Giardini Naxos: mai smettere di lottare, mai arrendersi -
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Giardini Naxos: mai smettere di lottare, mai arrendersi

Giardini Naxos: mai smettere di lottare, mai arrendersi

Quanto segue è stato tratto dal libro dello scrittore libanese Gibran Kahlil, chiamato lo scrittore “visionario”, che nel suo bellissimo romanzo “La Tempesta”, raccontando i mali della modernità, sogna un domani migliore, tanto migliore che quando morì, un anonimo scrisse: “Qui giace il profeta degli oppressi”.

Quanto scritto non è dedicato particolarmente a qualcuno, è dedicato a tutti i cittadini giardinesi che stanchi, delusi, offesi ed umiliati, hanno smesso di battersi, di lottare, di credere. A loro, con le parole dello scrittore visionario, diciamo che ci vuole più coraggio a restare che andarsene. Fuggire, smettere di lottare, non tentare, arrendersi, significa accettare, rinunciare.

Sono molti coloro che parlano come il fragore del mare, ma la loro vita è poco profonda e stagnante come una putrida palude. Sono molti coloro che levano il capo al di sopra delle cime delle montagne, ma il loro spirito rimane addormentato nell’oscurità delle caverne. Evitiamo individui compiacenti di sé che nei loro sogni vedono lo spettro della conoscenza e credono di aver raggiunto il loro scopo. Evitiamo coloro che al loro risveglio vedono soltanto il fantasma della Verità e gridano al mondo di avere acquisito totalmente l’essenza della Verità stessa.

Diffidiamo di coloro che credono che l’umiltà sia una sorta di debolezza, la compiacenza una specie di viltà, mentre lo snobismo una forma di forza. Non cerchiamo la solitudine perché la nostra anima non ne può più di avere rapporti con chi crede che il sole, la luna e le stelle sorgono solo nei loro giardini e non tramontano se non nei loro palazzi. Non crediamo nei sacerdoti che non si sono conformati a ciò che chiedono nei loro sermoni e che pretendono dagli altri ciò che non chiedono a loro stessi.

Non cerchiamo la solitudine perché non abbiamo ottenuto gentilezza e ascolto da esseri umani. Non cerchiamo la solitudine perché in essa lo spirito, il cuore e il corpo possano trovare pienezza di vita. Esistono infinite praterie sconfinate dove riposa la luce del sole, dove i fiori esalano il profumo nello spazio e dove i ruscelli cantano durante la loro lunga corsa verso il mare. L’ipocrisia ci sarà sempre, l’inganno non cambierà mai anche se il suo tocco diventerà morbido e delicato. La menzogna non si tramuterà mai in verità, l’avidità non diverrà mai appagamento e neppure il crimine si trasformerà in virtù”.

Se non combattiamo quanto Gibran scrive, se non lottiamo per i nostri giusti principi, se ci arrendiamo accettando la solitudine e la rinunzia, rinunciamo ai nostri diritti e consegniamo ad altri le nostre speranze. Mai smettere di lottare, di combattere, qualunque siano le nostre armi: la spada o la penna. Tutte e due hanno la loro ragion d’essere.

Attenzioniamo tutto, combattiamo, perché l’inverno degli uomini passerà ed allora giungerà la bella primavera e i fiori sbocceranno di nuovo nei campi, e i ruscelli scorreranno di nuovo nelle valli, ed il passato resterà solo un ricordo da non dimenticare, perché un popolo che dimentica il suo passato è destinato a riviverlo.

Francesco Bottari

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