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Mineo, ora il business del migrante mette paura

Mineo, ora il business del migrante mette paura

Fonti attendibili confermano che sono pronti i primi avvisi di garanzia. L’Antimafia regionale incontra il prefetto Marcone. Musumeci: ”È emerso un quadro interessante, contrassegnato da omissioni, abusi, complicità, ma talvolta anche da attività trasparenti e apprezzabili”.

Le strutture di accoglienza e di trattenimento degli immigrati in Sicilia, il ruolo delle Prefetture e degli Enti Locali, la scomparsa di quasi duemila minori non accompagnati, il fenomeno del caporalato nelle campagne: questi i temi affrontati dalla Commissione regionale Antimafia nel corso dell’audizione del prefetto Mario Morcone, capo Dipartimento Immigrazione del Ministero dell’Interno.
«Abbiamo focalizzato l’attenzione soprattutto sul Centro Cara di Mineo, sugli Sprar e su quello che sembra essere diventato in Sicilia un vero e proprio “business” dell’immigrato – ha detto il presidente della commissione Antimafia Nello Musumeci». «È emerso un quadro interessante, contrassegnato da omissioni, abusi, complicità, ma talvolta anche da attività trasparenti e apprezzabili. Lavoriamo da mesi su questo fronte, incontrando anche il sospetto ostracismo di certa burocrazia. Capiremo presto se si tratta di ingiustificata prudenza o di inammissibile connivenza».
Parlava senza peli sulla lingua, Odevaine nelle conversazioni intercettate dai Ros e depositate agli atti dell’inchiesta Mafia Capitale. I Centri di accoglienza su cui operava la “premiata ditta”, Buzzi e Carminati, erano tre: San Giuliano di Puglia,  quello in costruzione a Castelnuovo di Porto e Mineo.
Uno dei filoni dell’inchiesta “Mafia Capitale”, punta dritto all’Isola e al lucroso affare per politici amministratori e criminalità organizzata rappresentato dal sistema dell’accoglienza. Non a caso alcune delle carte dei Pm di Roma sono passate nelle mani dei magistrati alla Dda di Catania e un fascicolo è stato apero anche dalla Procura di Caltragirone. Nelle ultime settimane si è riacceso un allarme terrorismo mai sopito e si cerca di approfondire l’ipotesi che nell’Isola possa essere operativa una rete jihadista.
Per la mafia romana l’emergenza immigrati era un grande business: i fondi per i centri d’accoglienza  un piatto ricco e la criminalità, secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, fa in modo che una parte di questi finanziamenti finisca nelle tasche delle cooperative amiche. E proprio a Mineo si realizza una perfetta formula matematica: l’emergenza che si fa business e crea profitto. Un posto dove gli immigrati arrivano e per un lungo periodo di tempo non vanno più via perché, forse, a qualcuno conviene così, ospiti di una struttura che può contenere massimo 2 mila persone e mediamente se ne contano 4 mila.
Un intreccio fra politica locale, amministratori di cooperative, affaristi di dubbia provenienza, tutti attratti da soldi e voti a gogò, in maniera sfacciatamente bipartisan.
Intanto, secondo indiscrezioni, stanno per partire i primi avvisi di garanzia dalle procure di Catania e Caltagirone che hanno aperto dei fascicoli per fare chiarezza su un sistema che costa alle casse dello Stato e ai cittadini decine di milioni di euro ogni anno.

Salvo Reitano

fonte sito partner siciliajournal.it

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