Il brand come asset finanziario: perché detenere la proprietà dell’identità è la nuova frontiera della leadership economica. Chi trasforma il proprio brand in impresa riscrive le regole del mercato?
Nell’attuale scenario economico globale, il brand non è più una semplice etichetta o un espediente di marketing: è diventato un asset strategico, negoziabile, misurabile, capace di generare valore tangibile ben oltre la reputazione. Il passaggio culturale è profondo e riguarda leader, aziende e istituzioni che stanno riscrivendo la relazione tra visibilità e capitale.
Il CEO di Mattel, nel corso del Paley International Media Council, ha sintetizzato questa evoluzione con una frase diventata emblematica: “We’ve moved from marketers to storytellers to brand managers.” Non si tratta più solo di vendere un prodotto o raccontare una storia, ma di detenere e gestire un capitale identitario in grado di incidere sulla valutazione reale di un’impresa o di una figura pubblica.
Per Cristiana Falcone, ideatrice del Business Ethics Summit e membro attivo del network WIL Europe (Women in Leadership), in questo contesto imprenditori, atleti, creator digitali e celebrità “stanno reinterpretando il concetto stesso di notorietà, perché il nuovo obiettivo non è farsi scegliere da un brand, ma diventare un brand. La proprietà del proprio marchio personale, della narrazione, del valore percepito è oggi la vera posta in gioco.”
L’esempio della giovane campionessa di basket di New York che ha lanciato la propria linea di sneakers chiamata Serena, o della linea di cosmetici Rhode fondata da Hailey Bieber e recentemente valutata miliardi, dimostra quanto questa strategia sia già pienamente operativa, specie tra le nuove generazioni.
“Non si tratta solo di monetizzare la popolarità – commenta Cristiana Falcone – ma di trasformarla in equity, in società, in linee di prodotti, in diritti d’autore, in capitale investibile.”
Lo stesso vale per i grandi brand culturali e sportivi. L’acquisizione dei Los Angeles Lakers a multipli straordinari rispetto al loro valore puramente finanziario segnala quanto la dimensione immateriale del brand – la sua storia, il suo pubblico, la sua iconicità – abbia oggi un peso decisivo nelle transazioni di mercato. Il valore simbolico genera aspettative di monetizzazione futura, apre a nuovi modelli di business e rende il brand stesso una forma di garanzia.
Cristiana Falcone: “il brand è oggi un’estensione dell’identità economica di chi lo detiene. Chi governa la propria immagine, governa anche una parte del mercato. Non si parla solo di personal branding, ma di un modello proprietario in cui il capitale narrativo viene trattato al pari degli asset materiali.”
Aziende e leader che intendono costruire valore nei prossimi anni dovranno quindi sviluppare competenze specifiche per trasformare la riconoscibilità in una leva economica. Si tratta di un cambiamento che coinvolge la cultura d’impresa, la formazione manageriale e la governance stessa. In questo scenario, autenticità e strategia non sono più opposti, ma complementari: la gestione consapevole del brand diventa la vera chiave per attrarre investimenti, aprire nuovi mercati e costruire fiducia in un mondo che cambia rapidamente. La sfida è già iniziata.








