Processo Lombardo: “quando Angelo uscì rosso come un peperone” -
Catania
20°

Processo Lombardo: “quando Angelo uscì rosso come un peperone”

Processo Lombardo: “quando Angelo uscì rosso come un peperone”

Angelo Lombardo ieri pomeriggio era presente in Aula al dibattimento di primo grado che lo vede imputato per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.
L’udienza ha confermato circostanze già note: dopo Totò Cuffaro la mafia considerava “affidabile” Raffaele Lombardo.
Negli anni intorno al 2008 – a cui risale l’elezione a presidente della Regione Siciliana di Raffaele Lombardo – la mafia sfodera un interesse particolare al controllo degli appalti pubblici. Tanto emerge dalle dichiarazioni rese ai pm Piero Fanale e Agata Santonocito, ai magistrati e agli avvocati da Maurizio Li Gati, il collaborante già uomo d’onore della famiglia di Cosa Nostra agrigentina, imputato per reato connesso al processo all’onorevole Angelo Lombardo. C’è l’organizzazione da mantenere, con tutti i suoi “uomini“ assoldati per rapine, estorsioni, spaccio, che però lamentano di guadagnare “neppure mille euro al mese”. È il caso di S. S. – anch’egli imputato per reato connesso al processo nei confronti di Angelo Lombardo –, che decise di consegnarsi ai carabinieri e diventare un collaborante per sfuggire ai ricatti, che non cessavano nonostante avesse restituito tutto il debito ovvero trentamila euro saliti a sessantamila stante il tasso di interesse mensile del 13%. Denaro che aveva chiesto in prestito “per rilanciare la sua attività di commerciante ambulante”, abiti in vendita sulla bancarella nonostante la disponibilità con la famiglia Santapaola-Ercolano: “ero io l’accompagnatore per le estorsioni – racconta S.S. in videoconferenza –, ho preso parte a diverse rapine, ho spacciato; una sola cosa ho evitato di fare, di trasportare armi perché a me le armi sono mai piaciute”.

Lo stesso S. S. all’udienza ha aggiunto un tassello che dovrà essere soppesato dal collegio giudicante, presieduto da Anna Grazia Caserta collaborata da Eliana Tripasso e dal giudice onorario Cinzia Civello. Si tratta del ricordo di un episodio avvenuto nella sua villa, all’epoca del fatto abitata dalla mamma. Lì, Angelo Lombardo avrebbe incontrato verso la fine di maggio del 2008 quattro uomini di fiducia dei Santapaola-Ercolano, uno dei quali si chiama Rosario Tripodi. S. S. mette a disposizione la villa, ma né lui né l’altro padrone di casa, vale a dire sua madre, sono invitati a partecipare all’incontro. La serata “non finì tra gli applausi”, dichiara sarcasticamente S. S., ricordando l’esagitazione del colloquio tra i quattro ed Angelo Lombardo, condito dal rumore che fanno le sberle. “Quando Angelo Lombardo uscì dalla stanza per salire nella sua vettura dove l’attendeva l’autista, era rosso in faccia, come se avesse preso due schiaffi”, ricorda S. S..
Promesse non mantenute che fecero irritare la famiglia? Sì, secondo la moglie di Eugenio Sturiale, anch’ella sentita ieri in videoconferenza perché indagata per reato connesso. La donna racconta di un colloquio con una persona molto vicina alla sua famiglia, a proposito delle menate “prese da Angelo Lombardo perché non aveva mantenuto certe promesse”.
Nonostante il tiro incrociato di domande della Difesa, rappresentata dagli avvocati Calogero Licata e Piero Granata, S. S., Maurizio Li Gati e la moglie di Eugenio Sturiale non smentiscono tutto quanto dichiarato sino ad oggi nei diversi colloqui con l’autorità giudiziaria.
A sera tarda il presidente decide di proseguire il 22 giugno con altri tre testi dell’Accusa, ma non prima che l’avvocato Laura Biondo abbia dichiarato che Vincenzo Aiello non è un collaboratore di giustizia, invitando alla rettifica tutti gli organi di stampa che hanno erroneamente diffuso quella notizia.

Flora Bonaccorso

 

Potrebbero interessarti anche