Amy Lyon: la Repubblica Partenopea -
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Amy Lyon: la Repubblica Partenopea

Amy Lyon: la Repubblica Partenopea

Il 27 gennaio 1799, Championnet proclamò ufficialmente decaduta la monarchia borbonica e nominò un governo repubblicano provvisorio

 

Re Ferdinando, prima che la piccola flotta salpasse per Palermo, aveva convocato a bordo il generale Mack, per riconfermarlo comandante in capo dell’esercito napoletano – nonostante la disastrosa condotta in guerra –, e impartire gli ordini. Se la capitale non avesse potuto resistere, l’esercito si sarebbe dovuto ritirare verso Salerno e, attraverso le Calabrie, avvicinarsi alla Sicilia per ricevere aiuti e rinforzi al fine di riconquistare il regno. Il sovrano, dando queste disposizioni, confidava nell’appoggio delle popolazioni, forte del coraggioso atteggiamento che i suoi sudditi del nord del Paese avevano assunto contro i francesi dopo lo sbandamento dell’esercito.

Il Vicario del re, Pignatelli, uomo debole e privo di acume politico, facendo affidamento esclusivamente sulle informazioni che il pessimo generale Mack gli inviava da Capua e contravvenendo alle disposizioni regie, per uscire dalla incandescente situazione di preparazione alla guerra che andava montando dentro e attorno alla capitale, pensò di proporre al generale in capo francese, Jean Antoine Étienne Vachier detto Championnet (nell’immagine), una tregua di due mesi. Con tale mandato si presentarono a Venafro, al campo francese, il principe di Migliano ed il duca del Gesso. Il Vicario ignorava le non felici condizioni dei francesi in quel momento, inchiodati nella posizione di stallo dalla fortezza di Capua che impediva l’avanzata verso Napoli. Il generale Francesco Macdonald aveva tentato di impadronirsene a sorpresa. Ma aveva dovuto ripiegare verso un assedio per la dura resistenza del maresciallo di campo Pietro Zannone, conscio del fatto che la salvezza della capitale dipendeva dalla fortezza di Capua. Ai francesi era stato facile avanzare nel regno per l’inattesa resa delle altre piazzeforti, comandate da ufficiali stranieri al servizio del re di Napoli. A Capua le cose erano andate diversamente. La fortezza era governata da un napoletano di nascita e di ascendenza che, invasa la Patria, aveva sentito il bisogno, la necessità e l’onore di difenderla strenuamente, sino al sacrificio della vita.

Il generale in capo francese Championnet, cogliendo al volo l’occasione che la delegazione napoletana gli offriva, concluse a Sparanise, il 12 gennaio 1799, un armistizio che avrebbe determinato l’invasione di Napoli e la nascita della repubblica giacobina (in base all’armistizio i napoletani accettarono di consegnare ai francesi, lo stesso giorno, la fortezza di Capua; acconsentirono alla neutralità dei porti delle Due Sicilie; si impegnarono a risarcire l’esercito francese con due milioni e mezzo di ducati, da versarsi la prima metà entro il giorno 15 e la seconda metà entro il giorno 25 dello stesso mese; accondiscesero a non perseguire nessuno per le proprie idee; accettarono l’occupazione del regno da parte dei francesi in tutta quella fascia di terra che iniziava dalle foci del Canale Lagno sul Tirreno e terminava alla foce dell’Ofanto sull’Adriatico).

Le truppe francesi entrarono a Napoli il 23 gennaio, il giorno successivo a quello in cui i patrioti giacobini, impadronitisi di Castel Sant’Elmo, avevano sopraffatto a tradimento il popolo minuto, ovvero i lazzari, che volevano resistere per amore del proprio regno e per l’indipendenza nazionale. Il 27 gennaio 1799, Championnet proclamò ufficialmente la Repubblica Partenopea e nominò un governo provvisorio di venticinque membri, mentre il doppiogiochista Vicario Pignatelli, preso da grande spavento, fuggiva a bordo di una nave che scioglieva le vele verso Palermo (inevitabilmente, il principe Pignatelli, giunto in Sicilia, venne imprigionato per ordine della regina).

In quei tragici momenti, Emily e la regina Maria Carolina oltre a valutare le informazioni provenienti da Napoli di cui disponevano attraverso le fonti dirette, si scambiavano le pubblicazioni giacobine che entrambe erano ansiose di leggere e che non era facile procurarsi, almeno in tempi brevi. Una particolare attenzione era riservata al Monitore napoletano, organo ufficiale della neonata repubblica, che spesso arrivava all’ambasciata prima che alla reggia. Animatrice del giornale, il cui primo numero era uscito il 14 piovoso (2 febbraio), era una loro vecchia conoscenza, Eleonora Pimentel Fonseca, un’italo-portoghese trasferitasi a Napoli da bambina. Apprezzata sia per la vasta cultura letteraria e scientifica che per la fervida intelligenza, la Pimentel era stata bibliotecaria della regina ed esaltatrice in versi dei Borbone prima di convertirsi, in età matura, alle idee rivoluzionarie. Ricordando quei componimenti poetici, Maria Carolina non riusciva a dominare l’ira mentre il Monitore le addebitava la responsabilità di tutti i guai di Napoli, paragonandola, nel migliore dei casi, a Tisifone, una delle Erinni, dee della maledizione e della vendetta. Altrettanto inviperita contro la Pimentel era l’ambasciatrice, indicata nel quarto numero del giornale, pubblicato il 24 piovoso (12 febbraio), come famosa moglie di Hamilton «e più famosa sussidiaria degli intrighi di Maria Carolina».

Per lady Hamilton, dunque, non c’erano segreti a corte. Era lei, spesso, a fornire al marito e a Nelson le prime informazioni su quanto si andava escogitando per riformare le difese dell’isola e tentare la riconquista di Napoli. E quando qualche progetto era maturo, collaborava attivamente sia alla stesura dei piani operativi che alla loro realizzazione, potendo anche contare in ogni momento sulle spie al servizio della regina, numerose in Sicilia oltre che nei territori occupati dai francesi. Molti documenti, soprattutto lettere, provano l’importanza dei compiti che le venivano affidati. Quando si decise di chiedere all’Inghilterra reparti di fanteria, un migliaio di uomini, per presidiare la zona di Messina, più esposta alle infiltrazioni repubblicane, fu lei a stabilire i contatti con i capi militari in grado di decidere con tempestività. Ed era lei a trasmettere periodicamente le istruzioni della regina al capitano Troubridge, comandante della squadra navale che, su disposizione di Nelson, aveva raggiunto alla fine di marzo il golfo di Napoli per bloccarlo e occupare le isole.

Intanto maturavano avvenimenti che le avrebbero consentito di dare libero sfogo al suo protagonismo.

(13. – “Amy Lyon: una lady alla Corte di Napoli” 2013-2014)

Roberta Mangano

Salvatore Musumeci

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