Mascalucia, in carcere per associazione mafiosa ed estorsione moglie e nuora del boss -
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Mascalucia, in carcere per associazione mafiosa ed estorsione moglie e nuora del boss

Mascalucia, in carcere per associazione mafiosa ed estorsione moglie e nuora del boss

I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Gravina di Catania, in esecuzione di un’ordinanza della V^ Sezione Penale del Tribunale di Catania, hanno arrestato la 60enne Lucia PULVIRENTI (figlia del “MALPASSOTU”) e la 36enne Ornella MICCI, entrambe ritenute responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso e, soltanto quest’ultima, anche del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.


L’attività investigativa, che era stata svolta nell’ambito dell’operazione “Malupassu” dai militari di Gravina di Catania coordinati dalla D.D.A  etnea, aveva portato il 3 giugno dello scorso anno all’esecuzione di 20 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di appartenenti al gruppo di Mascalucia della famiglia mafiosa “Santapaola-Ercolano”.

Le indagini avevano fatto luce su una serie di attività estorsive poste in essere dal gruppo mafioso, acuitesi per numero ed incisività criminale a seguito della scarcerazione del 63enne boss responsabile Pietro PUGLISI, avvenuta nel febbraio del 2017.

Importante il ruolo svolto dalle due donne in seno all’organizzazione mafiosa ed in particolare della moglie del predetto Pietro PUGLISI, Lucia PULVIRENTI, la quale, oltre all’esazione di quote di denaro di natura estorsiva, si occupava di fungere da elemento di collegamento tra il marito detenuto ed i figli Salvatore e Giuseppe ai quali riferiva le disposizioni impartitele dal coniuge.
Soltanto Ornella MICCI invece, moglie di Salvatore PUGLISI, si era resa responsabile unitamente al marito di un’estorsione di oltre 10 mila euro, perpetrata ai danni della proprietaria dell’appartamento nel quale ella stessa abitava.

L’odierno provvedimento restrittivo nei confronti delle due donne è frutto del ricorso, promosso dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania avverso l’originario rigetto da parte del G.I.P. dell’adozione della misura cautelare in carcere nei loro confronti, poi accolto dal Tribunale etneo e dalla Corte di Cassazione.

A seguito dell’esecutività del provvedimento restrittivo le due donne sono state associate al carcere di Messina Gazzi.

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