Disquisizioni sul toponimo “Giarre” -
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Disquisizioni sul toponimo “Giarre”

Disquisizioni sul toponimo “Giarre”

Nella risposta del prof. Antonino Alibrandi al mio intervento alla sua conferenza, promossa dall’Archeoclub comprensorio ionico etneo il 16 dicembre scorso, pubblicata il 30 dicembre sul Gazzettino online(1), scorgo una capacità dello studioso di fluttuare tra le tante ipotesi (ben quattro) tratte dalle righe di scritti storici di studiosi quali Francesco Ferrara (1818), Giuseppe Recupero (1815), Giuseppe Antonio Mercurio (1847), Salvatore Raccuglia (1906), Girolamo Caracausi (1983), Isidoro M. Sidro Barbagallo (1995) e lo stesso Antonino Alibrandi (2021). Come si vede dalle date fra parentesi che riguardano l’anno di pubblicazione rispettiva ad  ogni autore, intercorre un lasso di tempo non indifferente dal periodo storico qui messo sotto la  lente di ingrandimento (seconda metà/ fine Cinquecento). Gli autori che scrivono  si collocano a 3 , 4 e addirittura 5 secoli successivi all’epoca in cui compare per la prima volta sui documenti d’archivio il toponimo “contrada delle Giarre” o, qualche volta “delli Giarri”.

La mia osservazione sul toponimo Giarre, in maniera molto semplice, si basa sulla relazione del 1583 redatta da Giovan Battista Fiesco Garaventa e perciò coeva al periodo storico in questione. Ma chi è Giovan Battista Fiesco? Ingegnere militare e membro della potente comunità genovese di Palermo, il capitano G.B. Fiesco (detto anche Fieschi) il 4 novembre 1582 riceve  incarico dal viceré Colonna di “commissario generale delle fabbriche delle torri et guardie marittime che si fanno et si faranno in questo regno”, mandato che riconosce le competenze militari pregresse e sottolinea l’importanza che continua ad avere la salvaguardia delle coste sotto la pressione delle scorrerie corsare. Così pochi mesi dopo, il 30 Maggio 1583, riceve istruzioni più dettagliate, come per esempio quella di effettuare la visita in maniera che “il viaggio vostro serà per terra” e poiché a questo si sommano  “l’opere dei Ponti importantissime e urgentissime” fra il 19 e il 22 Luglio 1583 gli si chiede di accompagnare l’ingegnere Camillo Camilliani: “Voi gli farete buona compagnia et corrispondenza, honorandolo siccome la persona et virtù sua meritano: et acciocché queste cose insieme con l’altre a voi ordinate … si possano eseguire farete in vertù della potestà concessavi proveder di comarca in comarca da Giurati di convicini luoghi persone isperte e pratiche, le quali pongan l’indirizzo et l’informationi necessario a di tutto quello che occorrerà intendere et con la compagnia loro assicurar il progresso del viaggio nelle parti pericolose et sospette facendo anco somministrar da essi giurati i vascelli che saranno necessari a scuoprir et riconoscer dal mare tutto quello che per terra non si possa et prender l’aspetto marittimo et scandagliar, misurar et disegnar sul fatto ciò che di bisogno sia”.

Le istruzioni esigono un lavoro attento, meticoloso, professionalmente impeccabile e completo ed eseguito nel più breve tempo possibile. Ma la vera novità è che l’ispezione “… serà per terra”: ne consegue che le valutazioni e le dimensioni metriche sono reali giacché vengono rilevate direttamente sul campo, diversamente dalle ispezioni fatte fin ora per via mare sia dallo Spannocchi che dal Camilliani. Nell’intento bisogna, inoltre, tessere i rapporti con le comunità locali e mano a mano che i disegni del Camilliani e le relazioni di Fiesco giungono a Palermo, si attivano gli uffici centrali e partono le disposizioni viceregie indirizzate alle strutture periferiche (secreti, tesorieri, giurati) che hanno il compito di avviare le procedure per i bandi. Si richiede di affiancare il Fiesco con persone locali “isperte e pratiche”, in genere tecnici ed agrimensori, che conoscono bene i luoghi e ne indicano i punti critici:  sorgive e fiumi, torrenti e valloni, punti di facile attracco ed accesso nell’entroterra da parte dei corsari. Un’altra informazione preziosa è l’individuazione dei fondi, con i relativi limiti e confini ed i rispettivi enfiteuti (pochi soggetti della nobiltà catanese), costituendo in tal modo alla fine del ‘500 un primo catasto di quei terreni che si trovano limitrofi al litorale. Questo strumento avrebbe così permesso un calcolo più particolareggiato degli oneri per la difesa dei territori indicati.(2) Tengo a sottolineare che il Fiesco adopera un lessico coevo del suo tempo (seconda metà del Cinquecento), molto semplice e tecnicamente strutturato.

 “Territorio et Iurisditione della terra de mascari che dura marina marina dalla finaita della terra de Iaci nominata lo pozzillo seu ponta secca perfino alla finaita de Calatabiano nominata la bruca miglia 6 di spiagia di giare la maggior parte scoperta et in dette miglia 6 li tengono le infrascritte guardie”…

Ecco come recita la sua relazione nella porzione riguardante la contea di Mascali, in un itinerario che va da sud, dal torrente Fago – Mangano, verso nord.

Per  semplificarne la lettura si propone qui sinteticamente solo i capoversi che descrivono il litorale:

In primis

 Segue a miglio uno di spiagia di giare et timpe alte … una altra posta nominata pur punta secca dove li sta una posta di guardia di 3 cavallari …”

Segue apresso le ripe dell’artala che durano perfino al valone della fico (odierno torrente Olmo-Calanna) miglia 3 di timpe et spiagia di giare …”

Segue apresso la spiagia dell’archirafi et dura mezzo miglio di spiagia di Giare …”

Segue apresso passata la detta ponta della rena, , et lontano 1/8 di miglio finisse la spiaggia delle cotiglie cioè, nominata de mascari, spiaggia tutta di Giare, ….”                     

Segue apresso, a miglio 1 ½ di spiagia arenile pur nominata di mascari lausaleto (odierno Auzanetto) …”

Come si vede, Fiesco utilizza i termini  spiagia di giare – punta della rena – spiaggia delle cotiglie – spiagia arenile, a configurare la diversa natura della spiaggia, prima caratterizzata dagli scogli o massi di varie dimensioni, arrotondati dall’erosione del mare (spiagia di giare – delle cotiglie), e punta della rena qui distinta dalla sabbia che altro non è che il materiale alluvionale dei vari torrenti che stanno a monte: Caravelle, Macchia e Vallonazzo. La suddetta caratteristica oggi connota la spiaggia di Sant’Anna,  dove i massi lasciano il posto alla sabbia. Infine abbiamo la ghiaia, spiagia arenile, elemento quest’ultimo che contraddistingue tutto il litorale mascalese a seguire verso nord che oggi conosciamo come spiaggia di Fondachello.

A questo punto è lecito chiedersi che connessione c’è fra la spiaggia di giare e la contrada delle  Giarre?

Ipotizziamo che il significato di giare sia uguale a giarre, quest’ultimo con la r rafforzativa secondo la lingua spagnola, ammessa anche dallo stesso Alibrandi (“al 1583, eravamo da tre secoli già sotto la dominazione ispanica, prima aragonese e poi dell’unita Spagna) … ”, tanto da far derivare il termine spagnolo guijarro”, il quale viene da “guija, cioè “pietra liscia e rotonda”, … (quindi, la nostra, nel nostro locale dialetto, “cutuliscia”), riportata da Fiesco, probabilmente così già nello slang in uso in quel secolo e da tempi, quale “giare”. Ma Fiesco, aggiungo io, puntualizza ulteriormente: “ … finisse la spiaggia delle cotiglie cioè, nominata de mascari, spiaggia tutta di Giare, ….” , a scanzo da ogni equivoco.  Detto ciò possiamo, dunque, concludere che effettivamente: Giare = Cotiglie = Giarre = pietra liscia e rotonda.

Perché, dunque, il toponimo “contrada delle Giarre o delli Giarri” assume questo significato?

Ebbene, qui interviene la scienza geologica: “Il territorio di Giarre è costituito da depositi vulcanoclastici cioè fatti di clasti di origine vulcanica di varia granulometria, dalle sabbie ai conglomerati” (Stefano Branca – Carta geologica dell’Etna – 2011). Stiamo parlando dell’area del Chiancone, così come in passato è stato definito il nostro territorio e che in termini scientifici attuali viene sottolineato dalla suddetta Carta geologica. Possiamo,dunque, affermare che l’area del Chiancone coincide con l’antica definizione della “contrada delle Giarre”.

Se guardiamo oggi il nostro territorio che nel frattempo risulta fortemente urbanizzato e, quindi, ampiamente cementificato, non scorgiamo più la caratteristica tipica del Chiancone e, quindi, ne perdiamo memoria.

A questo proposito desidero sottoporre un’antica veduta del territorio a stampa dell’architetto lombardo Carlo Sada (1849-1924) dal titolo – Prospetto orientale dell’Etna – s.d.

Costui, dopo la nomina di architetto della Real Casa di Savoia per i palazzi regi e l’assegnazione di prestigiosi incarichi in Lombardia, Piemonte e Liguria, si trasferisce a Catania per il progetto e la direzione lavori del teatro Massimo Vincenzo Bellini. Qualche decennio più tardi viene invitato a Giarre per completare il progetto del prospetto principale ad est e quello laterale a nord della chiesa madre, dedicata a Sant’Isidoro. Il progetto del Sada però non viene attuato nella sua interezza, in quanto le cupole sopra i torrioni e le grandi statue che egli aveva previsto nei suoi disegni non verranno mai realizzate.

Durante la sua permanenza nella nostra cittadina si concede delle lunghe passeggiate, scrutando il territorio intorno ed il maestoso paesaggio del massiccio vulcanico etneo.

E’ in questo frangente, la fine dell’Ottocento, che l’architetto redige la veduta in questione, posizionandosi su una strada sterrata a nord-est dell’abitato di Giarre che sembra essere il tracciato antico delle odierne Via Cecchina – Via Teocrito. Qui distinguiamo chiaramente una fila di case basse, il profilo della facciata della chiesa della Purità, meglio conosciuta come Oratorio di San Filippo Neri, con la sua cupoletta e, in fondo a sinistra, alcuni palazzi e il cupolone della chiesa madre. In primo piano le campagne, già dissodate e recintate con una certa quantità di pietrame più minuto a formare le chiuse, pietrame che recinge anche l’antico tracciato. In primissimo piano, sulla sinistra, un’insieme di massi arrotondati più o meno grandi e  due personaggi, uno in piedi e l’altro seduto proprio su alcuni sassi di medie dimensioni. Sono proprio questi massi insieme ad una quantità discreta di pietrame, i cosiddetti depositi vulcanoclastici, a caratterizzare il nostro territorio dando origine al  toponimo nel XVI secolo, poiché non era ancora iniziato il processo di urbanizzazione che, invece, seguirà dal secolo successivo e si intensificherà dopo il terremoto del 1693.

 Arch.  Santa  Sorbello

(1)  A. Alibrandi – Riflessioni ulteriori sul toponimo “giarre” – www.gazzettinonline.it

(2)   S. Sorbello – La Fortezza del Mediterraneo I/II – sta in “Agorà,  nn. 49-50, 2014.                              

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