Ieri, in Corte d’assise d’appello, è stata confermata la richiesta di condanna a 30 anni di carcere, già inflitta in primo grado, a carico di Benito La Motta (nel riquadro), ritenuto, secondo l’accusa, come colui il presunto “organizzatore” dell’efferato omicidio del pizzaiolo giarrese Dario Chiappone, colpito a morte da una serie di coltellate, la sera del 31 ottobre 2016, in via Salvemini a Riposto. La vittima, allora 27enne, era in compagnia di una donna con la quale si era appartato in auto e che ha assistito alla feroce esecuzione.
Il Pg, Angelo Busacca si è soffermato su alcune precise prove derivanti dalle intercettazioni che riguardano il 78enne ripostese, Antonino Marano – anch’egli coinvolto nel brutale omicidio di Chiappone – ed in particolare le conversazioni registrate nella sala colloqui del carcere Pagliarelli di Palermo (dove si trovava recluso) con i propri familiari e altri soggetti ammessi al colloquio con lo stesso.
Quelle conversazioni, in carcere, erano state registrate anche da alcune telecamere, immortalando il labiale di Marano mentre indicava al suo interlocutore – mimando con le mani una persona baffuta – il nome di Benny o Benito. Per il prossimo 5 luglio è in programma l’arringa finale della difesa di Benito La Motta.