Il retaggio del Fuoco: la Storia dell'Eruzione del 17 marzo 1981 -
Catania
16°

Il retaggio del Fuoco: la Storia dell’Eruzione del 17 marzo 1981

Il retaggio del Fuoco: la Storia dell’Eruzione del 17 marzo 1981

È raro che la natura ci offra uno spettacolo così impressionante come quello avvenuto esattamente 43 anni fa, al cospetto dell’Etna, la montagna che domina la siciliana Catania, seducendola e spaventandola al contempo. Per coloro che, come me, hanno assistito in prima persona, quella giornata del 17 marzo 1981 a Randazzo, rimane un’incisione indelebile nella memoria.

Già nelle cinque settimane antecedenti, un presagio sismico aveva iniziato a scrivere ciò che si sarebbe rivelato un capitolo drammatico nel rapporto tra l’uomo e il Vulcan Etna. Circa 4000 scosse, relativamente lievi ma persistenti, avevano anticipato un evento che avrebbe impresso il suo segno nella storia.

Il 16 marzo un’intensificazione della crisi sismica, con più di 50 eventi l’ora, aveva allarmato non solo la comunità scientifica ma anche i residenti di Randazzo e della zona, consapevoli dell’enorme potenza celata sotto i loro piedi. I ricordi di eruzioni passate e i loro effetti devastanti sui paesaggi e sulle vite umane erano ancora vividi nella memoria collettiva.

Poco dopo mezzogiorno del giorno successivo, l’Etna ha iniziato a manifestare tutta la sua forza: fratture si aprivano sul suo versante nord a una quota tra i 2625 e i 2500 metri, dando inizio a un’eruzione di portata storica. Le fasi iniziali dell’evento hanno mostrato una velocità e una violenza inattese, con colate laviche che hanno rapidamente ricoperto ettari di bosco, distrutto terreni agricoli, vigneti, abitazioni e infrastrutture essenziali.

Il timore che le colate potessero raggiungere e devastare Randazzo e il vicino borgo di Montelaguardia era tangibile. La natura sembrava ripetere il dramma del 1928, quando Mascali fu quasi cancellata dalla mappa da un simile flusso di distruzione.

I vulcanologi, monitorando l’evento da elicotteri e attraverso avvisi mediatici, hanno continuato a seguire minuto per minuto l’evolversi della situazione, mentre le fessure eruttive avanzavano minacciose. La sera del 17 marzo una nuova frattura a 1800 metri ha segnato il punto di partenza per una colata di dimensioni maggiori che si è spinta velocemente a nord.

Nelle ore successive, il sistema di fratture eruttive si è ulteriormente espanso verso quota 1400, mostrando la capacità dell’eruzione di modificare drasticamente il paesaggio in tempi brevissimi. Eppure, la colata principale, nel suo avanzare inesorabile, ha tagliato tre strade fra cui la SS 120 e due Ferrovie la Circumetnea e la FS Alcantara-Randazzo, si è quindi fermata a ridosso dell’alveo dell’Alcantara, a 7.5 km di distanza dalle bocche eruttive, risparmiando così il corso d’acqua e, indirettamente, gli abitati limitrofi.

L’intensità dell’eruzione ha iniziato a calare nei giorni successivi, con un’attività stromboliana che è andata svanendo fino al completo arresto il 23 marzo. Ciò che resta è una cicatrice nel paesaggio, un monito della potenza della terra, ma anche un’esperienza collettiva di resistenza e resilienza.

Quel volume complessivo di 20-30 milioni di m³ di lava rappresenta non solo una stima scientifica; simboleggia una sfida e un’incombenza per chi, come noi, vive ai piedi dell’Etna. Il 17 marzo 1981 non è solo una data, ma una testimonianza della perenne lotta tra l’uomo e la forza primordiale della natura.

Alfio Papa

Potrebbero interessarti anche