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Giarre, operazione Jungo, chiuso il processo di secondo grado: le sentenze

Giarre, operazione Jungo, chiuso il processo di secondo grado: le sentenze

Per evitare la scadenza dei termini di custodia cautelare di alcuni imputati, la sentenza del processo d’appello Jungo (dal nome dell’operazione del carabinieri, del 2020) è stata anticipata allo scorso sabato. Tuttavia due posizioni sono state stralciate per l’incompatibilità di uno dei giudici della Corte.

Il Dispositivo. La Corte d’Appello di Catania, II Sezione ha rideterminato la pena nei confronti di Jonathan Mattia Savoca a 8 anni, Gaetano Torrisi a 2 anni, 8 mesi e 12mila euro di multa, Salvatore Sebastiano Tarda a 1 anno, 6 mesi e 3.000 euro di multa.

E’ stata invece concordata la condanna per Salvatore Grosso a 7 anni e 4 mesi, Orazio Leotta a 4 mesi e 1.000 euro  (in aumento ad un’altra sentenza), Angelo Cesarò,  7 anni e 4 mesi, Fabio Blanco,  3 anni, 4 mesi, 14 giorni e 15.187 euro di multa;  Valerio Sergio Distefano,  8 anni, Giuseppe Giamaglia,2 anni, 2 mesi e 4.000 euro di multa, Leonardo Cavallaro, 5 anni e 10 mesi, Antonino Grasso,  7 anni e 4 mesi, Antonello Iapicca 7 anni, Salvatore Tarda, 2 anni e 10 mesi e multa di 12.667 euro.

Confermata la pena per Fabio Leonardo Zappalà (8 anni), mentre Gaetano Torrisi è stato assolto per alcuni reati, per un’imputazione è stato determinato un preciso tempo di contestazione, per non aver «commesso i fatti».

E’ stata poi rigettata  la richiesta di concordato avanzata da Mario Tarda e Salvatore Santitto e, per questi ultimi, la Corte d’Appello di Catania,  ha rinviato la prosecuzione del procedimento al prossimo 24 gennaio davanti alla seconda sezione penale.

 

L’OPERAZIONE JUNGO

Su delega della Procura della Repubblica di Catania, i carabinieri della Compagnia di Giarre con il supporto dei militari del Comando Provinciale hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale etneo nei confronti di 46 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di “associazione di tipo mafioso”, “associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti”, “detenzione e spaccio di stupefacenti”, “estorsione” aggravata dal metodo mafioso, “lesioni” aggravate dal metodo mafioso.

Il provvedimento trae origine da una complessa indagine condotta dalla Compagnia Carabinieri di Giarre dal 2017 al 2018, mediante attività tecniche e dinamiche, ulteriormente riscontrate da dichiarazioni di più collaboratori di giustizia.

L’indagine è stata avviata per individuare coloro che, a vario titolo, operavano in una piazza di spaccio di sostanze stupefacenti di vario genere situata nel quartiere popolare “Jungo” di Giarre, attiva 24 ore su 24, grazie ai diversi turni di numerosi pusher, nel corso delle indagini venivano poi identificati altri indagati che si occupavano dell’approvvigionamento delle sostanze, di occultarle, confezionarle e rifornire regolarmente gli spacciatori al dettaglio.

I membri del Clan utilizzavano gli stessi metodi mafiosi anche per riscuotere con la forza i crediti legati agli stupefacenti (“io ti rompo le corna, tu o mi dai i soldi o mi dai il camion”) o per punire il rifiuto di spacciare o commettere rapine per conto dell’associazione, il tutto mediante violenti pestaggi, anche in pieno giorno e in luoghi pubblici e frequentati.

Inoltre le indagini accertavano come il gruppo rivendicava il ruolo di “autorità mafiosa” di riferimento a cui chiedere il benestare per avviare attività imprenditoriali, in particolare il montaggio itinerante di giostre (“prima che entri il camion lì dentro, devi venire a parlare con me!”), ipotizzando ritorsioni in caso contrario: “Se monta gli brucio tutte cose!”.

 

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