La decisione di Bancomat di lavorare a una stablecoin ancorata all’euro segna un passaggio tecnico rilevante per il sistema dei pagamenti italiano. Non si tratta di una sperimentazione isolata né di un’iniziativa fuori dal perimetro bancario tradizionale, ma di un progetto che nasce dentro un’infrastruttura consolidata e sotto un quadro regolatorio preciso.
Bancomat e la stablecoin in euro
Quando leggiamo che “Bancomat sta lavorando con i principali istituti di credito italiani e con il ministero dell’Economia per lanciare una stablecoin ancorata all’euro”, non è un’idea lanciata al volo da qualche boardroom tecnologico. È il risultato di anni in cui il sistema dei pagamenti italiano si chiede come integrare con tecnologie blockchain senza perdere controllo, affidabilità e compliance normativa.
Molti novizi confondono stablecoin con criptovalute volatili, non capendo che le prime sono progettate per mantenere valore costante tramite ancoraggio a valute tradizionali. Questo ancoraggio è realizzato attraverso riserve in euro o debito denominato in euro, una tecnica che richiede disciplina contabile e trasparenza nei processi di audit.
Quello di Bancomat non è solo “fare una nuova moneta digitale”, è costruire un’infrastruttura interoperabile. In termini pratici significa evitare di ritrovarsi con mille API non compatibili tra banche, portafogli digitali e commercianti che devono riconoscere diversi token. Pensiamo a quando nel passato c’erano sistemi di carte differenti che non si parlassero tra loro: un caos da nodi non sincronizzati. Qui si vuole esattamente il contrario, specie di ponte europeo che si comporta come un unico linguaggio per trasferire valore digitale dentro l’area euro.
Ora, un nodo che spesso vediamo fra i meno esperti è come custodire e muovere valore digitale senza creare un rischio bancario. È qui che entra in gioco il protocollo regolatorio europeo MiCA, che impone requisiti stringenti per emittenti di cripto-asset come le stablecoin, bilanciando innovazione e tutela del risparmio. Questo fa sì che un progetto come quello di Bancomat possa guardare alla rete dei portafoglio criptovalute, con particolare attenzione a elementi come sicurezza delle chiavi private, custodia conforme e gestione delle riserve.
Un aspetto da non sottovalutare è infatti il collegamento diretto con ecosistemi più ampi: le leggi sulle crypto e i wallet Bitcoin sono sempre più integrati nel design di soluzioni come quella annunciata da Bancomat. Questo non solo aumenta la portata di utilizzo da parte di utenti retail e istituzionali ma obbliga anche chi costruisce l’infrastruttura a ripensare concetti come User Experience per transazioni quotidiane, gestione delle chiavi, e on-off ramps tra euro fisici e euro digitali.
Diagnosi, tecnicalità e insider tips
Una delle prime diagnosi che facciamo ogni volta che qualcuno annuncia un progetto su blockchain è quanto è reale l’adozione pratica. È facile entusiasmarsi per i diagrammi dei flussi on-chain, ma senza accettazione reale quel token resta un esercizio tecnico. Qui il vantaggio di Bancomat è che già gestisce reti di accettazione fisiche e digitali, quindi il salto verso un token regolamentato non è un esperimento estemporaneo ma un’estensione naturale di processi esistenti.
Un’altro errore tipico dei neofiti è sottovalutare la regolamentazione MiCA, pensando che le stablecoin siano zone franche: non è così. Per essere interoperabile e accettata a livello europeo, una stablecoin deve rispettare requisiti di riserva, auditing regolare e compliance antiriciclaggio stringente. E chi ha passato anni a lavorare in ambienti dove regole e procedure sono pane quotidiano sa che queste cose non si improvvisano: richiedono pratiche solide e strumenti di governance.
Da vecchi lupi della scena ricordiamo che spesso le tecnologie avanzate vengono respinte non perché non valide, ma perché gli operatori non capiscono il linguaggio sottostante. Questo è il punto dove molti progetti falliscono: tecnici che non parlano banca e banchieri che non ascoltano tecnologi. Bancomat ha l’opportunità di essere ponte tra questi mondi, grazie alle reti esistenti e alla credibilità costruita negli anni.
Infine, un dettaglio che solo chi ha maneggiato sistemi di pagamento per anni nota subito: la gestione delle chiavi private e la custodia dei fondi. Quando una stablecoin viene integrata nel tessuto dei pagamenti, ogni transazione deve essere tracciabile, sicura e riconciliabile secondo le regole delle banche centrali. È qui che si vedono le differenze tra progetti accademici e prodotti pronti per il mercato reale.








