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Referendum per l’autodeterminazione Siciliana

Referendum per l’autodeterminazione Siciliana

prof. costaDomenica 9 novembre scorso a Palermo si sono riunite diverse associazioni e movimenti siciliani (vedi in calce l’elenco) per approvare un disegno di legge-voto (scarica la bozza della Legge voto) sull’attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria e per promuovere un referendum sullo stesso. Ne parliamo dettagliatamente con il prof. Massimo Costa (foto a sinistra). Di che si tratta?

«Si tratta di un percorso che è iniziato da alcuni mesi per superare la condizione di impasse in cui versa la Sicilia. Un’impasse politico e istituzionale, ma soprattutto economico e sociale che sta assumendo i contorni drammatici di una vera e propria catastrofe. Noi siamo convinti che, al di là di specifiche responsabilità politiche, il mancato rispetto della nostra Costituzione regionale, lo Statuto, grida vendetta in questo momento. Non possiamo continuare a farci derubare di svariati miliardi l’anno e poi accendere in continuazione mutui con lo Stato (evasore) per coprire questi buchi. È una situazione insostenibile. Oggi la Sicilia si comporta nei confronti dello Stato italiano come quell’amministratore di condominio che, di fronte alla necessità di pagare i debiti a fronte di un condomino che non paga mai, andasse proprio dal condomino moroso a farsi prestare a interesse ciò che questi dovrebbe versare, magari anche con gli interessi di mora. Ecco: lo Stato italiano è il condomino moroso, che dovrebbe pagare anche i danni, e il quale invece addirittura ci presta a usura quanto ci è dovuto per diritto. Noi riteniamo sia necessaria una forte iniziativa politica e istituzionale che parta dal basso per smuovere le acque».

In cosa consiste questa iniziativa?

«Innanzitutto abbiamo compreso che la mancata attuazione dello Statuto dipende da un blocco delle competenze legislative della Regione che ha origine nella giurisprudenza abrogativa della Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale, che per Costituzione (sembra un gioco di parole ma non lo è) non è competente a giudicare della costituzionalità delle leggi siciliane, pur di difendere il principio con il quale ha abolito (o crede di aver abolito) la competenza naturale dell’Alta Corte, è arrivata ultimamente ad abrogare interi pezzi dello Statuto. In queste condizioni qualunque iniziativa della Regione sarebbe “castrata” a Roma, dove sarebbe dichiarata incompetente. Le uniche vie d’uscita (non “insurrezionali”, ovviamente scherzo) sono quindi i “decreti attuativi”, ma questi chiedono tempo e volontà politica oggi assenti, ovvero le “leggi dello Stato”, immediatamente efficaci, da consolidare poi con i decreti attuativi, ma pur sempre efficaci. Ecco, noi non consideriamo affatto chiusa la questione dell’Alta Corte, ma, nel frattempo, per dare respiro alla Sicilia, ci potremmo prendere ciò che ci spetta con una semplice legge dello Stato, da approvare all’ARS come legge-voto».

E questa legge che avete proposto?

«Consiste semplicemente nell’attribuzione alla Sicilia di tutte le entrate tributarie che maturano nel suo territorio, acque territoriali incluse, e nella possibilità di manovrarle liberamente per allentare l’oppressione fiscale che oggi contribuisce a strangolare la nostra Terra. Consiste nella possibilità di creare una “zona economica speciale”, in termini fiscali e doganali, all’interno dell’Unione Europea, sfruttando la condizione di insularità che è riconosciuta nei trattati europei. Consiste infine nella possibilità di emettere “certificati di credito fiscale”, privi di interessi, con funzioni sostanzialmente monetarie. In una parola l’indipendenza economica, se non ancora quella politica. In questo modo sarebbe più facile realizzare infrastrutture produttive, favorire l’insediamento imprenditoriale, e quindi l’occupazione, difendere il made in Sicily, spezzare la spirale della povertà e dell’austerità. In pratica fare una vera e propria inversione di marcia. Con questa legge attuata – per essere chiari – in pochi anni potremmo ritrovarci con il 20% di pressione fiscale in meno e con il potere d’acquisto di stipendiati e pensionati aumentato del 50%. Visto che l’alternativa è la morte, mi pare che si debba per lo meno tentare. Ovviamente, a fronte di questo, ci faremmo carico anche di tutte le spese pubbliche, decidendo noi se e quanti servizi sanitari o scolastici dare ai nostri cittadini, prima che questi vengano del tutto azzerati dallo Stato italiano».

E perché mai questa legge dovrebbe essere approvata? Se non ci hanno mai concesso in 70 anni quanto ci spetta?

«Primo, perché è “costituzionale”. Non c’è niente di più costituzionale che il rispetto dello Statuto. Poi, perché noi andiamo a Roma a dire che “la Sicilia non vuole più niente!”. Come si fa a dire di no a chi non vuole essere mantenuto? E poi – e questo fa parte essenziale della strategia – perché la legge andrà corredata da un referendum consultivo da parte dei Siciliani e da quante più mozioni possibili da parte dei Comuni. Sarà un grande referendum sulla sovranità fiscale della Sicilia. Ne nascerà un dibattito che ci cambierà tutti, anche culturalmente.

Se i tre livelli della politica siciliana si esprimeranno in tal senso, Roma dovrà infine cedere. Oltretutto, sapendo che per loro “finisce la pacchia”, abbiamo pure previsto un’attuazione molto graduale, in modo che possano adattarsi alla progressiva perdita del possedimento siciliano. Se non si adatteranno c’è il principio di autodeterminazione dei popoli. Le conseguenze sarebbero molto gravi, per loro ovviamente. Questo referendum rappresenta allora una rinuncia ad aspirazioni indipendentiste, visto che ci si muove all’interno della legalità italiana ed europea?

Questo referendum consente ai Siciliani di riappropriarsi di quella dignità minima con la quale poi potranno decidere cosa fare del loro futuro. Noi non stiamo rinunciando proprio a niente né smuovendo niente rispetto alla situazione attuale. Semplicemente altre strade, volendo restare nella legalità costituzionale attuale, sembrano precluse mentre questa non lo è. Non si negano in linea di principio strappi “più arditi”; ma questi, in ogni caso, andrebbero adeguatamente preparati. Oggi la Sicilia è stremata. Dobbiamo dare intanto il pane ai Siciliani, il lavoro o almeno un reddito alle famiglie che non ne hanno più uno. Poi penseremo a tutto il resto. E decideremo che cosa vogliamo essere “da grandi”».

Il disegno di legge sarà presentato come iniziativa popolare?

«No. Questa è la volontà che è emersa dalla riunione operativa del 9 novembre scorso. E in effetti me ne sono convinto anch’io. A parte ogni considerazione pratica sulle difficoltà tecniche, si è posto il problema della necessità che in ultimo siano sempre le forze presenti in ARS a dover votare il provvedimento. A questo punto lo presentiamo pubblicamente in ARS, lo indirizziamo al Presidente dell’Assemblea, e poi le forze politiche, se vogliono, possono presentarlo e votarlo. Noi spingeremo a farlo. Ma, se non vogliono, non sarebbero certo “costretti” a farlo se il disegno di legge fosse di iniziativa popolare. L’unico vantaggio potrebbe essere quello del deposito in “automatico”, non certo quello della sua approvazione. Ma già alcuni deputati hanno manifestato interesse, quindi questo passaggio si rivela non utile. Se poi non lo votano sappiamo con chi prendercela e sappiamo cosa chiedere alle prossime elezioni. Di certo non finisce qui e non ci facciamo prendere più in giro dalla retorica delle auto blu o di altre quisquilie care ai miti della spending review. La soluzione ai problemi della Sicilia è ben altra. È nello spezzare le catene del colonialismo. Con la sola proposta di questo referendum, anche se non venisse accolta, dimostreremmo che la parte più avveduta dei Siciliani ha capito qual è il vero problema e che non è più disposta a farsi prendere ancora in giro».

Ma, dica la verità, questo coordinamento di movimenti prelude alla nascita di un nuovo soggetto politico?

«No, perché alcuni di questi già sono un soggetto politico e non tutti sarebbero “fondibili” l’uno con l’altro, anche perché i soggetti e le forze che l’appoggerebbero in ARS farebbero un passo indietro se pensassero che dietro c’è un concorrente potenziale e a noi non interessa invece che il risultato finale. Ma soprattutto perché non ci interessa far naufragare una iniziativa così importante usandola come sgabello per ambizioni personali o piccoli progetti politici. Non posso certo dire di essere del tutto soddisfatto dell’attuale rappresentanza politica dei Siciliani. C’è – è vero – una domanda politica che non trova la corrispondente offerta, tanto è vero che più della metà degli elettori ormai sta stabilmente a casa. Ma queste aggregazioni devono trovare un altro tavolo dove costituirsi. Questa legge, e il referendum su di essa, può essere votata da chi vota SEL o Fratelli d’Italia. È una cosa fatta nel solo interesse della Sicilia. È vero, per contro, che un coordinamento, per ora informale, di fatto, o come lo si voglia chiamare, si è ormai avviato. Magari qualcuno si perderà per strada, qualche altro verrà, ma c’è un nucleo duro che su queste battaglie intende andare insieme in modo compatto. C’è anche chi ha dato un primo impulso e per ora sta alla finestra. Vedremo, la porta è aperta. Ripeto: questa iniziativa non è “nostra”, è di tutti, è della Sicilia. Una volta ogni tanto una cosa che interessa tutti si può anche fare».

Un’ultima provocazione: siete sicuri di essere “nel vento della storia”? C’è chi dice che ormai lo Statuto è acqua passata…

«Sono solo quattro vecchietti nostalgici della prima repubblica, e/o intellettuali e burocrati di regime compromessi e interessati, che non hanno capito niente di dove va il mondo. Oggi, proprio mentre le élite mondiali vogliono distruggere i popoli e le tradizioni, dappertutto è una riscoperta delle proprie origini. Perché la Sicilia dovrebbe essere da meno? Si leggono cose sui giornali che sino a pochi anni fa sarebbe stato solo pazzia il pensarle. A Napoli, ad esempio, l’altro giorno l’erede dei Borbone è stato accolto per strada con acclamazioni come per un vero re (e ve lo dice uno che, quando parla di storia, non è mai stato “tenero” con i Borbone). In tutta Europa, dove più dove meno, il sovranismo dilaga; lo stesso che sbrigativamente il regime liquida come “populismo”. Un recentissimo sondaggio della Demos attribuisce al 44% dei Siciliani la voglia di indipendenza. Folklore? Mah! Secondo me il vento della Storia è proprio questo. Noi vogliamo solo che, questa volta, la Sicilia non perda il treno che tutti i popoli liberi stanno prendendo. E questa volta mi sa che ce la faremo».

Ringraziamo il prof. Costa. Di sotto riportiamo l’elenco delle associazioni e dei movimenti che ad oggi hanno sottoscritto il disegno di legge e l’iniziativa referendaria costituendosi in coordinamento e il testo del disegno di legge proposto.

L’Altra Sicilia, Comitato Autodeterminazione Sicilia-Stato, Fronte Nazionale Siciliano – Sezione “Archimede” di Bagheria, Movimento Gattopardi di Sicilia, Movimento Onda Lunga, Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, Noi Mediterranei Sicilia, Noi Siciliani Liberi – Associazione Partito del Sud, Partito Socialista Siciliano, La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto, Stupor Mundi, Trapani Cambia, Il Vessillo del Vespro, Voras Zancle.

Salvatore Musumeci

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