Riposto, Operazione Iddu: 20 anni al boss ripostese Benny La Motta -
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Riposto, Operazione Iddu: 20 anni al boss ripostese Benny La Motta

Riposto, Operazione Iddu: 20 anni al boss ripostese Benny La Motta

Pesanti condanne nel processo stralcio abbreviato denominato “Iddu” dall’omonima operazione antimafia dei carabinieri che ha neutralizzato lo scorso anno la “cellula” santapaoliana a Riposto. Venti anni di reclusione per il boss  Benny La Botta, 9 anni, invece,  per la moglie Grazia Messina.

Queste le altre condanne: Giovanni Bonaccorso, 6 anni di carcere e 6 mila euro di multa, Abdelmajid Boualloucha, 11 anni e 4 mesi, Massimiliano Mancuso, 11 anni e 4 mesi, Giuseppe Campo, 12 anni, Cateno Mancuso, 12 anni, Liborio Previti, 12 anni, Ornella Cartia, 7 anni e 4 mesi, Andrea Sapienza, 7 anni e 4 mesi, Paolo Castorina, 6 anni 12 mesi e venti giorni, Andrea La Spina, 6 anni 12 mesi e venti giorni,  Giovanni Russo, 9 anni, Salvatore Marletta, 4 anni, 8 mesi e 22 mila euro di multa.

 

L’OPERAZIONE IDDU

Con l’operazione Iddu condotta dai carabinieri della compagnia di Giarre al comando del cap.Fabrizio Rosati, è stata disarticolata una organizzazione criminale radicata nel territorio che spadroneggiava nel campo delle estorsioni e nella gestione del traffico della droga, facendo leva sullo spessore criminale del clan. 22 gli arrestati ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso”, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione aggravata, lesioni aggravate, tutte commesse con l’aggravante del metodo mafioso. I carabinieri hanno ricostruito l’ingente volume d’affari illegali, il sistema di gestione delle piazze di spaccio h 24, le modalità di approvvigionamento e la cessione di cocaina, marijuana e hashish, oltre al mantenimento degli affiliati detenuti.

Indagini che hanno consentito di delineare anche numerosi episodi di violenza sfrenata come il pestaggio a sangue di un ladruncolo ripostese reo di avere messo a segno – in autonomia – una rapina in danno di una pizzeria di Riposto che risultava però “coperta” dal gruppo di La Motta, versando regolarmente il pizzo e che pertanto essendo sotto l’”ombrello” del clan non poteva essere soggetta ad alcun tipo di azione predatoria. Episodio dietro il quale i carabinieri hanno anche accertato il ruolo preminente della moglie di La Motta, Grazia Messina, operativamente subentrata al marito nel periodo in cui, nel dicembre del 2017, era finito in manette su ordine di carcerazione. La donna, stando all’accusa contestata, facendo le veci del marito, non solo riceveva i proventi delle estorsioni, ma dimostrava di saper amministrare anche la giustizia criminale quando, per l‘appunto, in occasione della predetta rapina “autonoma” ai danni di una pizzeria sottoposta al pizzo, avrebbe commissionato il pestaggio, proprio per non dare segni di debolezza.

 

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