Zafferana, truffa dell'accollo tributario: sequestrati beni per 3,5 mln al caseificio Zappalà -
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Zafferana, truffa dell’accollo tributario: sequestrati beni per 3,5 mln al caseificio Zappalà

Zafferana, truffa dell’accollo tributario: sequestrati beni per 3,5 mln al caseificio Zappalà

Conti correnti, depositi, beni mobili e immobili detenuti anche in via indiretta (ovvero attraverso prestanome) per oltre tre milioni e mezzo di euro. Questo il sequestro preventivo disposto dalla Procura della Repubblica di Catania e dal gip Stefano Montoneri – ed eseguito dalla Guardia di finanza – nei confronti dell’industria casearia “Zappalà” di Zafferana Etnea, del suo amministratore Armando Guglielmino, del presidente del collegio sindacale Alfio Vincenzo Russo, già sindaco di Zafferana, e di altri 5 soggetti, consulenti e/o rappresentanti di tre società “cartiere” di Napoli, “Il Punto srl”, “G.M.G. Service srl” ed “Elektra srl”.

Perché il raggiro si compia è necessaria la presenza dell’«intermediario», ovvero del soggetto molto vicino all’imprenditore che, nei fatti, lo convince a subire la truffa. Nel caso specifico proprio l’amministratore della società, Armando Guglielmino, sarebbe stato “agganciato” da Giovanni Improta, commercialista napoletano destinatario di misure cautelari, il quale avrebbe consentito al Guglielmino l’utilizzo di crediti inesistenti facenti capo alle tre società cartiere di Napoli per azzerare il debito fiscale della “Zappalà”.

Guglielmino avrebbe dunque compensato debiti fiscali della sua azienda per oltre tre milioni e mezzo con crediti fiscali inesistenti. Nell’autorizzazione del sequestro il giudice ritiene che Guglielmino fosse perfettamente a conoscenza del meccanismo fraudolento che di fatto permetteva di non pagare le imposte, dovendo per forza essersi accorto che in compensazione venivano posti crediti fittizi.

Lo stesso gip ha ritenuto fragile la difesa del Guglielmino, il quale avrebbe fornito “risposte al limite dell’incredibile”, sostenendo di essere in possesso di dichiarazioni Iva risultate inesistenti e di aver pagato per l’acquisto di tali crediti migliaia di euro inviando assegni per “posta ordinaria”. Questa dichiarazione è stata intesa dal giudice “abnorme” e addirittura “risibile” in quanto, dice letteralmente il gip, “l’immagine di un amministratore di una Spa che invia in una busta ordinaria assegni per migliaia di euro è contraria al buonsenso”.

Lo stesso Guglielmino, non riuscendo a provare il pagamento dell’importo corrispondente all’acquisto dei crediti, ha dichiarato l’inverosimile circostanza per cui ci sarebbe stato un “accordo verbale di dilazione”, ma il gip ha sposato la tesi della Procura, secondo cui tali importi non sarebbero mai stati corrisposti e l’esistenza dell’accordo teso alla frode era comprovato anche dal fatto che non risultava che le tre società avessero mai chiesto il pagamento dei corrispettivi pattuiti.

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