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Coronavirus, lavoratori italiani bloccati sulle navi in porti stranieri: la testimonianza

Coronavirus, lavoratori italiani bloccati sulle navi in porti stranieri: la testimonianza

La quarantena sulle navi al tempo del coronavirus. Ce lo racconta, in una lettera inviata in redazione, un nostro giovane conterraneo che, da quasi un mese ormai, vive un isolamento forzato a bordo della nave su cui si è imbarcato per lavorare e che si trova bloccato alle Bahamas, località per molti icona di lusso e relax e che per lui e per altri 1400 colleghi, si è trasformata in un incubo. Su richiesta del giovane lavoratore manterremo, a sua tutela, l’anomimato dello stesso.

“Sono un ragazzo italiano di 24 anni, membro d’equipaggio di navi da crociera e in questo momento mi trovo bloccato sin dal 14 marzo 2020 a bordo della nave sulla quale lavoro presso il porto di Nassau, Bahamas.

Come avrete sicuramente appreso, tutte le navi da crociera sono bloccate nei vari porti sparsi nel mondo mentre alcune sono ancora in navigazione senza una meta certa in quanto non acettate da nessun porto. L’aspetto triste è che a bordo di esse, vi sono centinaia di persone che non riescono a rientrare nel loro Stato di appartenenza e spesso le leggi che ci dovrebbero tutelare vengono messe da parte in quanto in ogni Stato nel mondo vige una giurisdizione diversa e risulta difficile combinare le varie leggi e modi di vedere le cose.

Nel mio caso, vorrei raccontare l’esperienza che sto vivendo e che non è una delle piu belle al momento.

Da un giorno all’altro siamo stati avvisati che la nave non avrebbe piu ricevuto passeggeri e che saremo stati spostati in uno dei porti disponibili, ecco la ragione per la quale ci troviamo in questo momento a Nassau.

Successivamente a ciò, riuscivamo ad avere eventi ricreativi rivolti a noi membri d’equipaggio: potevamo utilizzare piscine, acquascivoli e tutte le risorse disponibili a bordo.

Il governo delle Bahamas ha deciso successivamente di chiudere l’aeroporto e in maniera indefinita anche il porto, per cui siamo stati costretti a chiudere le porte d’accesso in nave non avendo piu alcuna modalità per accedere al “mondo esterno” nemmeno in caso di emergenza medica. Gli ospedali non potranno mai accettare nessun membro d’equipaggio in quanto la nave non è autorizzata a far sbarcare nessuno (l’unica soluzione è quella di ricevere un elicottero proveniente da Miami e, tramite funi e ganci, mettere a bordo la persona inferma e portarla in America).

Successivamente all’annuncio della chiusura dell’aeroporto, è stato comunicato dal Governo della Bahamas avrebbe riaperto l’aeroporto l’8 aprile e quindi saremo riusciti a rimpatriare. Questo non è assolutamente accaduto in quanto il Governo ha deciso l’estensione della chiusura sino al 14 aprile e che nessun membro d’equipaggio potrà lasciare la nave in quanto le navi sono infette dal virus. Ma tutto cio non è assolutamente vero! Nelle navi presenti qui in Bahamas, non vi è alcun contagiato.

Ad oggi, siamo circa 1.400 membri chiusi in nave senza alcuna data certa per il nostro rimpatrio e il Governo locale non vuole assolutamente saperne mentre le nostre ambasciate hanno le mani legate e non riescono a far nulla.

Ci sono voli disponibili per rientrare in Italia ma siamo impossibilitati a recarci in aeroporto e dunque restiamo in nave senz’alcun privilegio. Siamo costretti a vivere in cabine da soli, isolati dai nostri colleghi nonostante già siamo lontani dalle nostre famiglie. L’unica autorizzazione che abbiamo è quella di mangiare ma sempre mantenendo e rispettando la “social distance”.

La ragione per la quale ho deciso di scrivere a voi tutti è per mettervi a conoscenza di cio che sta accadendo in questa parte di mondo.

Ho contattato le Ambasciate Italiane presenti negli Stati Uniti e alle Bahamas e spero che qualcuno possa fare qualcosa. E’ terribile pensare che un altro Stato (Bahamas) possa decidere sulla mia libertà e impormi di non poter lasciare la nave per prendere un volo per rientrare in Italia”.

*immagine di archivio

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