"Ambulanza della morte", barelliere arrestato dopo condanna -
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“Ambulanza della morte”, barelliere arrestato dopo condanna

“Ambulanza della morte”, barelliere arrestato dopo condanna

 

I carabinieri del comando provinciale di Catania hanno arrestato Agatino Scalisi, uno dei barellieri imputati nell’ambito dell’inchiesta ‘Ambulanza della morte’.  Il provvedimento, richiesto dalla Procura, fa seguito alla condanna dell’uomo a 30 anni di reclusione per di omicidio volontario pluriaggravato ed estorsione aggravata dall’avere favorito attività illecite di clan mafiosi. La sentenza è stata emessa il 25 novembre scorso dal Gup Carla Valenti, che ha accolto la richiesta del Pm Andrea Bonomo, a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato.

Secondo la ricostruzione della Procura Distrettuale, basata su dichiarazioni di testimoni e parenti delle vittime, condivisa dal Giudice, i malati sarebbero stati uccisi durante il trasporto con ambulanza privata dall’ospedale di Biancavilla alle rispettive abitazioni, tramite iniezioni di aria per via endovenosa procurando il loro decesso per embolia gassosa e sostenendo che erano morti per cause naturali. Obiettivo guadagnare i 200-300 euro di ‘regalo’ che la famiglia gli avrebbe dato per la ‘vestizione’ della salma. Soldi che sarebbero stati poi divisi con i clan mafiosi di Biancavilla e Adrano. Scalisi, che aveva scelto il rito abbreviato, è stato condannato per un solo episodio di omicidio commesso ai danni di una anziana signora gravemente malata, trasportata il 05 aprile del 2014.

Un altro barelliere, Davide Garofalo, è stato già condannato dalla Corte d’Assise di Catania il 20 maggio del 2021 per tre diversi episodi di omicidio aggravato commessi tra il 2014 e il 2016, ed ha presentato appello contro la sentenza. Entrambi sono stati inoltre condannati per estorsione aggravata ai danni della ditta di onoranze funebri dei fratelli Arena Giuseppe e Luca, poi divenuti testimoni di giustizia. L’inchiesta della Procura di Catania era scaturita da un servizio de ‘Le Iene’. Sul caso hanno indagato i carabinieri della compagnia di Paternò e del comando provinciale di Catania.

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