Murazzuruttu, sono 69 anni… di dolore -
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Murazzuruttu, sono 69 anni… di dolore

Murazzuruttu, sono 69 anni… di dolore

Randazzo: al cippo in pietra lavica è stato commemorato l’anniversario della morte dei caduti dell’Evis e di tutti i siciliani morti per l’affermazione del diritto del popolo siciliano

 A Randazzo, presso il cippo in pietra lavica di Murazzuruttu (nella foto), è stato commemorato il 69° anniversario della morte, dei caduti dell’Evis (Esercito Volontario Indipendenza della Sicilia), Antonio Canepa, (Mario Turri) capo dell’Evis, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, avvenuto il 17 giugno 1945. Sono stati pure ricordati i giovani indipendentisti morti in date diverse ma nello identico tragico contesto storico e politico: Francesco Ilardi (morto alcuni giorni dopo per altre circostanze), Raffaele Di Liberto, Pasquale Macaione. Canepa, Rosano, Lo Giudice, Ilardi riposano in un tomba comune, nel viale degli uomini illustri al cimitero di Catania. Ricordati anche Salvatore Lo Casto, Corrado Mirto, Felice Budano (ultimo guerrigliero dell’Evis), morti negli ultimi mesi e tutti i siciliani, famosi o sconosciuti, che hanno sacrificato la loro vita per la causa siciliana per affermare il diritto del popolo siciliano.

Alla commemorazione hanno presenziato Giuseppe Scianò, presidente nazionale di FNP (Fronte Nazionale Siciliano), il presidente nazionale del MIS (Movimento Indipendenza della Sicilia), Salvatore Musumeci, che hanno pronunciato discorsi di circostanza lodando il coraggio e l’atto eroico di Canepa, Rosano, Lo Giudice. Sono intervenuti anche Francesco Crupi, del Movimento dei forconi; l’ex sindaco di Randazzo, Salvatore Agati; da Calamonaci (AG) è arrivato il consigliere comunale, coordinatrice femminile del MIS della provincia di Agrigento, Serafina Palminteri, e tanti siciliani, con numerosi interventi.

Lo scontro, come detto, si consumò il 17 giugno del 1943. Erano in sei, su un motofurgone: Antonio Canepa, Giuseppe Lo Giudice, Carmelo Rosano (i tre morti), Giuseppe Amato, Nino Velis (che riuscirono a scappare) e Armando Romano (ancora vivo, fu messo dentro la bara, si salvò in quanto il custode del cimitero di Jonia, Isidoro Privitera, si accorse che ancora respirava). Quindi, nello scontro furono coinvolti sei indipendentisti e tre i carabinieri (come dicono), ma è probabile che dovevano essere in molti, e ci sia stata una battaglia con tanti colpi. Nella vicenda ci furono, e ci sono, tanti lati oscuri non chiariti, nemmeno con le testimonianze che resero, al tempo, Amato, ora deceduto, e Saro Fasanaro, anche lui passato a miglior vita. Nemmeno con quelle che siamo riusciti a raccogliere, nel corso degli anni, da persone che assistettero allo scontro, si è giunti ad una ricostruzione definitiva.

Alla commemorazione del 2010, era presente il signor Vincenzo Cinconze, nato e vissuto a Randazzo, che all’epoca dei fatti aveva 23 anni, che raccontava: “Erano circa le 6.30, io, mio fratello, che aveva 25 anni, mia sorella e mio padre con il nostro carretto stavamo andando a lavorare nelle nostre campagne. Passando dal luogo dello scontro abbiamo sentito due semplici colpi di fucile, ma per paura ci siamo allontanati. La sera, ritornando a casa, mi sono recato nella “camera” dei separatisti ed ho saputo che c’erano stati dei morti, ed anche chi erano”. Pare che i morti ed i feriti portati all’ospedale di Randazzo anzichè curati, furono martoriati per farli morire.

Michele Milazzo

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