Operazione antimafia "Cerbero", duro colpo ai “Cursoti milanesi": 21 arresti I NOMI - VIDEO -
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Operazione antimafia “Cerbero”, duro colpo ai “Cursoti milanesi”: 21 arresti I NOMI – VIDEO

Operazione antimafia “Cerbero”, duro colpo ai “Cursoti milanesi”: 21 arresti I NOMI – VIDEO

Oltre 200 Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, con il supporto dei Reparti specializzati dell’Arma – tra cui la Compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento “Sicilia”, lo Squadrone Eliportato “Cacciatori di Sicilia”, nonché i Nuclei Elicotteri e Cinofili – hanno dato esecuzione, già dalle prime ore della mattina, a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 21 soggetti, ritenuti appartenenti al sodalizio mafioso dei “Cursoti Milanesi”, storicamente radicato nel territorio catanese.

I destinatari del provvedimento, ferma restando la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, sono ritenuti, a vario titolo, gravemente indiziati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, violazioni in materia di stupefacenti, tentata estorsione in concorso, ricettazione in concorso, possesso illegale di armi clandestine e detenzione di banconote contraffatte, con l’aggravante del metodo mafioso e con finalità di agevolare il sodalizio mafioso.

L’indagine, sviluppata con metodi tradizionali e moderne tecniche investigative è stata svolta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania, sotto il coordinamento di questa Direzione Distrettuale Antimafia. La stessa ha avuto inizio nel dicembre 2021 e si è protratta fino al 2024 e ha permesso di documentare – a livello di gravità indiziaria – anche l’esistenza di una fitta attività di approvvigionamento e spaccio di sostanze stupefacenti, principalmente cocaina, hashish e marijuana. Le attività criminali in contestazione sembrano essere state accertate almeno fino al maggio 2024.

L’attività investigativa sembrerebbe avere confermato non solo la persistente operatività sul territorio del sodalizio mafioso dei Cursoti Milanesi, ha consentito di cogliere e monitorare l’evoluzione interna del gruppo, segnato da una violenta e brutale contrapposizione esplosaca seguito della morte di Pitarà Rosario, detto “u Furasteri”, avvenuta il 9 dicembre 2020, capo storico del clan.

La scomparsa del Pitarà, peraltro in un momento di particolare fibrillazione a seguito del duplice omicidio dell’agosto 2020 avvenuto a Catania e che aveva visto quali vittime due esponenti del clan Cappello in ragione dell’azione posta in essere da Carmelo Distefano e dai suoi accoliti, avrebbe innescato una feroce lotta per la leadership ed il controllo del territorio all’interno del clan dei Cursoti Milanesi.

Da un lato, infatti, il gruppo facente capo a Distefano Carmelo, detto “pasta ca sassa”, con il sostegno delle figure storiche del clan, avrebbe assunto la guida dell’organizzazione, affidandone la reggenza operativa sul territorio ad Ardizzone Giuseppe Agatino, detto “Peppe ca barba”.

Dall’altro lato, i fratelli Licciardello Giuseppe (“Peppolino”) e Alfio Cristian (“Merluzzo”), nipoti di Saretto “u Furasteri”, avrebbero contestato apertamente l’autorità del Distefano, rifiutando qualsiasi subordinazione e avanzando la pretesa di mantenere un’autonoma posizione di potere.

Ne sarebbe derivata una violenta escalation criminale, caratterizzata da condotte estremamente aggressive e spregiudicate, con scontri armati e reciproche azioni di ritorsione tra le due fazioni, culminate in agguati, intimidazioni e gravi atti di violenza anche fisica.

Emblematico, in tal senso, è l’evento del 19 aprile 2022, allorquando Licciardello Alfio Cristian avrebbe esploso colpi di arma da fuoco attingendo un negozio riconducibile al padre degli indagati Strano Gabriele ed Emanuele, in un atto di ritorsione armata seguito al pestaggio, avvenuto poco prima, ai danni di Tiralongo Carmelo, che sembrerebbe riconducibile alla fazione dei Licciardello.

L’episodio, verificatosi in pieno giorno e in area urbana, confermerebbe la capacità e la determinazione dei sodali a ricorrere senza esitazione all’uso delle armi per affermare il loro predominio.

La spietata competizione per il controllo del territorio e delle attività illecite, in particolare il traffico di sostanze stupefacenti, avrebbe così evidenziato l’elevata pericolosità dei sodali e la perdurante capacità offensiva del sodalizio mafioso.

Le indagini hanno, inoltre, permesso di accertare numerosi e gravi episodi di violenza e intimidazione che sarebbero avvenuti all’interno dell’area portuale di Catania, presso il complesso della “Vecchia Dogana”, dove alcuni degli indagati si sarebbero, di fatto, imposti all’interno del noto locale ECS Dogana Club (discoteca), attraverso l’uso sistematico della forza e del potere intimidatorio mafioso.

I predetti, agendo con disprezzo delle regole e della sicurezza collettiva, come risulta dal compendio indiziario acquisito, risulterebbe che avrebbero fatto ingresso quasi quotidianamente nel locale, forzando porte, uscite di sicurezza e vetrate, imponendosi con violenza e minacce nei confronti del personale della sicurezza, che veniva spesso anche aggredito fisicamente, al fine di ottenere accesso gratuito e consumazioni non pagate: tanto anche al fine di affermare il predominio sul territorio.

I ripetuti episodi, peraltro, avvenivano in serate in cui il locale risultava particolarmente affollato da giovani, con centinaia di avventori presenti, e venivano posti in essere senza alcuna considerazione per i gravissimi rischi per l’incolumità dei presenti.

Oltre agli episodi di violenza e aggressione, le indagini hanno evidenziato a livello di gravità indiziaria svariate richieste estorsive avanzate nei confronti del titolare del locale: tra le molteplici richieste estorsive sarebbe stata pretesa da Ardizzone Giuseppe Agatino e Miano Sebastiano una somma di 200,00 euro per serata, successivamente aumentata a 400,00 euro per singolo evento, per un importo variabile – a favore del sodalizio – tra 1200/1600 euro a settimana (all’epoca vi erano circa tre o quattro eventi a settimana).

La finalità sarebbe stata quella di garantire una presunta “protezione” contro i disordini che gli stessi indagati provocavano o strumentalizzavano all’interno del locale.

Le azioni sembrerebbero essere state poste in essere attraverso gruppi organizzati, composti da 20, 30, 50 e oltre elementi, che sarebbero riusciti ad accedere con la forza nel locale, approfittando e generando disordini proprio per convincere il titolare a cedere al pagamento delle somme a titolo estorsivo. Giova rilevare come sul medesimo esercizio commerciale sono stati monitorati interessi provenienti da più clan criminali che si sono contesi la gestione dell’estorsione ponendo in essere condotte contrassegnate da particolare gravità e violenza.

Tra gli episodi più eclatanti emersi dalle investigazioni:

  • nella notte tra 1’8 e il 9 aprile 2022, Ardizzone Giuseppe Agatino, Patané Giuseppe Santo e Gagliano Pietro, a capo di un gruppo di numerosi soggetti, sembrerebbero avere forzato l’ingresso del locale, minacciando il personale e i barman per ottenere consumazioni e bottiglie gratuite;
  • il 4 dicembre 2021, Miano Sebastiano, inteso “piripicchio”, con circa 30 soggetti, sembrerebbe avere sfondato la porta d’ingresso del locale e avere aggredito fisicamente uno dei soci, minacciando al contempo la devastazione del locale;
  • il 2 maggio 2022, Ardizzone Giuseppe Agatino e Pitarà Giuseppe (classe 2000), con altri soggetti, sembrerebbero avere forzato nuovamente l’ingresso e avere aggredito con particolare violenza un dipendente, lanciandogli contro una transenna e colpendolo con un pugno al volto.

Inoltre, anche Gagliano Pietro, vicino a Miano Sebastiano, avrebbe posto in essere azioni di forza: al rifiuto opposto dal titolare, sarebbe tornato successivamente accompagnato da un gruppo di 50 soggetti e avrebbe forzato l’ingresso. In un’altra occasione, lo stesso Gagliano per costringere la sicurezza e il titolare del locale a consentire l’accesso gratuito al locale, avrebbe minacciato quest’ultimo prospettando gravi ritorsioni al locale e con l’ausilio di almeno 50 soggetti a bordo di motorini.

Le attività investigative e le intercettazioni avrebbero documentato come tali condotte siano espressione di una precisa strategia di sopraffazione e di affermazione del controllo mafioso su quell’importante contesto cittadino, con l’obiettivo di soggiogare i gestori del locale e creare una stabile situazione di assoggettamento.

Nel corso della medesima attività investigativa, sono stati arrestati in flagranza di reato due degli odierni indagati, sorpresi mentre erano intenti a compiere attività illecite direttamente riconducibili all’organizzazione: entrambi per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, e uno di loro anche per la detenzione illegale di una pistola destinata – come risulterebbe dagli indizi raccolti – a essere impiegata in un progetto omicidiario.

Nello stesso periodo, sono stati inoltre denunciati a piede libero altri due soggetti, coinvolti in reati legati al traffico di stupefacenti.

Le articolate attività di riscontro, condotte attraverso numerose perquisizioni disposte da questo Ufficio e svolte dagli investigatori dell’Arma, hanno permesso di sequestrare armi da fuoco, rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, nonché 176 banconote da 20 euro false, pronte per essere immesse sul mercato.

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