Il naufragio del piroscafo Oria -
Catania

Il naufragio del piroscafo Oria

Il naufragio del piroscafo Oria

Nel mare Egeo, la tomba dimenticata di oltre 4000 soldati italiani. Inaugurato un monumento alla memoria a 70 anni di distanza. Anche due randazzesi tra le vittime del naufragio

 

Il 12 febbraio è stato il 70° anniversario dell’affondamento del piroscafo Oria, il più grande naufragio del Mediterraneo ed una delle maggiori tragedie della Seconda guerra mondiale, nella quale persero la vita oltre 4000 soldati italiani. Nei mesi convulsi successivi all’armistizio e precisamente l’11 febbraio 1944, i tedeschi imbarcarono migliaia di internati militari italiani sul piroscafo Oria (una vecchia nave del 1920, requisita ai norvegesi) per trasferirli da Rodi al Pireo e successivamente ai campi di lavoro in Germania.

Il piroscafo Oria, salpato l’11 febbraio 1944 da Rodi, alle ore17.40, per il Pireo con a bordo più di 4000 soldati italiani, che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si erano rifiutati di aderire al nazifascismo, colto da una tempesta affondava il giorno successivo, 12 febbraio, presso Capo Sounion 25 miglia a sud di Atene dopo essersi incagliato nei bassi fondali vicino l’isola di Patroklos. Soltanto 37 italiani si salvarono. A bordo del piroscafo vi erano anche i prigionieri del 331° reggimento fanteria Bressanone, facente capo alla divisione Brennero. Questo eroico reggimento, di presidio al settore strategico Calithea, nell’Egeo, al comando del capitano Venturini, dopo l’armistizio di Cassibile, si oppose strenuamente alle truppe tedesche della Sturmdivision Rhodos ma, dopo 3 giorni di aspri combattimenti, i nostri soldati furono costretti alla resa.

Tra quei valorosi uomini vi erano due ragazzi randazzesi poco più che ventenni, il soldato Fornito Salvatore (zio di chi scrive) ed il tenente Renato Vagliasindi. Si saprà del loro tragico destino solo alla fine del decennio, allorché si occupò del caso un’apposita Commissione interministeriale che utilizzò ogni forma di approfondimento pur di mettere a punto la formazione, o la ricostituzione, di atti di morte e di nascita non redatti, andati perduti o distrutti per eventi bellici. Da uno dei tanti verbali di “comparizione” e di dichiarazione di morte presunta, stilati dalla predetta Commissione e previa nulla osta del Tribunale civile di Catania,successivamente trasmessi e registrati presso l’anagrafe del Comune di Randazzo nel maggio del 1951. Nell’apposito registro si legge, infatti, che egli era presente a bordo del piroscafo di cui non si conosce il nome, ma oggi lo si sa, grazie al racconto dei sopravvissuti ed al fortuito ritrovamento del registro degli imbarcati.

Il piroscafo della tragedia è l’Oria, una nave norvegese del 1920 (2127 tonnellate) che, dopo una permanenza di qualche anno nella flotta francese, nel 1942 ripassa nelle mani del proprietario originario che la ribattezza col nome di Oria e viene affidata ad una compagnia tedesca di Amburgo. Essa è tra le cosiddette “carrette del mare”, utilizzate dai tedeschi per il trasporto dei prigionieri italiani dalle isole dell’Egeo al continente. Le ricerche, avviate da alcuni discendenti dei caduti, hanno reso possibile il recupero della lista degli imbarcati e la precisa localizzazione del relitto.

La tragedia “dimenticata” di oltre 4.000 italiani in Grecia ha avuto, a settant’anni di distanza, un degno monumento. È stata inaugurata domenica 9 febbraio scorso, alle 11, al chilometro 60 della statale Atene-Sunion, la stele voluta dal piccolo Comune ellenico di Saronikos a ricordo delle oltre 4.000 vittime di una delle più tremende tragedie della Seconda guerra mondiale. Una commovente cerimonia di commemorazione, a cui hanno partecipato autorità civili e militari, greche ed italiane e la “rete” dei familiari dei dispersi provenienti dall’Italia. Alla fine della cerimonia, sono stati piantati 4 piccoli alberi di ulivo, ai lati del monumento e la delegazione italiana, insieme al sindaco di Saronicos, Mr. Filippou, ha “liberato” due colombe bianche. Intitolazione di strade, ricerche storiche, tutela del relitto sono alcune delle molte altre iniziative che la rete spontanea delle famiglie sta tentando.

Il gruppo di ricerca sul naufragio dell’Oria ha suggerito ai Comuni Italiani l’intitolazione di una strada o di un altro spazio pubblico urbano ai dispersi del naufragio del piroscafo. L’intitolazione di una strada contribuirebbe sia al riconoscimento del valore del sacrificio, sia alla diffusione della conoscenza della vicenda e, quindi, alla ricerca delle migliaia di famiglie ancora ignare, di quella che è stata, per troppo tempo, una strage sconosciuta, senza memoria e con poche e frammentarie informazioni sulla esatta dinamica del naufragio delle migliaia di dispersi nel mare Egeo. Infatti, ricordiamo che la drammatica storia è uscita solo da pochi anni dall’oblio, grazie alle ostinate ricerche di alcuni famigliari dei dispersi. Non potrà mai essere cancellato il ricordo di questi eroi d’altri tempi, esempio di valori autentici che, anziché piegarsi al volere nazista, compirono il loro dovere, senza mai tradire la patria al quale avevano giurato fedeltà.

Vito Gullotto

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