Per contenere i costi della macchina elettorale, il consiglio dei ministri ha scelto la data del 12 giugno 2022 per lo svolgimento delle prossime elezioni amministrative. Ma sarà election day.
All’elezione diretta dei sindaci è stata accorpata pure la consultazione referendaria con i cinque quesiti dichiarati ammissibili dalla corte costituzionale lo scorso febbraio: riforma del Csm, abolizione della legge Severino, limiti agli abusi della custodia cautelare, separazione delle funzioni dei magistrati e la loro equa valutazione.
Anche nei 120 Comuni siciliani chiamati alle urne per eleggere sindaco e consiglieri si voterà nella sola giornata di domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23. Lo ha deciso il governo Musumeci su proposta dell’assessore alle Autonomie locali, Marco Zambuto. Lo scrutinio delle schede per l’elezione del sindaco e dei consiglieri avrà inizio dopo la chiusura delle operazioni relative allo spoglio delle cinque schede della consultazione referendaria. Agli elettori saranno consegnate sei schede. Un gran da fare soprattutto per le sezioni elettorali, ma anche per gli elettori.
Per effetto dell’ultima riforma elettorale, anche questa volta, il sindaco proclamato vincitore trascinerà con sé nell’antica prestigiosa sede del palazzo municipale undici consiglieri indipendentemente dai voti ottenuti dall’unica lista a lui collegata; mentre il candidato sindaco che si classificherà secondo avrà diritto a sedere in consiglio comunale insieme ai quattro candidati consiglieri più votati nella sua lista.
Quella che va delineandosi nella città etnea sembra una situazione di sintesi, anche tra forze politiche, voluta dalla ratio del sistema maggioritario nei comuni fino a 15mila abitanti. Al momento, ufficialmente, si registrano due candidature a capo di due distinte coalizioni.
Da un lato il sindaco dimissionario Francesco Sgroi, dall’altro lato il suo major competitor alle scorse elezioni amministrative del 2018, Antonino Grillo.
Dopo il niet dei sindacati, Cgil compresa, e la netta posizione della locale segreteria politica di “Sinistra Italiana” – che attraverso un comunicato ha reso noto che allo stato attuale non ci sono i presupposti per la partecipazione alle prossime amministrative a Randazzo – sembra perdere forza la nascita di una terza lista che avrebbe potuto fare convergere le forze riconducibili al centro sinistra ed essere anche il contenitore della sinistra radicale. Pertanto, gli elettori di centro-sinistra, in assenza di un orientamento di voto ufficiale, avrebbero libertà di voto.
Con questo quadro politico-elettorale, perdurando così la situazione, il prossimo sindaco di Randazzo sarà, ovviamente, una figura condivisa dalla maggioranza dei votanti e non, invece, scelto da circa un terzo dei votanti, come si è verificato nel recente passato.
Riteniamo che questa situazione potrebbe essere una svolta politica che – a dire il vero – andrebbe completata con una progressiva cooperazione tra i vari gruppi anche se di estrazione ideologica diversa. Insomma, con le prossime elezioni ci sarebbe la possibilità di ottenere una sorta di risultato simil-proporzionale mediante la formazione di due liste ciascuna strutturata con candidati riconducibili a diverse sensibilità politiche che, naturalmente, dovranno garantire la governabilità.
Questo sarebbe il più importante e significativo segnale di cambiamento, di democrazia partecipativa e di modernità, una vittoria per Randazzo e per la sua precaria struttura sociale ed economica. Pertanto, tenuto conto del premio di maggioranza, ogni coalizione ha la possibilità di avanzare tout court una proposta politica di coinvolgimento degli altri gruppi o partiti in modo che nella nuova configurazione del consiglio comunale vi possa essere una rappresentanza quanto più ampia possibile della società civile.
L’assunto in sé non è originale né, tantomeno, ispirato da intenzioni consociativiste ma è una logica conseguenza che scaturisce dalle regole elettorali. È del tutto probabile che questo nuovo scenario potrebbe contribuire a far sorgere un’auspicabile opportunità di confronto serrato e di dialogo per mitigare sia i pregiudizi sia i contrasti.
L’opinione pubblica in ogni campagna elettorale si chiede: ma i portatori della svolta saranno i giovani?
In politica non sempre gli aggettivi “nuovo” o “giovane” sono sinonimi di affidabilità, di efficienza ed efficacia, né di esperienza amministrativa. Prima di aspirare alla carica elettiva ci si dovrebbe formare, conoscere i problemi e frequentare con interesse la politica e le istituzioni. Purtroppo, le nuove generazioni stanno crescendo, generalmente, senza stimoli politici e senza un’identità ideologica da cui assimilare una lezione. L’indifferenza e il disprezzo nei confronti della politica e dei problemi sociali imperano sovrani.
I giovani, dal canto loro, sebbene siano più scolarizzati di un tempo, oggi hanno uno svantaggio sostanziale dal momento che non esistono più i partiti, quelli storici che insegnavano ideologie, ma anche la politica pratica e il suo svolgimento istituzionale.
Nonostante i limiti dell’esperienza umana del sistema politico nazionale, l’associazionismo cattolico e i partiti tradizionali (Dc e Pci in primis) furono fucine di formazione di personalità socialmente e culturalmente rilevanti e soprattutto di disciplina politica. Oggi si sente la mancanza di una classe dirigente giovane che possa garantire il ricambio generazionale con competenza politico-istituzionale e amministrativa.
Infine, gli elettori! Il pomo della discordia. Essi dovrebbero essere sentinelle che non abbandonano al loro destino gli “eletti”. L’entusiasmo e la vivacità che contraddistinguono la fase finale di ogni competizione elettorale comunale siano duraturi. Il corpo elettorale segua lungo il percorso, con costanza e attenzione, le attività politiche e amministrative pretendendo un ruolo propositivo attraverso una civile e ordinata partecipazione alla gestione della cosa pubblica mediante gli strumenti di consultazione popolare, entrambi previsti dallo Statuto comunale. In tal senso Randazzo è in ritardo e mancano persino i regolamenti attuativi dei principi statutari per tutte le forme di consultazione e di partecipazione popolare.
Insomma, si ponga fine alla faziosità, al disinteresse e al modello distruttivo del “tanto peggio tanto meglio” e non si pensi che la classe politica sia di norma assai peggiore dei cittadini che rappresenta.
Gaetano Scarpignato