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Francavilla, presentato il libro “Etna, il nemico sbagliato”

Francavilla, presentato il libro “Etna, il nemico sbagliato”

Zafferana Etnea, 14 dicembre 1991: nella cittadina pedemontana il Natale è ormai alle porte, la corsa agli ultimi regali è già cominciata e nelle case cresce l’attesa per le festività imminenti.

Ma per i cittadini zafferanesi non sarà un Natale come tutti gli altri; a rischiarare le loro notti, infatti, non saranno più le luminarie pubbliche, ma i bagliori di fuoco delle esplosioni e i forti boati provenienti dalle fenditure eruttive che si sono aperte durante la notte sul fianco orientale del vulcano più grande d’Europa e tra i più attivi del mondo: l’Etna.

Sarà l’inizio di una nuova e imponente eruzione vulcanica, la più lunga del XX secolo. A distanza di trent’anni da quell’evento eccezionale, a farci rivivere oggi quei giorni emozionanti è un libro documento, dal titolo “Etna il nemico sbagliato. Il drammatico confronto tra la Natura e l’Uomo nel corso dell’eruzione etnea del 1991-1993”, (edito da Etabeta), di Marco Neri, geologo, divulgatore scientifico, Primo Ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, Osservatorio Etneo; il testo è corredato con le spettacolari fotografie di Alfio Amantia.

La pubblicazione, sugli scaffali delle librerie dallo scorso giugno, è stata presentata sabato scorso, 3 dicembre, nella cittadina dell’Alcantara, presso la Sala della Colonna di Palazzo Cagnone, in un incontro organizzato dalla Pro Loco di Francavilla di Sicilia, con il patrocinio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, e del Comune alcantarino.

“La Pro Loco non è soltanto spettacoli e divertimento – ha detto la presidente Loredana Lombardo – ma è anche cultura del territorio e per il territorio, siamo un bel gruppo, la settimana scorsa ci siamo occupati dell’evento “sotto il vulcano TRAIL”, una gara del circuito di Etna Trail, oggi siamo qui a parlare di geofisica e vulcanologia”.

In apertura, i saluti istituzionali del sindaco Vincenzo Pulizzi e il rito della benedizione inaugurale impartita dall’arciprete padre Gerry Currò.

A coordinare l’evento, la dr.ssa Lucia Cacciola, collaboratrice presso l’INGV – OE di Catania, la quale, dopo aver presentato gli autori ospiti della manifestazione e ringraziato il pubblico, accorso numeroso nonostante le avversità atmosferiche, ha dato la parola al fotografo professionista Alfio Amantia, le cui opere saranno in esposizione nella mostra “Dall’alto del Vulcano”, inaugurata contestualmente alla presentazione del libro e che sarà aperta ai visitatori fino al prossimo 7 gennaio.

La peculiarità di queste fotografie – ha spiegato Amantia – sta proprio nel titolo della mostra, “Dall’alto del Vulcano”, perché sono state realizzate tutte esclusivamente con elicottero, aerei e velivoli ultraleggeri, a quote anche di 6 – 7 mila metri di altitudine; quindi, non sono state fatte sull’orlo del cratere, ma con il supporto aereo, e alcune sono state realizzate con aerei militari, da un punto di vista inusuale”.

Dalle immagini alle parole, quelle di Marco Neri: “Io questa sera vi racconterò solo di un aspetto del vulcano, e per farlo prenderò spunto da una delle eruzioni più pericolose che sono avvenute negli ultimi 350 anni, quella che è iniziata nel tardo dicembre del 1991 ed è finita un anno e mezzo dopo”.

“Quella eruzione – ha detto l’autore – ha messo in reale e serio pericolo un’intera cittadina, Zafferana Etnea, e ha mostrato la fragilità del nostro territorio, come sta succedendo in questi giorni a Ischia. La natura, in genere, si manifesta in vari modi; nel nostro caso, l’Etna, il vulcano più alto d’Europa e anche uno dei più attivi del mondo, si manifesta con delle eruzioni che avvengono a bassa quota con delle colate di lava che si possono espandere anche a quote molto basse, anche a quote ritenute impossibili da raggiungere, perché gli uomini hanno la memoria corta, ma in realtà la stessa Catania è stata raggiunta più volte dalle lave in epoca storica, come Zafferana”.

In seguito di narrazione, Marco Neri ha messo in evidenza il contesto analogico in cui si manifestò l’eruzione, quando ancora non esistevano gli smartphone e tutto era affidato alla funzionalità delle macchine fotografiche reflex con la pellicola e alla grande abilità del fotografo, nel nostro caso Alfio Amantia.

Fresco di laurea, borsista del CNR, Marco Neri fu subito mandato sul fronte lavico per seguire da vicino l’eruzione: “Momenti drammatici, certo, ma a me sembrava di toccare il cielo con un dito, cielo peraltro “toccato” da Alfio Amantia, più esperto di me, il quale stava sull’elicottero, insieme al professore Villari, a fotografare dall’alto lo scenario”.

A questo punto, l’autore entra nel vivo del racconto, illustrando le fasi iniziali dell’eruzione, di come il fronte lavico si fosse inoltrato all’interno della Valle del Bove, che sarà percorsa in tutto il versante meridionale, coprendo anche la Val Calanna, da cui poi il magma uscirà per trabocco dirigendosi pericolosamente verso Zafferana Etnea.

Con l’ausilio di un proiettore di immagini, il ricercatore ha spiegato in breve come “funziona” un vulcano, e in particolare l’Etna: la camera magmatica, il camino vulcanico, le bocche sommitali, soffermandosi soprattutto sulle eruzioni provenienti da bocche laterali, le più pericolose perché si possono aprire a quote basse.

“Fu quello un evento naturale che mobilitò tutti ai massimi livelli, perché per la prima volta, in epoca recente, una cittadina veniva veramente minacciata dall’avanzata della lava, dopo che l’eruzione del 1928 aveva distrutto Mascali, che sarà ricostruita più a valle”, e Marco Neri ripercorre quindi le affannose e concitate giornate precedenti e successive alla costruzione dell’enorme terrapieno che avrebbe dovuto fermare, come una diga, l’avanzata della lava, ma l’eruzione non si arresta, il magma, dopo aver colmato la Val Calanna, tracima e travolge le prime costruzioni.

Nella popolazione zafferanese, intanto, sale la tensione e montano le proteste, perché il fronte lavico, favorito dalla pendenza del terreno, acquista velocità e si comprende che la lava in poco tempo sarebbe arrivata dentro la cittadina etnea.

Il clima mediatico attorno all’eruzione si fa sempre più rovente, come la lava, quella vera e distruttiva che si “ingrotta” nella Valle del Bove per riemergere più a valle con le cosiddette “bocche effimere”, da cui la massa lavica sgorga incandescente e fluida.

Occorre cambiare strategia e quindi scatta “l’operazione tappo”, ma ci fermiamo qui, lasciamo che siano i lettori a immergersi nella narrazione di Marco Neri, di come Zafferana Etnea fu salvata, dell’eroica impresa di “Saro Ruspa”, al secolo Rosario Di Carlo, e dei drammatici momenti precedenti l’intervento di deviazione della colata lavica, un’operazione altamente rischiosa e dagli esiti incerti, ma che andava fatta, racconta Marco Neri, e che fu un successo di uomini e mezzi, ma non priva di conseguenze dal punto di vista naturalistico, perché la lava, deviata all’interno della Valle del Bove, continuò a lungo la sua avanzata, ramificandosi e distruggendo ciò che era stato prima risparmiato dal vulcano, come narra l’autore nelle ultime, significative pagine del suo libro.

“Io non lo so esattamente che cosa è giusto e cosa è sbagliato – conclude l’autore – ma vi posso garantire che una deviazione come quella operata nel 1992, al di fuori della Valle del Bove, oggi non si potrebbe mai fare: l’hinterland catanese è cosparso di città, il territorio è così omogeneamente urbanizzato che non potrei fare una scelta, dovrei decidere semplicemente di lasciar fare alla natura il suo corso e quindi se volete, alla fine, è di questo che stiamo parlando, e il titolo del libro “Etna il nemico sbagliato” ha questo senso: che noi non possiamo confrontarci con i fenomeni naturali come se fossimo noi i “padroni di casa”, ma siamo gli ospiti, dobbiamo imparare a convivere con l’Etna, con questi eventi piovosi particolarmente intensi (riferito al violento temporale in corso durante la presentazione del libro) e con molti altri che caratterizzano la superficie terrestre, in particolare L’Etna: non ha senso espandere le città a quote troppo alte, vicine alle bocche eruttive, perché prima o poi queste città verranno spazzate via, e non ci sarà intervento di deviazione che possa mai essere prodotto”.

“Quindi il messaggio è che non è l’Etna a essere “sbagliato”, in un certo senso siamo noi; dobbiamo rimodulare, riformulare il criterio con cui immaginiamo l’espansione delle nostre città e cercare di rapportarci meglio, in modo più sereno con la natura che ogni giorno di più ci sta mostrando quanto possa essere difficile convivere in contesti complicati”.

Luigi Lo Presti

Foto: da sinistra Marco Neri, al centro Alfio Amantia, e la dr.ssa Lucia Cacciola; nell’altra immagine, la locandina della mostra fotografica “Dall’alto del Vulcano”.

 

 

 

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