Cara di Mineo: ennesima storia di malaffare? -
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Cara di Mineo: ennesima storia di malaffare?

Cara di Mineo: ennesima storia di malaffare?

Il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, senza giri di parole ha definito la gara per la gestione del Cara di Mineo “lesiva della concorrenza, parziale, senza alcuna trasparenza e criteri di economicità”. Uno tsunami che si abbatte sull’appalto del mega centro di accoglienza, che vantava la supervisione di Luca Odevaine già finito nelle intercettazioni di “Mafia Capitale”. Proprio nella commissione che ha aggiudicato l’appalto sedeva, con un ruolo non certo marginale, proprio Odevaine, riferimento del re delle cooperative sociali Salvatore Buzzi, finito agli arresti per i suoi rapporti con quel Massimo Carminati, imperatore incontrastato della “cupola romana”.

mineoA bandire l’ultima gara era stato il “Consorzio calatino Terre d’accoglienza”, presieduto dal sindaco di Mineo, Anna Aloisi, del Ncd e referente sul territorio del sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, braccio destro del ministro Angelino Alfano, “creatore” del Cara nel 2011, nominato come presidente della Provincia di Catania dall’allora ministro Roberto Maroni “soggetto attuatore per l’emergenza immigrazione”.

L’importante gara sembrava disegnata su misura. L’appalto, senza girarci intorno, era proprio quello per la gestione dei servizi al Cara di Mineo, una camionata di milioni di euro, cento per l’esattezza. Faceva parte della commissione che lo scorso luglio ha assegnato l’appalto per conto dell’ente gestore, il “Consorzio calatino Terre d’accoglienza” che raggruppa alcuni i Comuni della zona, quel Luca Odevaine del quale sappiamo già tutto.
L’impresa o il raggruppamento d’imprese che vi potevano partecipare dovevano avere esperienze molto specifiche e particolari requisiti dalla ristorazione alla manutenzione degli alloggi della Pizzarotti, l’azienda di Parma proprietaria degli immobili del Cara di Mineo che, guarda caso faceva già parte della cordata che ha poi vinto la gara. Insomma si offriva una chiara posizione di vantaggio all’Ati uscente.

Dalle intercettazioni di “Mafia Capitale” emergeva con chiarezza il ruolo di Odevaine e il balletto dei nomi che si rincorrono da Roma a Mineo nella gestione dei migranti come quiello dell’ex presidente della Provincia di Catania. In diverse intercettazioni Odevaine, che sedeva al tavolo nazionale sull’immigrazione nominato nel 2011 dall’Unione province guidata da Castiglione, fa riferimento ai Cara di Bari e a Mineo e all’incremento dei posti in vari centri di accoglienza. Odevaine aveva un ruolo chiave a Roma, perché sedeva nel tavolo nazionale, ma soprattutto nell’Isola: consulente di Castiglione prima e della Aloisi poi, sedeva nella commissione che ha aggiudicato lo scorso luglio il mega appalto da 100 milioni di euro per la gestione del Cara, ora al vaglio di Cantone, e sedeva anche nella commissione che nel 2012 aveva aggiudicato la prima gara, vinta dalle stesse imprese.
Insomma, un appalto blindato, con l’azienda vincitrice “La Cascina Ristorazione”, che avrebbe pagato al componente della commissione aggiudicatrice un compenso di 10 mila euro al mese, stando a quanto sostiene lo stesso Odevaine che, nelle intercettazioni, parlando del bando aggiungeva: ”Sarà difficile che se lo possa aggiudicare qualcun altro”.
Inevitabilmente, quanto ora scrive l’Autorità anticorruzione su questa vicenda, ci restituisce una politica fatta di corruzione, bustarelle e tangenti dei privati pronti a pagarle pur di assicurarsi appalti e forniture.
Per Cantone i servizi dovevano essere messi a gara in “lotti autonomi”. Inoltre, nell’appalto, la gara era stata fissata a 97 milioni di euro. “Una clusola che risulta in contrasto con i principi della trasparenza, non essendo stati individuati gli importi per le singole attività in affidamento – dice Cantone –. L’assenza di concorrenza e convenienza per la stazione appaltante è dimostrata dal fatto che v’è stato solo un concorrente che ha partecipato alla procedura, il gestore uscente, cui è stato aggiudicato l’appalto con un ribasso molto ridotto, pari all’uno per cento”.

“Per questo motivi – conclude Cantone – la procedura utlizzata è illegittima e tutti gli atti vengono inviati alle Procure competenti”. Più chiaro di così. Il diavolo, in questi casi, sta nei dettagli. E non solo, visto il siluro partito dall’Autorità nazionale anticorruzione.

Abbiamo l’impressione che chi si è cacciato in questi guai ha ora bisogno di un gioco di prestigio per tirarsi fuori e non è detto che vi riesca.

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