Un pomeriggio intenso, partecipato, carico di riflessioni e spunti di cambiamento. Nella sede di Trinacria Studi a Giarre, polo universitario delle università telematiche Pegaso, San Raffaele e Mercatorum, si è svolto il convegno “La grande impresa del calcio”, un’occasione per guardare al mondo del calcio, soprattutto giovanile, da una prospettiva più ampia e consapevole: quella dello sport come ambiente educativo, culturale e formativo, oltre che tecnico e agonistico.
L’aria che si respirava nella sala era quella giusta: curiosità, ascolto, voglia di confrontarsi. Tra i presenti dirigenti di società sportive, amministratori locali, docenti, educatori, giornalisti e famiglie. Tutti uniti dall’idea che il calcio non è solo un gioco. È, appunto, una grande impresa.
Il giornalista Giovanni Finocchiaro, da anni voce autorevole della cronaca sportiva, ha aperto il dibattito con un intervento che ha alternato sguardo professionale e sensibilità paterna: “Serve maggiore preparazione nelle società, ma anche meno protagonismo da parte dei genitori. Troppe volte ho visto il lato peggiore degli spalti soffocare l’entusiasmo dei ragazzi”.
Dall’altra parte del campo, il dirigente Luca Di Gregorio, referente FIGC per Catania, ha condiviso le difficoltà riscontrate nei campi giovanili, soffermandosi su un aspetto cruciale: la formazione dei dirigenti e degli allenatori, spesso tralasciata rispetto a quella tecnica. “La violenza verbale e la pressione sugli arbitri sono sintomi di un sistema che deve maturare anche culturalmente”.
Tra i volti più attesi, l’arbitro federale Anna Russo, che con grande sobrietà ha raccontato il suo percorso in un mondo che ancora fatica a riconoscere pienamente l’autorevolezza femminile: “Essere donna in mezzo al campo è un test quotidiano. Ma il rispetto si costruisce e si impone con la preparazione e con l’esempio”. Il racconto si fa poi più intimo con l’intervento di Josè Sorbello, allenatore e formatore, che ha parlato del ruolo dell’allenatore: guida tecnica ma anche figura di riferimento umano, un leader riconosciuto a cui spetta anche proteggere il benessere del gruppo. “Il ruolo dell’allenatore non è mai cambiato nel tempo – ha detto – Piuttosto sono cambiate tutte le altre dinamiche, gli assetti societari e la pressione dei genitori”.
A chiudere il cerchio, lo psicoterapeuta Walter Siragusa, presidente dell’Associazione Nazionale Educatori Sportivi, che ha offerto una sintesi efficace e profonda: “Ogni società sportiva è, che lo voglia o meno, una piccola comunità educativa. Se manca la consapevolezza di questa funzione, si rischia di tradire la missione stessa dello sport”.
Nel corso del pomeriggio è stato inoltre presentato il nuovo corso di laurea in Scienze dell’amministrazione del calcio, promosso dall’Università Telematica San Raffaele di Roma in partnership con la FIGC e in collaborazione con la AIC e la AICA, che forma professionisti per la governance sportiva, integrando competenze giuridiche, economiche, sociologiche e psicologiche. A illustrarne i contenuti è stata Simona Leotta, referente del polo di orientamento. Il pubblico ha ascoltato, partecipato, chiesto, discusso.
Si è parlato di regole, rispetto, linguaggio, pressioni, entusiasmo, aspettative, modelli educativi, e anche di come si possa e si debba cambiare rotta. Il convegno si è confermato un importante momento di confronto per rafforzare la consapevolezza che, al di là della prestazione sportiva, il calcio ha una responsabilità sociale e formativa che va sostenuta con competenze, etica e visione educativa.