“Lo faccio dopo. Ci penso domani. C’è ancora tempo.” Queste sono solo alcune delle frasi con le quali tutti, almeno una volta nella vita, si sono rassicurati dinanzi a un compito incombente da portare a termine ma per il quale, in tutta onestà, non si ha voglia di darsi da fare.
Come si legge tra gli articoli dedicati al tema della pigrizia e della procrastinazione su Efficacemente.com, si tratta di una reazione comunissima e che, in quanto tale, fa parte dell’essere umano sin dall’antichità. Tutti vivono periodi di grande pigrizia, chi più, chi meno.
Lo stesso vale per la procrastinazione, un tema di grande interesse scientifico perché, a quanto pare, si tratta di una condizione che testimonia un sostrato di problematiche latenti con le quali non si ha avuto modo o tempo di fare i conti.
Procrastinare è diverso da rimandare un impegno per pigrizia. C’è una bella differenza tra essere pigri e avere difficoltà a gestire i propri impegni e, nelle righe che seguono, proveremo a spiegare il perché.
Procrastinare: il sintomo di un disagio più profondo
La definizione esatta di procrastinazione è la tendenza a rimandare fino all’ultimo un compito. Per qualche individuo vivere in costante stato di procrastinazione può essere addirittura “favorevole”, perché l’idea di essere sotto pressione e vicini alla scadenza di una consegna spinge a darsi da fare e ad ultimare le mansioni in carico.
Per altri, invece, la procrastinazione può rivelarsi un grave problema per la salute mentale e che, in quanto tale, ha ricadute anche sulla salute fisica. Chi procrastina e perde il controllo del proprio tempo, infatti, può trovarsi a vivere periodi molto duri causati per lo più da ansia e agitazione.
La ragione risiede nel fatto che, scientificamente, la procrastinazione sarebbe una risposta dell’umore. Quando si procrastina lo si fa perché si cercano distrazioni verso attività più gradite, grazie alle quali ricaricare le scorte di dopamina. Il problema è che non appena si cerca di riavvicinarsi alla mansione prossima alla scadenza, la scorta di dopamina torna a essere insufficiente, soprattutto per quei compiti che provocano insoddisfazione, noia o qualsivoglia emozione negativa.
Come uscirne quindi?
Il primo passo è capire se ci si trova in uno stato di procrastinazione patologica o se si sta semplicemente vivendo un momento di grande apatia, pigrizia e stanchezza fisica e mentale. Nel secondo caso basterà ascoltare il proprio organismo e la propria mente, trovando momenti di riposo e, soprattutto, rivedendo alcuni aspetti del proprio stile di vita che stancano o rendono frustrati, insoddisfatti e privi di stimoli.
Quando la procrastinazione è patologica, invece, occorre affidarsi a un esperto per comprenderne le reali ragioni. È necessario un percorso di scoperta della propria psiche, grazie al quale affrontare le motivazioni per cui ci si sente insoddisfatti, inferiori o demotivati dinanzi ai compiti che vengono assegnati o alle mansioni che si dovrebbe svolgere quotidianamente.
Difatti quando si evita di svolgere un’attività spiacevole non si sta cercando di schivare la mansione in sé, ma le emozioni negative che questa provoca. Ecco perché chi procrastina in modo continuo e costante non è da bollare semplicemente come una persona pigra ma come una persona che, purtroppo, potrebbe soffrire di ansia o problematiche simili.