In tante scuole chiesto ai genitori un “contributo per il funzionamento didattico”: cresce la protesta delle famiglie -
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In tante scuole chiesto ai genitori un “contributo per il funzionamento didattico”: cresce la protesta delle famiglie

In tante scuole chiesto ai genitori un “contributo per il funzionamento didattico”: cresce la protesta delle famiglie

La scuola pubblica è all’osso e accade, come si sta verificando in tante scuole di Catania e provincia, che ai genitori venga chiesto “un contributo volontario” in euro, per sostenere le attività scolastiche.
Non tutti i genitori hanno “digerito” questa richiesta ed hanno inoltrato ai dirigenti scolastici interessati la loro contrarietà.

A questa “opposizione”, quasi tutte le risposte dei dirigenti scolastici dicono che è il Consiglio d’Istituto – di cui fanno parte anche i  rappresentanti dei genitori e degli alunni – che stabilisce l’entità del “contributo volontario”.

Ma, qual è l’utilizzo di questo “contributo volontario”? E’ presto detto: per il funzionamento amministrativo generale, per il funzionamento didattico, per l’assicurazione, per i libretti per le giustificazioni, per le pagelle, per il materiale per la pulizia dei locali, per il funzionamento e manutenzione degli eventuali laboratori, per i sussidi didattici, per il materiale sportivo, per la carta per le fotocopie, per i registri, per la carta igienica… Presto toccherà alle famiglie degli studenti pagare le bollette dell’Enel e dell’acqua: stiamo parlando di scuola pubblica e obbligatoria!

E, considerato che la Costituzione, in questo periodo è al centro dell’attenzione, non si può non notare che, all’articolo 34, è palese il principio dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione, articolo esteso anche all’attuale normativa, che include i primi tra anni dell’istruzione secondaria superiore. Insomma, fino al terzo anno delle “superiori”, la frequenza alla scuola dell’obbligo è gratuita.

E a livello ministeriale, quale campanella suona sul “contributo volontario”, che diventa, praticamente, obbligatorio?
“Appare evidente – si legge in una nota del MIUR – che subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo non solo  è illegittimo, ma si configura, per i soggetti che sono responsabili della gestione, come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio. Quindi, qualunque  discriminazione ingiustificata a danno degli studenti derivante dal rifiuto di versamento del contributo in questione risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio dei singoli. Si invitano, pertanto, tutti i dirigenti scolastici ad astenersi, sia all’atto dell’iscrizione che nel corso dell’anno scolastico, da qualunque comportamento volto ad esigere coattivamente il versamento di contributi il cui carattere resta assolutamente volontario… tutto ciò, finalizzato esclusivamente a salvaguardare il diritto allo studio dei singoli…”.

A questo punto sorgono, da se, due domande. Con quale autorità, e conferita da chi, nelle scuole pubbliche italiane, il Consiglio d’Istituto decide le cifre che i genitori “volontariamente” devono versare alla scuola? Come è possibile che lo stesso MIUR – che ha imposto la mobilità-deportazione,  istituito i presidi-padroni e sceriffi, i bonus premiali e i provvedimenti antidemocratici introdotti dalla “riforma” Giannini, che stanno, di fatto, determinando la fine della scuola pubblica – riesca ad asserire “di salvaguardare il diritto allo studio dei singoli”?

Nel paese della “Buona Scuola” Renzi – Giannini c’è anche da chiedersi: ma la scuola pubblica, laica e partecipata, quando ritornerà a svolgere un ruolo di formazione e di crescita?
Intanto tanti genitori continuano a scrivere ai dirigenti scolastici, a protestare contro il contributo volontario, che è obbligatorio. E, se a qualcuno dei genitori venisse l’idea di unirsi alle proteste degli insegnanti e degli studenti?

Orazio Vasta

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