avvalso della partecipazione, in qualità di esperta, della dott.ssa Melinda Miceli, autrice di guide turistiche, giornalista e critica d’arte.

Molto apprezzato il lavoro su Acireale, che la identifica come una “bellissima città della riviera dei Ciclopi, è costruita su un altopiano di origine lavica, la “Timpa”, caratterizzato da scogliera di basalto. La storia di Acireale si intreccia con la leggenda dei Ciclopi e dei mitologici Lestrigoni. Secondo la tradizione l’idillio d’amore tra il pastorello Aci e la ninfa Galatea fu ostacolato dal Ciclope Polifemo, figlio del vulcano, il quale uccise Aci lanciandogli violentemente grossi massi. Galatea, rivoltasi agli Dei, li implorò affinché Aci riacquistasse la vita; questi venne così tramutato in fiume cosicché, riversandosi in mare, potesse celebrare idealmente l’abbraccio d’amore con la sua ninfa amata. Si narra che Aci Castello e le altre Aci traggano la propria origine da Xiphonia, misteriosa città greca scomparsa, probabilmente oggi in comune di Aci Catena. La creazione del primo nucleo abitativo viene datato intorno al 1330. Fu in quegli anni che, dove oggi sorge Piazza Duomo, alcuni nuclei familiari sopravvissuti, prima all’invasione degli Angioini, poi al fortissimo terremoto del 1329 e infine alla violenta eruzione dell’Etna che spinse le sue colate laviche sino al mare di Stazzo o Pozzillo, costruirono le loro prime abitazioni e l’antica chiesetta dedicata all’Annunziata”.

Nei lavori finali, grande attenzione è riservata alla descrizione delle principlai realtà archiettoniche della città: la Cattedrale (costruita dove nel ‘400 sorgeva un altare dedicato alla Vergine Annunziata, presenta un prospetto in stile neogotico completato sul finire dell’800 dall’arch. Giovan Battista Basile che rielaborò i progetti dell’arch. Stefano Ittar. Seicentesco e barocco è il grande portale dalle eleganti colonne corinzie, opera del messinese Placido Blandamonte. Esso reca nella trabeazione uno dei più antichi stemmi cittadini e costituisce un complesso unitario con la sovrastante edicola con diverse statue (Madonna Annunziata con Angelo, S. Venera, S. Tecla ). Sul finire dell’800 la cattedrale è stata congiunta al palazzo vescovile mediante un cavalcavia progettato dall’arch. Carlo Cocuccio. Il complesso composto dalla cattedrale, palazzo vescovile, edifici ecclesiastici su via Genuardi e loro corti interne, congiunte alla basilica dei santi Pietro e Paolo, costituisce una vera e propria cittadella, opera del messinese Placido Blandamonte), la Basilica dei SS Pietro e Paolo (costruita nel corso del XVII secolo con un elegante prospetto su disegno di Pietro Paolo Vasta. Il mancato completamento del campanile di sinistra ha favorito la pacata dinamicità dell’insieme e non è casuale: la costruzione di questo campanile non avrebbe permesso il passaggio del raggio di luce solare che viene captato dallo gnomone della meridiana della vicina Cattedrale), il Palazzo di Città (con il suo prospetto tardo barocco fa di piazza Duomo un unicum estremamente suggestivo), la Basilica di San Sebastiano (costruita nel 1600 nel luogo in cui in passato sorgeva un’antica edicola dedicata al Santo Martire. Presenta una maestosa facciata in stile barocco opera di Angelo Bellofiore), la Chiesa di S. Maria dell’Odigitria (originariamente un oratorio. La sua caratteristica è la cupola policroma maiolicata a squame di pesce. Al centro della facciata in pietra chiara spicca il portale scuro e squadrato in pietra lavica che introduce all’interno della chiesa a pianta basilicale), il monumentale Palazzo del barone Musmeci (XVII-XVIII sec.), la chiesa di S. Domenico (ha una facciata imponente per le due torri campanarie, corrispondenti nella parte inferiore alle navate laterali. La parte centrale ha una tribuna aggettante coronata da statue abbinate in corrispondenza alla doppia coppia di colonne), la Biblioteca e Pinacoteca Zelantea (fondata e curata dalla Accademia, una delle più illustri d’Italia, ha sede in un palazzo neoclassico progettato all’inizio del XX secolo dall’ingegnere acese Mariano Panebianco), la via Dafnica, le Terme di Acireale (due edifici costituiscono gli impianti termali: quello ottocentesco di Santa Venera, circondato da terrazze panoramiche e da uno splendido parco e, dal 1987, la nuova struttura di Santa Caterina, edificata in uno dei tratti più suggestivi della Timpa, territorio d’altissimo valore ambientale. Un’aura di mito aleggia attorno alle Terme di Acireale. Nel Medioevo si credeva fossero generate dal sangue della martire Santa Venera, patrona della città, che le aveva dotate di poteri soprannaturali), la Chiesa del Suffragio (eretta nel 1638 e restaurata dopo il terremoto del 1693 nel cosiddetto “quartiere dei Morti”).

Salvatore Rubbino

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