Giarre, la "Carlo Parisi" torna in auge -
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Giarre, la “Carlo Parisi” torna in auge

Giarre, la “Carlo Parisi” torna in auge

Nemmeno l’attuale periodo di particolare congiuntura economica ha arrestato quell’irrefrenabile vocazione per il teatro estrinsecata da circa 3 lustri dall’associazione culturale “Carlo Parisi” di Macchia.  Dopo un anno sabbatico infatti, la rassegna teatrale macchiese è tornata prepotentemente alla ribalta con la sua 15ª edizione.  Ecco gli ingredienti alla base della rinascita di un fenomeno culturale che da anni assurge a colonna portante della tradizione locale:  il debordante spirito di dedizione profuso dai membri della compagnia nell’organizzazione degli spettacoli ed il desiderio del gruppo predetto di riaccendere le notti estive macchiesi di suggestive atmosfere che si sostanziano in un singolare rapporto simbiotico tra il pubblico e gli attori. Questi fattori, mescolati con l’obiettivo dell’associazione di ripristinare quel clima di trepidante attesa che precede la materializzazione delle rappresentazioni teatrali, hanno contribuito alla definizione ed alla conservazione, attorno alla rassegna teatrale, di un’aura di sacralità capace di solleticare la sensibilità dell’amministrazione comunale in termini finanziari. Pertanto, consapevole della forza dell’intreccio emotivo che da anni lega la collettività macchiese agli spettacoli organizzati dall’associazione teatrale “Carlo Parisi”, l’amministrazione comunale giarrese  non ha esitato a finanziare e ad inserire la rassegna nel cartello estivo. Il riavvicinamento tra le istanze dell’associazione teatrale e culturale “Carlo Parisi” e gli obiettivi del Comune, ha così generato un trittico di spettacoli che ha coinvolto anche altre due compagnie: “I girovaghi” di Altarello e la “Compagnia che non c’è” di Guardia Mangano. Dopo un anno scandito soltanto dallo spettacolo allestito dalla “Carlo Parisi” e dunque dopo un 2013 orfano di rassegna teatrale, il parco “Giardino” di Macchia, oggetto di un efficace intervento di riqualificazione, è tornato ad ospitare anche altri gruppi teatrali. Il 16° premio “Mons. Salvatore Giuffrida” ha inaugurato la kermesse insignendo il vescovo emerito di Noto Giuseppe Malandrino di quello che ormai rappresenta per Macchia un prestigioso riconoscimento. Non a caso, dalle affermazioni formulate dal vescovo sono scaturite parole intrise di commozione proprio in ragione dell’altisonante denominazione conferita al premio dall’associazione “Carlo Parisi”. Malandrino, che vanta nel suo curriculum la carica di vice- Presidente della Caritas Italiana, ha infatti elogiato il compianto Mons. Giuffrida, ricordandone i meriti, ascrivibili prevalentemente alla rinascita della filodrammatica. In particolare, Malandrino ha sottolineato che fu proprio Mons. Giuffrida a fondare l’associazione culturale “Carlo Parisi”, la quale si proponeva come erede dell’associazione “S. Vito Martire”. Dopo questo scorcio di serata durante il quale la conduttrice Patrizia Tirendi ha anche esaltato la figura di Malandrino, che fu vescovo sia della Diocesi di Acireale che di quella di Noto, è partito lo spettacolo della compagnia di Altarello “I girovaghi”, intitolato “L’onorevole con la “P” minuscola”.

Precisato ciò, occorre evidenziare che ad allietare la fase propedeutica allo spettacolo ha contribuito anche la performance della giovane cantante macchiese Melita Cicala, capace di incantare il pubblico presente. Apprezzato il conferimento del premio “Mons. Salvatore Giuffrida” al vescovo emerito Malandrino che le doti canore della Cicala. Poi è arrivato il momento dello svolgimento dell’opera di Santo Capizzi dal titolo “L’onorevole con la “P” minuscola”. La trama, sciorinata dagli interpreti appartenenti alla compagnia teatrale di Altarello, ha messo in luce la storia di un’atavica rivalità tra il sindacalista Ezio Fortuna, interpretato da Saro Finocchiaro, e l’aspirante deputato regionale Attilio Pignataro, interpretato da Salvo Sparacino. Lo stato di disoccupazione della figlia Daniela, i cui tentativi di superare colloqui cozzano contro logiche improntate alla raccomandazione e non alla meritocrazia, induce però la madre Margherita, interpretata da Anna Maria Finocchiaro, a vagliare l’idea di scendere a compromessi con Pignataro barattando il proprio voto con la potenziale offerta lavorativa che l’aspirante onorevole avrebbe potuto assicurarle. Spronata dall’amica Silvana, interpretata da Rosalba Rapisarda, Margherita prova a persuadere il marito, il quale però ricorda ancora con amarezza quando, ai tempi della seconda elementare, la moglie votò Pignataro come rappresentante di classe. Tuttavia, la disperazione della figlia, la quale non riesce a trovare un impiego consono alla sua laurea, spinge in un primo momento Ezio Fortuna a piegarsi alle logiche della politica clientelare, malgrado egli condivida proprio con Daniela un senso di forte adesione ad un valore sacro come la rettitudine morale. Pertanto, con la complicità del figlio Salvo, interpretato da Massimiliano Di Pino, Ezio Fortuna si ritrova costretto ad assecondare le richieste di Pignataro, presidente del Consiglio di Quartiere. Le movenze da rapper dell’impenitente scolaro Salvo, abbinandosi agli strafalcioni di Pignataro, hanno irrorato di comicità l’opera diretta da Gianni Sciglio, accompagnandone il positivo epilogo. A sorpresa infatti, Daniela apprende, attraverso una missiva, di aver superato il concorso per entrare nel consiglio nazionale delle ricerche. A quel punto, Fortuna ordisce un piano teso a deridere Pignataro e a rivelargli che non asseconderà le sue richieste poiché la figlia ha ormai trovato un impiego. Pignataro infatti, spalleggiato dal suo segretario (Maurizio Lo Giudice), aveva chiesto all’ex compagno di classe Fortuna di supportarlo nella campagna elettorale, di scusarsi con lui e di trattarlo come un fratello, ma, avendo Daniela raggiunto il suo traguardo, il sindacalista costringe con la forza il “politicante” a mettersi in ginocchio, esplicitandogli che fortunatamente non correrà il rischio di cadere nella trappola delle sue disattese promesse poiché la figlia Daniela, interpretata da Milla Rapisarda, ha ormai trovato un impiego consono alla sua qualifica.

La seconda serata della rassegna è stata invece connotata dall’esibizione della “Compagnia che non c’è” di Guardia Mangano, la quale ha messo in scena l’opera “Tre pecore viziose”. La trama dell’opera narra di una zia autoritaria, la quale stigmatizza l’unione della nipote con il capo-commesso di un negozio di tessuti. Tuttavia, alla fine, a deludere la signora sono il marito, il fratello ed il marito di un’altra sua nipote. Dagli sviluppi dello spettacolo emerge infatti che i tre hanno una relazione con tre donne. L’epilogo però rivela che le tresche saranno svelate e che la signora condannerà i tre uomini a trascorrere la notte al freddo nel balcone. Diversamente, al fidanzato della nipote, dopo lo scetticismo iniziale, verranno riservati elogi e l’invito ad aggregarsi alla famiglia della nipote stessa. “Il farfallino rosso” di Domenico Platania è stato invece lo spettacolo, curato dall’associazione teatrale “Carlo Parisi di Macchia, che ha chiuso la rassegna teatrale.

L’inizio della rappresentazione concepita da Lucia Cardillo, presidente della compagnia predetta, è stato preceduto dalla premiazione di un’attrice di grido come Francesca Ferro. L’artista catanese è stata infatti beneficiaria del premio “Maschera d’Argento” alla presenza dell’assessore Piera Bonaccorsi e del consigliere comunale Francesco Cardillo, i quali, insieme al conduttore Melo Nicodemo, hanno proferito parole di elogio non solo per la figlia del grande Turi Ferro ma anche per l’impegno annualmente profuso dalla compagnia “Carlo Parisi” nella realizzazione degli spettacoli. L’esibizione del musicista Giuseppe Mangano, il quale ha deliziato il pubblico del parco “Giardino” con il suo clarinetto, ha rappresentato un altro prezioso frammento della serata in questione.

Ecco la trama dello spettacolo sciorinato dalla compagnia macchiese: il presidente del consiglio di un collegio denominato “La vita ci sorride” e avente come sottotitolo l’esclamazione “Oh come sono contento”, entra in crisi quando apprende telefonicamente dal cugino Ciuzzu che il Sovrintendente del Re intende indagare sull’efficienza del collegio e sulla sua regolarità, relativamente alle finanze. Tale notizia getta lo scompiglio tra i componenti del consiglio, i quali, durante una loro seduta, avevano specificato che tra le pecche del collegio vi era un servizio di ristorazione basato esclusivamente sulla somministrazione di “Patate e brudagghia” e sull’elargizione dei cosidetti “Bastarduni”, le cui spine procuravano disagi agli studenti. Forte lo stato di costernazione tra i membri del consiglio, ovvero il cav. Basilisco, interpretato da Carmelo Messina, u baruneddu “Pista e ammutta”, interpretato da Tino De Salvo,  la contessa Scialacori, interpretata da Veronica Bernini, ed il dottor Pennacchio, interpretato da Salvo Cardillo. Intanto Tudda, ovvero la moglie del presidente interpretata da Carmela Sorbello, chiede alla figlia Betta, interpretata da Monica Liseo, quando si deciderà ad accettare una proposta di matrimonio. La rabbia della madre di Betta nasce infatti dalla consapevolezza che quest’ultima da anni rifiuta pretendenti danarosi. In particolare, Tudda si dispera perché la figlia Betta rifiuta il corteggiamento del “baruneddu pista e ammutta”. Poi, si scoprirà che Betta ha un rapporto epistolare con un uomo il quale le manda missive attraverso un ragazzo di nome Delfo, interpretato da Gianfranco Bellitto. Betta si innamora delle parole poetiche utilizzate da questo fantomatico uomo e non può non rimembrare l’eleganza con cui quest’ultimo un giorno raccolse il fazzoletto caduto dalla sua borsa. Intanto Crastenzia, ovvero la domestica che lavora in casa del Presidente ed interpretata da Anna Quattrocchi, esprime tutto il suo compiacimento per la situazione creatasi ed inizia a contemplare con ammirazione il corriere Delfo. Diversamente il presidente, interpretato da Pippo Cutuli, trabocca di preoccupazione ed è a caccia del sovrintendente poiché il cugino Ciuzzu, gli aveva anche rivelato che il sovrintendente avrebbe indossato una “Taddarita” (farfallino) rosso. Successivamente si scopre che il fantomatico uomo di cui Betta si è innamorata è il principino di Ficuzza. La scoperta che quest’ultimo porta la “Taddarita” rossa, getta nello sconforto il Presidente del consiglio del Collegio.

Nel contempo però, il presidente si compiace dell’interessamento del principino per la figlia Betta e pertanto invita la moglie Tudda ad avallare quest’unione. Tudda, non appena scopre che l’uomo è un principino, inizia a sprizzare felicità manifestando un improvviso dissenso verso l’unione con il figlio della baronessa “Pista e ammutta”, ovvero u baruneddu “Pista e ammutta”. Si spezza così l’idillio con la donna, interpretata da Lucia Cardillo e precedentemente elogiata da Tudda. A risentire di ciò è anche il figlio, il quale, dopo essere stato lieto di aver visto un avvicinamento di Betta su consiglio della madre, cade nello sconforto scoprendo che la ragazza è innamorata di un altro. Successivamente, il Presidente, a fronte di una conversazione con il principino, scopre che questo scrive poesie e racconti figli degli incontri con la gente del luogo. E quando emerge la volontà del Principino di Ficuzza, interpretato dai Carmelo Spina, di mandare una copia al sovrintendente, il Presidente si convince che il Principino di Ficuzza sia il sovrintendente del Re. Pertanto, il presidente teme che le ruberie dei membri del consiglio, (i quali intanto non solo negavano ogni responsabilità ma asserivano che le lamentele fossero figlie di voci da prendere con le pinze), possano essere scoperte. A quel punto, Il Presidente, ben consigliato dal baruneddu, decide di adottare una strategia: ovvero quella di presentare al principino la ragazza più scadente del collegio, facendola apparire come la più brillante. La scolara, interpretata da Roberta Messina, recita bene la sua parte, suscitando l’ammirazione del principino. Rilevando ciò, il Presidente crede che ci siano tutti i presupposti per salvare il collegio dalle osservazioni negative del presunto Sovrintendente, il quale, in precedenza, aveva rivelato di aver udito racconti non molto piacevoli per il Presidente. La paura del Presidente, lascia dunque spazio alla speranza. Nel finale però, si scopre tutto. Il vero Sovrintendente infatti, indossa una “Taddarita” gialla ed a rivelarlo telefonicamente è lo stesso Ciuzzu, (cugino del Presidente), il quale si relaziona costantemente con Pudda, zia del Presidente stesso . Il Sovrintendente, interpretato da Marco Camarda, esplicita, srotolando una pergamena, che in realtà il suo arrivo nella località nasceva dall’intento di conferire un riconoscimento al collegio. Tale evento suscita l’euforia del Presidente che finalmente può tirare un sospiro di sollievo.

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