È… “La penultima fine del mondo” -
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È… “La penultima fine del mondo”

È… “La penultima fine del mondo”

 Ironia e fantasia nell’ultimo romanzo di Elvira Seminara

copertina - Penultima 1Se la parola è l’arma più potente, allora lo scrittore può tutto. Registrare la realtà, raccontarla e cucirle una veste. La solitudine dello scrittore diventa lo specchio dell’umanità, che soffre anche lei di solitudine. Giornalismo e scrittura, sono i due caratteri fondamentali del nuovo romanzo di Elvira Seminara: “La penultima fine del mondo” (Nottetempo, collana Il rosa e il nero), si potrebbe definire come il manifesto di un’umanità rinnovata, in cui la morte diventa il mezzo per raccontare la vita, dove c’è qualcosa di cui stupirsi perché lo scrittore imprime un marchio di autenticità ai personaggi che “escono” dalla vita per recuperare il loro sogno.

L’atmosfera fiabesca non tragga in inganno il lettore che si ritroverà, piuttosto, catapultato in un vortice introspettivo con pause di riflessione su quanto accaduto e quanto sta accadendo. Il lettore, sarà così costretto a immaginare le scelte della scrittrice, comprendere le sferzate alla società dei consumi, per la quale il suicidio diventa una via di fuga. Manipolazione delle notizie, significati nascosti e possibili interpretazioni, inducono il lettore a percepire nuove possibilità, che abbandonano le modalità narrative per entrare in una sorta di modalità dialettica, al fine di far diventare imprevedibili gli svolti decisivi della vicenda.

Ambientato in un piccolo paese della Sicilia, che ricorda Nicolosi, con il suo bar e la sua pineta dove la gente comincia a morire, lanciandosi da balconi e scarpate: nessuno ha un motivo apparente, ma tutti un vago sorriso. I casi ormai non si contano e la stampa internazionale si riversa nella cittadina per documentare gli eventi. Quando, nel timore di un’epidemia planetaria, si spegnerà il faro dell’attenzione, gli abitanti resteranno soli e smemorati a sprofondare nel regno delle ombre. Non soli del tutto, però. È rimasto in paese uno scrittore di gialli per affrontare il mistero di quei suicidi felici. Il lento declino del Meridione, che muore senza nemmeno saperlo, schiacciato dalle sue contraddizioni; in cui la fine del mondo è solo la fine di un certo assetto come finora l’abbiamo conosciuto.

Il testo si configura come l’espressione dell’inquietudine che contrappone l’individuo al contesto sociale. La perdita di identità e del senso del domani, sconfinano dallo spazio al tempo. La complicazione arriva a raggiungere il caos, in un gioco meccanicistico dove i personaggi perdono il buon senso e vengono assuefatti dalla strumentalizzazione cannibalesca della stampa, che trasforma il “caso dei morti inconsapevoli” in turismo del macabro e circo mediatico, come nella nostra attualità. Data l’unione del tragico e comico, non stupisce il tono irriverente e i giochi di parole che hanno contribuito alla sua scrittura che, come nelle favole spezza il maleficio che ha colpito l’umanità.

In tutti i miei romanzi ho sempre raccontato il presente, con le sue effrazioni e le sue fratture. In quest’ultimo c’è la narrazione distopica di un’esplosione personale e collettiva, sullo sfondo di una Sicilia magica che perde il senso delle sue radici e le cerca disperatamente senza trovarle. Un paese da favola in cui – spiega l’autrice – irrompe il contemporaneo con la sua drammaticità e le sue tensioni e tutto comincia a sfaldarsi. Questo piccolo paese è dentro un’isola, che è dentro il Paese, che a sua volta è dentro il mondo, come una scatola cinese. Questo piccolo buco si apre e diventa una voragine che rappresenta il pianeta”.

Elvira Seminara fa la giornalista e vive ad Aci Castello. Ha curato diverse trasmissioni radiofoniche per la Rai, è redattrice del quotidiano “La Sicilia” e docente di Storia e tecnica del giornalismo all’Università di Catania. Oltre ai racconti in volumi e riviste, ha pubblicato “Sensi. Donne sull’orlo dell’isola” (Sanfilippo 2005), un viaggio-inchiesta tra le donne siciliane, “L’indecenza” (Mondadori, 2008), storia di un amore violento quanto passionale, che oltrepassa forme e pensieri, che si riflette sull’essenza delle cose e tanti altri. Quest’ultimo, ha anticipato la scrittrice, è stato tradotto in Polonia e andrà a presentarlo a Varsavia e Cracovia. Per quel che riguarda il futuro ha detto: «A marzo andrà in scena, per il teatro Stabile di Catania, la commedia “Scusate la polvere”, tratta dal mio penultimo romanzo, il che mi diverte molto. Per l’occasione, sto lavorando a una mostra di strani reperti creati sul tema del romanzo, che esporrò in contemporanea al teatro Musco».

Salvatore Rubbino

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