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Catania, operazione Scarface. Misure cautelari anche a 6 finanzieri

Catania, operazione Scarface. Misure cautelari anche a 6 finanzieri

Guardia di Finanza di Catania: 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di membri del clan Mazzei Carcagnusi tra cui un militare della GdF. Sigilli su beni per oltre 65 milioni di euro. A seguito della brillante indagine, attraverso un distinto filone investigativo, collegato all’operazione “Scarface” sono emerse le posizioni – estranee alle vicende mafiose del clan – di cinque finanzieri in servizio a Catania nei cui confronti è stata disposta la misura degli arresti domiciliari.

Nella mattinata odierna i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, con l’ausilio di uomini dello SCICO di Roma e di elicotteri della Sezione Aerea di Catania, a conclusione di una complessa indagine antimafia, hanno eseguito una misura cautelare personale e reale nei confronti di appartenenti al clan Mazzei-Carcagnusi.

L’operazione trae origine dalle attività svolte nell’ambito della indagine “Reset” che, nel novembre del 2013, aveva portato all’arresto di 24 componenti del clan Santapaola, cosiddetto “Gruppo della Stazione”. In quel contesto erano emersi specifici elementi relativi alla riconducibilità di alcune attività economiche, tra cui la nota discoteca catanese “Boh”, alla famiglia mafiosa dei Mazzei (cosiddetti “Carcagnusi”), operante in Catania.

Le attività investigative, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia etnea, hanno consentito di definire i contorni dell’associazione mafiosa e i reati commessi dai suoi membri (intestazione fittizia di beni, bancarotta fraudolenta ed estorsione) nonché di risalire all’articolato reticolo di interessi economici e finanziari del clan.

I finanzieri, anche attraverso il ricorso ad attività tecniche, hanno ricostruito la trama degli affari illeciti dell’organizzazione criminale, sia con riferimento ai reati più tipici e diffusi (ad esempio, il racket nei confronti degli imprenditori), sia con riguardo agli aspetti inerenti alla sua capacità di penetrazione nell’economia legale mediante investimenti di capitali.

A quest’ultimo riguardo, le indagini, oltre a individuare le metodologie di acquisizione delle attività economiche per il tramite dell’arruolamento di prestanome, hanno consentito di accertare alcuni casi di bancarotta fraudolenta ai quali è stata contestata per la prima volta dalla Procura catanese l’aggravante dei metodi mafiosi. In particolare, è stato accertato che i componenti dell’organizzazione mafiosa preposti alla gestione degli affari economici del clan, dopo aver fittiziamente creato, anche nel centro e nel nord Italia, alcune società operanti per lo più nei settori dell’edilizia e delle lavorazioni tessili, intestandone le quote a semplici prestanome, provvedevano all’acquisto di prodotti e materiali per rilevanti importi senza adempiere ai relativi pagamenti, facendo leva sul potere di intimidazione derivante dal vincolo mafioso. Sono stati accertati episodi di violenza e minaccia sia nei confronti di fornitori che avevano richiesto i pagamenti della merce venduta, sia nei confronti di clienti ai quali non era stata emessa la fattura fiscale. Il sistema così ideato, operando a monte (acquisti di merce non pagata) e a valle (vendite in nero), realizzava l’illecito arricchimento degli associati e il progressivo depauperamento delle società, fino al loro fallimento.

Al vertice dell’organizzazione Sebastiano Mazzei, figlio di Santo Mazzei, reggente dell’omonimo clan detto anche “dei carcagnusi, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno ed attualmente ricercato.

Gli accertamenti patrimoniali hanno permesso l’individuazione e il sequestro di un ingente patrimonio, stimato in oltre 65 milioni di euro, costituito da beni mobili e immobili (società di costruzioni, ville, magazzini, un lido balneare e una discoteca).

Nel corso delle indagini è emerso altresì il contributo causale all’associazione di stampo mafioso fornito da un ispettore della Guardia di Finanza, il Luogotenente Francesco Caccamo, in servizio al Gruppo di Catania. Il militare è stato oggetto di provvedimento di custodia cautelare in carcere.

Complessivamente, il provvedimento di custodia cautelare personale in carcere emesso nei confronti dell’organizzazione ha interessato i seguenti soggetti, resisi responsabili, a vario titolo, del reato di associazione a delinquere di tipo mafioso, finalizzata al compimento di estorsioni, bancarotte fraudolente e trasferimenti fraudolenti di valori:

MAZZEI Sebastiano, nato il 09.01.1972 a Catania;

CANTARELLA Gaetano, nato il 26.05.1952 a Catania;

CERBO Francesco Ivano, nato il 27.05.1960 a Livigno (SO);

CERBO William Alfonso, nato il 18.08.1982 a Catania;

D’ASSERO Cirino Antonio, nato il 05.11.1969 a Livorno Ferraris (VC);

DI GRAZIA Gabriele Santi,  nato il 17.09.1981 a Catania;

DI GRAZIA Michele, nato il 21.06.1989 a Catania;

FINOCCHIARO Angelo, nato il 06.11.1947 a Acicatena  (CT);

PANEBIANCO Carmelo, nato il 27.11.1960 a Catania;

ZENNARO Luigi, nato il 20.04.1958 a Catania;

CACCAMO Francesco, nato il 15.04.1961 a Palermo.

Un distinto filone investigativo, collegato all’operazione sopradescritta, ha fatto emergere le posizioni – estranee alle vicende mafiose del clan – di cinque finanzieri in servizio a Catania. I militari, nei cui confronti è stata disposta la misura degli arresti domiciliari, si sono resi responsabili di false attestazioni e omissioni nel corso di un’operazione di polizia giudiziaria a contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti.

 

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