Il 23 maggio scorso il Comune di Castiglione è stato sciolto per mafia. Nella relazione pubblicata in Gazzetta ufficiale dopo che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato lo scioglimento del Consiglio comunale emerge un quadro inquietante.
L’1 agosto 2022 il prefetto Maria Carmela Librizzi, dopo che le elezioni avevano confermato l’assetto politico del paese pedemontano, aveva disposto l’accesso ispettivo in municipio.
Nel Comune di Castiglione di Sicilia sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata tali da compromettere la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione locale, nonché il buon andamento ed il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Nella relazione prefettizia si pone innanzitutto in rilievo il contesto territoriale nel quale è inserito il territorio di Castiglione di Sicilia, di evidente interesse per le associazioni a delinquere di tipo mafioso, i cui gruppi locali sono storicamente legati ad una delle famiglie mafiose di «cosa nostra» egemone sul versante jonico pedemontano del catanese, come accertato anche giudizialmente in numerose sentenze passate in giudicato che hanno ricostruito l’operatività di quelle cosche criminali sin dagli anni duemila.
L’attuale amministrazione comunale – si legge nella relazione – è in assoluta continuità politica e gestionale con la precedente, essendo guidata dallo stesso sindaco e nella quale sono stati confermati molti amministratori già eletti o nominati nella Consiliatura precedente. La commissione di accesso ha perciò ritenuto di estendere l’azione ispettiva a tutto l’arco temporale «delle due sindacature», e quindi a decorrere dall’anno 2017.
L’organo ispettivo, muovendo la sua attività dalle informazioni fornite dalle forze di polizia, ha quindi posto in evidenza i rapporti e le cointeressenze sussistenti tra una parte dell’apparato politico e burocratico comunale con esponenti del locale crimine organizzato. In particolare, viene riferito di un intrecciato e fitto «tessuto relazionale, costituito da rapporti di parentela e di affinità, fra gli amministratori e soggetti gravati da condanne per associazione di stampo mafioso» che riguardano alcuni degli assessori e dei consiglieri comunali, eletti o nominati nelle due ultime Consiliature sia nelle file della maggioranza che della minoranza consiliare.
Relazioni personali riferite a soggetti «chiave» dell’amministrazione comunale dalle quali non è esente il primo cittadino, controllato già nel giugno 2017, all’indomani delle elezioni amministrative, in compagnia di un noto esponente della cosca locale; peraltro, riferisce il prefetto, che il predetto soggetto controindicato è sempre stato una costante presenza nelle dinamiche politiche e amministrative del Comune di Castiglione di Sicilia. Rapporti tra amministratori locali ed esponenti della criminalità organizzata di cui il primo cittadino era perfettamente a conoscenza e che il prefetto di Catania valuta così intensi da poter essere considerati «elemento sintomatico del plausibile sviamento dal perseguimento dell’interesse pubblico nell’azione amministrativa, in favore di quello mafioso».
IL RUOLO DEL SINDACO CAMARDA
Quello ricostruito è un intrecciato e fitto «tessuto relazionale, costituito da rapporti di parentela e di affinità, fra gli amministratori e soggetti gravati da condanne per associazione di stampo mafioso» che riguardano alcuni degli assessori e dei consiglieri comunali, eletti o nominati nelle due ultime Consiliature sia nelle file della maggioranza che della minoranza consiliare.
Relazioni personali riferite a soggetti «chiave» dell’amministrazione comunale dalle quali non è esente il sindaco Antonio Camarda, controllato già nel giugno 2017, all’indomani delle elezioni amministrative, in compagnia di un noto esponente della cosca locale; peraltro, riferisce il prefetto, che il predetto soggetto controindicato è sempre stato una costante presenza nelle dinamiche politiche e amministrative del Comune di Castiglione di Sicilia.
Rapporti tra amministratori locali ed esponenti della criminalità organizzata di cui il primo cittadino era perfettamente a conoscenza e che il prefetto di Catania valuta così intensi da poter essere considerati «elemento sintomatico del plausibile sviamento dal perseguimento dell’interesse pubblico nell’azione amministrativa, in favore di quello mafioso».
Il prefetto di Catania nella propria articolata relazione formula analoghe considerazioni anche per una parte del personale comunale le cui relazioni parentali dimostrano in tutta evidenza la permeabilità dell’ente locale agli interessi della criminalità organizzata; inoltre, viene sintomaticamente posta in rilievo la circostanza che durante l’intero periodo dell’accesso ispettivo il personale assegnato ai diversi uffici comunali non ha mai offerto piena collaborazione alla commissione d’indagine, «mantenendo un atteggiamento dilatorio nella consegna della documentazione richiesta o nel fornire quest’ultima in maniera lacunosa e parziale», nonostante specifiche segnalazioni e sollecitazioni rivolte anche al sindaco; al riguardo viene segnalato che il protocollo elettronico richiesto dall’anno 2017 fino all’insediamento della commissione di accesso non è stato integralmente consegnato in quanto mancante dei dati riferiti al periodo gennaio – maggio 2018, così come in ciascun settore è risultato mancante il registro delle determine, motivo per cui non è stato possibile reperire molti di tali provvedimenti, elementi che hanno reso particolarmente difficoltosa la ricostruzione integrale del percorso gestionale dell’amministrazione comunale.