Il clan Brunetto e quell’elenco dei votanti nel quartiere Jungo trovato nella casa di un arrestato -
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Il clan Brunetto e quell’elenco dei votanti nel quartiere Jungo trovato nella casa di un arrestato

Il clan Brunetto e quell’elenco dei votanti nel quartiere Jungo trovato nella casa di un arrestato

C’era anche un elenco di elettori (a dimostrazione verosimile del fatto che l’organizzazione criminale aveva proceduto ad una sorta di schedatura dei votanti del quartiere per controllare il voto nelle sezioni dislocate nello sterminato rione popolare) a casa di uno degli arrestati, Alessandro Andò, 29 anni, nell‘operazione messa a segno ieri, all’alba, dai carabinieri della compagnia di Giarre che hanno neutralizzato il gruppo criminale “Brunetto”, legato a Cosa nostra rappresentata dalla famiglia Santapaola-Ercolano. A chi serviva quell’elenco? E per farne cosa? Le indagini vanno avanti nel massimo riserbo. 

L’incasso giornaliero della piazza dello spaccio a cielo aperto era quantificabile in almeno 5mila euro al giorno. Sullo sfondo un collaudato sistema di vedette, numerose e varie vie di fuga, un gran numero di nascondigli per le dosi e costituiva per i tossicodipendenti una sorta di punto stabile di approvvigionamento, comportando una vera e propria fidelizzazione dei consumatori.

Il sodalizio finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti, nonostante nel corso delle indagini fossero stati operati degli arresti in flagranza di pusher o il sequestro in rilevanti quantità di droghe, riusciva in breve tempo a riorganizzarsi e proseguire nelle attività illecite. La direzione e gestione della piazza era riconducibile alla famiglia Andò, capeggiata da Giuseppe, soprannominato ‘U cinisì (il cinese), 59enne venditore ambulante nella frazione giarrese di Trepunti, il quale, unitamente a figli e nipoti, si occupava di tutti gli aspetti del mercato illecito, finanche di reclutare i pusher spesso giovani residenti nel quartiere Jungo. ‘U cinisì, è inoltre emerso essere il referente pro tempore del clan Brunetto-Santapaola” su Giarre, stante la detenzione di Pietro Oliveri, detto Carmeluccio quest’ultimo considerato indiscusso erede del defunto boss Paolo Brunetto. U cinisi, secondo quanto evidenziato dalle indagini, risultava recepire da Carmeluccio le indicazioni sulla gestione degli affiliati e sul mantenimento dei detenuti e delle rispettive famiglie.

Dall’operazione sono emerse anche alcune estorsioni, tra cui quella in danno a un ristoratore di Giarre, mai denunciata per paura. Alcune vittime hanno negato anche dopo essere state convocate dai carabinieri.

Tra i minacciati anche dei giostrai: “se monta gli brucio tutte le cose…”, è la rappresaglia annunciata. E a 24 ore dall’operazione Jungo si registra il silenzio assordante del sindaco Angelo D’Anna. Non una sola parola di ringraziamento ai Carabinieri della città che amministra dopo avere assestato un duro colpo alla criminalità organizzata. Niente video messaggi, ne una nota ufficiale dell’Ente. Del resto come avrebbe potuto parlare il sindaco che, a due anni dal suo annuncio di regolamentare i venditori ambulanti,  non ha prodotto un solo documento. Che sia uno per realizzare i mercatini rionali. Già gli ambulanti. Perché per la seconda volta – annotano i carabinieri – le postazioni di vendita altro non sono che dei fortini. Come quello di Andò a Trepunti, come hanno confermato le intercettazioni. Amministrazione con il sindaco in testa che dovrebbe dire una parola. Una sola, ad esempio, su quei tre dipendenti comunali reticenti dell’Ufficio Commercio che vittime di una grave intimidazione in ufficio nell’agosto de 2018 (documentata dalle intercettazioni), hanno negato ai CC di esser stati minacciati.

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