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Randazzo, sagra del “Tirrimulliru” o della discordia?

Randazzo, sagra del “Tirrimulliru” o della discordia?

Domani, lunedì 8 dicembre, calerà il sipario sulla prima edizione della sagra del “Tirrimulliru” un dolce della secolare tradizione contadina randazzese che si è tramandata da generazione in generazione. Il tipico biscotto, in passato servito a tavola durante le festività natalizie, si impasta con ingredienti semplici. L’antica originaria ricetta, che non prevede l’impiego di zucchero aggiunto, è composta di mosto cotto in riduzione a un terzo, sapientemente preparato con cenere di tralci dell’annata precedente, farina, mandorle tostate e pestate. Va da sé che del peculiare dolce vi sono diverse varianti in ogni angolo della Sicilia. Nel resto d’Italia un dolce assimilabile al nostro “Tirrimulliru” è il mostacciolo che si discosta però per l’impiego dello zucchero, dei fichi secchi e dei canditi.

Mentre la prima sagra del “Tirrimulliru” fa registrare un positivo afflusso di pubblico, per lo più forestiero, in città si rileva una nota di polemica tra serio e faceto.

Doveva essere l’esaltazione di un dolce tipico dell’arte dolciaria locale, invece è stata occasione per una polemica che ha assunto una connotazione anche di natura politica e che ha avuto il suo culmine con la regolare affissione negli spazi pubblici di un “pungente” manifesto, a mo’ di necrologio, in cui si legge: “Il 6-7-8 dicembre 2014, dopo una lunga agonia, è venuto a mancare il quartiere di San Martino. Alcuni residenti ne danno il triste annuncio e ringraziano: il Sindaco Prof. Michele Mangione, il Presidente del Consiglio Sig. Nino Grillo e tutta la Giunta comunale. Si dispensa dalle visite”.

CarloLoGiudice_WebL’idea è stata di un gruppo di residenti nel quartiere San Martino capeggiati da Carlo Lo Giudice (nella foto a sinistra), titolare di un bar nel centro dell’antico quartiere e con un passato di protagonista politico (consigliere comunale dal 1994 al 1998, presidente del consiglio comunale tra il 1998 e il 2003 e vicepresidente dal 2008 al 2010).

Ecco il significato che gli autori del manifesto hanno attribuito alla loro protesta. Secondo Carlo Lo Giudice la scelta di escludere il quartiere San Martino, il più antico della città e con una concentrazione di beni culturali superiore a quella degli altri quartieri, ha penalizzato l’immagine dello stesso quartiere e la possibilità per i pochi operatori economici residenti di poter commercializzare le proprie mercanzie al pari dei colleghi degli altri quartieri. “Ciò denota imparzialità da parte degli organizzatori – dichiara con rabbia Carlo Lo Giudice – in un primo momento si era discusso di estendere l’animazione della sagra lungo tutto il centro storico. Spero che in questa scelta discutibile non vi sia pregiudizio verso il nostro quartiere, i suoi residenti e le attività commerciali strette dalla crisi. Non è la prima volta che San Martino è penalizzato e relegato a periferia. Io stesso – continua Lo Giudice – avevo già protestato simbolicamente con la chiusura del mio locale alle 20.30 in occasione della “Notte Bianca 2013” e in altre circostanze analoghe contro le scelte degli organizzatori che a San Martino avevano previsto spettacoli “minori”.

Il sindaco Michele Mangione, primo destinatario della protesta, interviene sull’argomento rilasciando al nostro giornale una dichiarazione. “Ritengo il manifesto attinente al tema delle tradizioni popolari, cioè folclore. Il fatto che l’evento non si sia potuto svolgere anche nel quartiere San Martino – ci dice – ha delle ragioni prettamente tecniche che purtroppo non hanno permesso l’installazione degli stand. In primis l’esiguità degli standisti, circa quaranta, in numero insufficiente per coprire tutta via Umberto senza che si desse l’impressione di una sagra dispersiva. In un primo momento – conferma il sindaco – avevamo pensato di realizzare il reparto di enogastronomia proprio a San Martino, ma l’idea non ha avuto adesioni e disponibilità da parte degli operatori che stanno partecipando alla sagra. Molti sanno quanto io abbia a cuore il quartiere San Martino, tant’è che da presidente dell’associazione Sicularagonensia ho organizzato diverse edizioni della “Festa Medievale” a San Martino. Comunque sia – conclude il sindaco – questa prima sagra del “Tirrimulliru”, peraltro organizzata a livello sperimentale, è riuscita e speriamo che il prossimo anno possano fioccare le adesioni in modo da coinvolgere tutto il centro storico”.

L’altro destinatario della protesta è il presidente del Consiglio comunale Antonino Grillo stupito dai contenuti del manifesto. “Non capisco la ragione della citazione del mio nome nel manifesto – dichiara sorpreso – chi ha pensato e scritto il testo confonde i ruoli. Il presidente del Consiglio non si occupa di organizzazione di sagre e di spettacoli. Perciò respingo ai mittenti le presunte accuse contro di me”.

La pubblicazione del manifesto ha generato in città un certo scalpore e molte chiacchiere. Anche molti turisti, ignari del significato intrinseco, hanno letto l’ironico “necrologio”. Naturalmente si sono formati due partiti, quello di chi è concorde con il contenuto, dando ragione agli ideatori della protesta e quello di chi ne dissente. E tra questi, qualcuno ha insinuato più di un sospetto “politico” sia sul manifesto a mo’ di necrologio sia sul fatto che Carlo Lo Giudice abbia rilasciato un’intervista negli studi dell’emittente locale EuroTv, dove ha parlato della vicenda toccando anche molti temi di politica locale. L’interessato, però, allontana ogni equivoco dichiarando: “Chi pensa che io abbia fatto ciò per ritornare in politica si sbaglia e di tanto. Personalmente non intendo rientrare nei ranghi della politica la cui materia non mi appassiona più, tant’è che nel 2010 mi sono dimesso prima della scadenza naturale del mandato di consigliere e da allora non vado neppure a votare”.

Gaetano Scarpignato

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