‘U mo Paisi di Giuseppe Vasta -
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‘U mo Paisi di Giuseppe Vasta

‘U mo Paisi di Giuseppe Vasta

‘U mo Paisi di Giuseppe Vasta, o meglio di Puddu Vasta, è un affresco della sua estesa e molto conosciuta famiglia giarrese. Il libro racconta la saga della sua famiglia nel rapporto con la città, attraverso le vicissitudini del vissuto quotidiano, citando, infatti, anche amici e vicini di casa.

Per chi conosce Puddu non sorprende l’inizio del libro che apre subito con la descrizione dei quartieri di Giarre, per poi dedicare un capitolo al suo quartiere, ’U chianu spitali. Quartiere descritto attraverso gli esercenti, che nel testo di  Vasta diventano personaggi, delle attività artigianali e commerciali: “u cutidderi” perché vendeva coltelli; “ ‘u littinaru“ perché fabbricava letti, u quarararu  lo stagnino di oggi.

E poi i decoratori di spalliere per letti in lamiera, bravissimi fabbri come Mariano Pafumi, detto “baffuni” per i suoi folti baffi, il panificio, anzi il forno, di Angelina e Santo Vasta, i suoi genitori, e ricorda una maestra, signorina, di 27 anni, a cui i giovani tiravano qualche innocente scherzo con la mollica del pane. Ci sono anche i personaggi con soprannomi come “a jacitana“ perché proveniva da Acireale, “ ‘u iacitusu per il suo carattere poco affabile”.

Un pullulare di donne e di uomini, la cui vita è descritta attraverso il fare delle loro attività economiche a conduzione familiare, di numerosi bambini per i quali il quartiere costituiva luogo di giochi e di relazioni. Il quartiere è il palco della vita pubblica e privata. Le foto di gruppo con amici e parenti, inserite nel testo, sono tutte scattate all’aperto o in qualche studio fotografico, come allora si usava.

Il padre di Puddu Vasta, Santo, continua questo clima di vita collettiva ed informale anche attraverso la sua attività politica. Negli cinquanta anni diventa assessore, svolgendo la sua attività con animo integerrimo. E’ definito l’assessore del popolo perché lo si poteva incontrare ovunque per risolvere un problema, nella sua tasca non mancava mai il bollo del Comune, per validare qualche documento. Nonostante io non lo ricordi come assessore, ho sempre saputo, però, del suo modo affabile di aiutare i suoi cittadini.

Ancora prima di diventare assessore negli anni cinquanta finanziò, senza scopo di lucro ma spinto dalla sua passione sportiva, una squadra di basket. Tra le vite degli zii e dei cugini descritte, io citerò solo quella dello zio, Angelo Vasta, per onorare la sua memoria di giovane soldato. Inviato al fronte durante la liberazione si unisce ai partigiani aiutando la popolazione locale ed innamorandosi di una ragazza del posto. Angelo fu trucidato ed oggi è ricordato su una lapide che riporta i nomi dei caduti, posta dal Comune di Pamparato. Anche Angelo, fratello di Santo, spese generosamente la sua vita per le altre e gli altri, per la Patria, per dirla com’è giusto che sia.

Il testo di Giuseppe Vasta è uno squarcio di storia sociale giarrese post bellica che si avvia alla modernità, dove si conquistano più agi e comodità ma si perdono pratiche e legami umani ed interpersonali. Si perdono, anche, a causa di un assetto urbanistico degli anni sessanta che protenderà per i palazzi condominiali dove le famiglie saranno rinchiusi negli appartamenti, isolati dalla comunità del quartiere.

La vita del quartiere, raccontata da Vasta, certamente non viveva solo in una atmosfera idillica perché litigi, preoccupazioni, malintesi ed invidiuzze avranno anche segnato i rapporti tra i vicini, ma non c’è dubbio che i rapporti umani e di solidarietà prevalevano su tutto. Un testo, quello di Giuseppe Vasta, scritto con passione e foga, in parte documentato, che contribuisce a mantenere il ricordo dei costumi e delle tradizioni economiche degli anni cinquanta e sessanta nei quartieri dei lavoratori giarresi, che hanno contribuito alla ricchezza ed allo splendore di Giarre degli anni settanta ed ottanta del secolo scorso, di cui ancora ne abbiamo benefici e ricordo.

Nunziatina Spatafora

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