Calatabiano: la vita leggendaria di San Filippo, lo "sterminatore dei diavoli" -
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Calatabiano: la vita leggendaria di San Filippo, lo “sterminatore dei diavoli”

Calatabiano: la vita leggendaria di San Filippo, lo “sterminatore dei diavoli”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata alla nostra redazione da Salvatore Longo Minnolo, già docente di Italiano e Storia ad Agira (Enna), il quale ha condotto delle accurate ricerche sul protettore e compatrono del Comune etneo

La lettura su una pagina del Gazzettino Online del 2010 dell’articolo “Il culto di San Filippo Siriaco a Calatabiano” mi spinge a chiedervi un po’ di righe del vostro giornale per offrire ai suoi lettori la mia risposta, frutto di una lunga ricerca, alla vostra domanda: Ma chi era esattamente San Filippo Siriaco e perché Calatabiano lo venera?, avendo presente l’art. 92 della Liturgia nella Costituzione del Concilio Ecumenico Vaticano II che richiede che «le Vite dei Santi siano restituite alla verità storica» di contro alle “venerande” e “pie” tradizioni.

Manifesto, dapprima, il mio apprezzamento per la necessità avvertita dal giornalista Rodolfo Amodeo, autore del suddetto articolo, di servirsi della consulenza di Salvatore Caruso, quale presupposto deontologicamente doveroso per chiunque intenda fare corretta informazione.

La statua di San Filippo venerata a Calatabiano

Vorrei in primo luogo sottolineare che il patrono di Calatabiano è san Giorgio non san Filippo, che gode di particolare venerazione nel centro di Calatabiano, nel quale è ritenuto compatrono o comprotettore. Posso assicurare senza tema di essere smentito che in assoluto la prima notizia scritta in greco della sua esistenza lo indica espressamente solo e solamente San Filippo di Agira (Φίλιππος τού ‘Αργυρίου). Tale denominazione è continuata nella letteratura sino agli inizi del XX secolo, a partire dal 1542 con Giacomo del Conzo per passare a Tommaso Fazello, Brando, Paulocá, Antonio Sapone, Rocco Pirri, Ottavio Gaetani, Piccolo, Reina P., F. Millauro, Filippo Fittipaldi, Bonaventura Attardi, Arcangelo Rubulotta, Pietro Sinopoli Di Giunta. Nel Novecento si trova marginalmente con l’enciclopedia Treccani l’appellativo Siriaco, ripreso prima dal calatabianese Filippo Zappalá e poi dal messinese Giuseppe Marzullo, per ritornare al San Filippo di Agira di mons. Cesare Pasini, F. Pulvirenti e tanti altri tra i quali lo scrivente.

San Filippo è detto pertinentemente di Agira o di Argirò o Argyrione o anche San Filippo il Trace, San Filippo il Grande (per distinguerlo dall’altro coprotettore di Agira san Filippo il Piccolo o Filippello, diacono di Palermo), San Filippo di Agira il Cacciaspiriti, lo Sterminatore dei diavoli. Non pertinenti sono gli epiteti San Filippo il Costantinopolitano o il Siriaco, poichè san Filippo non è nato nè Costantinopoli nè in Siria. E’ uno dei santi più popolari dell’alto medievo (prima del Mille) nell’Italia meridionale lungo la costa ionica che corre dalla Sicilia, alla Calabria, alla Basilicata e della costa tirrenica sino ai confini della Campania. Fu noto nel IX secolo anche in Macedonia, nel XI in Palestina e nel XIV secolo a Zebbug nell’isola di Malta per merito di un devoto catanese. Gli eventi che viviamo nel Mediterraneo, i suoi grandi meriti di evangelizzatore e la Chiesa ufficiale spingono a riproporlo per come lo ricava l’analisi scientifica della sua agiografia (storia della santità e dei culti), che, avverto, non è una fonte storica facile da interpretare poiché “non intende dare del santo un racconto storico preciso, un’ordinata successione dei fatti”.

Il caratteristico rito della “Calàta” di San Filippo a Calatabiano

Oggi conosciamo san Filippo di Agira per mezzo di testi agiografici, innografici in greco e, in particolare, della Narrazione di Eusebio monaco sulla vita e i miracoli del nostro santo padre Filippo, presbitero apostolico e persecutore dei demoni scritta in greco nell’880/900 d.C. probabilmente ad Agira da un monaco del monastero di San Filippo e della Vita e fatti del nostro santo padre Filippo di Agira composti dal nostro santo padre Atanasio, arcivescovo di Alessandria scritta nel 1200/1300 forse nel monastero di San Filippo il Grande a Messina da un falso Atanasio, poichè il vero arcivescovo di Alessandria di Egitto visse nel IV secolo. Tra le due vite leggendarie, la prima è la più fededegna, quella che ci offre più dati per una ricostruzione storica della sua figura. La seconda, scritta molto tempo dopo con variazioni contraddittorie e irreali, dipendendo dalla prima, nulla può dirci su san Filippo di Agira, del quale omette dodici miracoli, le figure del compagno monaco Eusebio e di san Filippo diacono di Palermo. La vita comunemente diffusa nei libri e anche nella babelica internet è una brutta e disgustosa “macedonia” che non ha nulla di storico dei due testi, proposta da Rocco Pirri nella sua Sicilia Sacra nel 1630, mescolando il tempo (etá di San Pietro) proposto dal falso Atanasio e la trama narrativa di Eusebio. Le due Vite, contraddicendosi, lo fanno sbarcare la prima a Messina e la seconda a Catania senza citare mai il nome di centri nei quali San Filippo si sarebbe fermato nelle tappe, che di sicuro fece per venire ad Agira, ma che non si conoscono. I centri che vantano la sua presenza non risultano nei testi agiografici. Un esempio: i Calatabianesi asseriscono che il passaggio nel loro centro sarebbe avvenuto nel I secolo, il castiglionese Filoteo degli Omodei nel 1558 afferma che il passaggio a Castiglione, Calatabiano, Limina e in altri centri del Val Demone sarebbe avvenuto nel 410 d.C.. Una costatazione è, però, ad oggi indubitabile: nessun libro di storia del cristianesimo cita documenti storici o archeologici della presenza di cristiani in Sicilia prima del II-III sec. d.C.. Pertanto San Filippo non potè venire in Sicilia nel I secolo. Nelle due vite citate non esistono, inoltre, le date perentorie di nascita (40 d.C.) o di morte(103 d.C.) come tanti scrivono, come non esiste mai il nome della città nella quale il Santo sarebbe nato. Eusebio espressamente lo dice nato in Tracia ai tempi dell’imperatore Arcadio in una famiglia multiculturale e multietnica, da Augia della nobile cittá di Roma e da Teodosio che per stirpe era di lingua sira, i quali alla nascita di Filippo si trovavano in Tracia dopo aver perduto per annegamento tre precedenti figli. Lo storico S. Cosentino nella sua Storia dell’Italia bizantina, (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bononia University Press 2008, p. 326, afferma: S. Filippo d’Agira, benché nato in Tracia, era figlio di un commerciante siriaco di bestiame, aggiungo, emigrato come i tanti nonni e papà dei vari statunitensi Robert De Niro, Madonna, Mike Pompeo, Di Blasio che nonostante i loro padri o nonni siano per stirpe di lingua italiana sono tutti statunitensi, così come i milioni di figli di emigrati italiani nati in tutto il mondo non sono italiani. Costoro sono cittadini della nazione in cui sono nati, vissuti o vivono.  San Filippo, pertanto, non è, strictu senso, siriaco (= nato in Siria), ma ha antenati trasmigrati in un preciso momento storico dalla Siria che lo fanno collocare nel VII secolo. Nessuna delle due Vite ci dà mai indicazioni sul colore della pelle. E’ la leggenda della sfida dei legacci e dell’inseguimento dei diavoli da parte di San Filippo tra le fiamme dell’inferno lo fa rappresentare nero. Tale leggenda è presente anche ad Agira dove il pelo della barba è sostituito da un capello. Assicuro che le più antiche immagini esistenti di san Filippo lo rappresentano di pelle chiara. La studiosa Giovanna Fiume nella sua opera Il Santo moro I processi di canonizzazione di Benedetto da Palermo (1594-1807), Franco Angeli Storia, Milano 2002, pp. 172-173, oltre che per san Filippo anche per san Calogero sostiene che “il colore nero della pelle è popolarmente spiegato dagli abitanti di San Salvatore di Fitalia a causa delle visite fatte all’inferno”, in pratica riferisce la stessa leggenda popolare di san Filippo forse perchè la cultura dei centri in cui esiste tale leggenda sono influenzati dalla presenza dell’Etna, considerata nel medioevo una porta dell’inferno.

Un’altra immagine della “Calàta” di San Filippo a Calatabiano

Solo se collochiamo San Filippo lungo il VII e forse nei primi decenni dell’VIII secolo con mons. Cesare Pasini, Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, si possono spiegare la sua figura di santo italogreco, il successo della sua predicazione, il radicamento del suo culto sotto gli Arabi e comprenderemmo che non é un monaco, ma un presbitero apostolico italogreco cioè sacerdote nato in Tracia (Oriente) con un padre oriundo dalla Siria, che lascia l’Oriente nel quale imperversavano persecuzioni politico-religiose e viene in Occidente. Da Roma, caratterizzata nel VII secolo da un numero più che considerevole di abitanti ellenofoni, un papa, del quale non conosciamo il nome, lo inviò con una missione apostolica ad Agira e nel centro della Sicilia per vincervi il male (i diavoli) e per diffondervi il Vangelo. Alla sua morte avvenuta ad Agira all’età di 63 anni dopo avere compiuto 20 miracoli in vita e post mortem, dai suoi seguaci sulla sua tomba fu edificata prima una chiesetta e poi, intitolato sempre al Santo, un monastero, divenuto nel X secolo, il più famoso del suo tempo in Sicilia, i cui monaci si ispiravano alla vita di san Basilio. Il culto di san Filippo, presente anche nella chiesa ortodossa, dalla Sicilia nel X secolo si è diffuso nell’Italia meridionale. I tanti monaci itineranti che si formarono nel convento di Agira, quali i santi San Cristoforo con la moglie Kalì e i figli san Saba e san Macario, san Vitale da Castronovo, san Leoluca da Corleone, San Lorenzo di Demenna trasmigrarono dalla Sicilia in tantissimi centri di cultura e lingua italogreca della Campania, Calabria, Puglia costruendovi laure, chiese e monasteri a Lui intitolati e vi portarono il culto a San Filippo di Agira.

Il simulacro di San Filippo venerato a Calatabiano

Per quanto riguarda la chiesa di contrada Marzacchino/Marcato (ex baronia di Calatabiano ora Castiglione di Sicilia) centro per parecchi secoli del culto dei Calatabianesi essa fu abbandonata nel terzo decennio del 1700 come documentano gli atti dell’Archivio agirino che pubblicherò per invito dell’Associazione Portatori di Calatabiano. La chiesa del Ss. Crocifisso al castello di Calatabiano non è mai stata dedicata a san Filippo, solamente di recente per voce popolare si indica come “chiesa di San Filippo” perché ne conserva la statua per tutto l’anno prima e dopo le spettacolari calata e ‘cchianata, delle quali Filippo Zappalá indicherebbe l’avvio nel 1766 in vigore del “corre voce” non certo di un documento. In altre parole Zappalà afferma che l’anno della prima calata non si conosce. La data ad oggi può essere solo ipotizzata, di certo non fu neanche il 1731. Corre tanta differenza tra una ipotesi e la data reale, tra chi dice di conoscere la vita per avere letto i testi originali in greco e averne fatto la loro traduzione e chi afferma di sapere tutto per avere letto di san Filippo su questo o quel testo cartaceo o addirittura sul web cenni biografici mistificati/mescolati. A chi volesse avere una conoscenza di san Filippo senza altri epiteti tranne quello del toponimo di Agira dal centro in cui operò per la maggior parte della sua vita che conserva la sua tomba e le sue reliquie, si consiglia dei due citati testi agiografici la traduzione in italiano di mons. Cesare Pasini, l’unico al mondo che ci ha dato, a noi non specialisti, le loro edizioni critiche, cioè la versione come scritta in origine, accompagnate da ottime traduzioni, ovvero gli strumenti unici per conoscere la vera vita agiografica di san Filippo di Agira.

SALVATORE LONGO MINNOLO

 

FOTO PRINCIPALE: una panoramica della spettacolare processione annuale di Calatabiano denominata “Calàta di San Filippo” e, nel riquadro, Salvatore Longo Minnolo

 

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