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Giarre, il liceo scientifico Leonardo celebra Rosario Romeo

Giarre, il liceo scientifico Leonardo celebra Rosario Romeo

Uno storico che, grazie ai suoi studi, ha svelato, sotto il profilo della partecipazione ai moti risorgimentali protesi verso l’unitarismo, un’immagine della Sicilia difforme da quella divulgata in merito agli anni che precedettero l’unità d’Italia. E’ stato questo il messaggio lanciato dal prof. Giuseppe Barone, direttore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, nel corso di una dissertazione dai lui sciorinata in merito all’illustre figura del giarrese Rosario Romeo.

Conformemente all’obiettivo di onorare la memoria dello storico Rosario Romeo con un dibattito ascrivibile alla celebrazione del bicentenario dell’autonomia di Giarre, l’aula magna del liceo scientifico “Leonardo” di Giarre è stata infatti sede di un convegno promosso dal dirigente scolastico Carmela Scirè e organizzato dalla Società Giarrese di Storia Patria e Cultura in sinergia con il comune di Giarre.

Il presidente della predetta Società Nicolò Mineo ed il suo vice presidente Carmelo Torrisi, hanno concertato con il vicesindaco (nonchè docente del liceo scientifico) Salvo Patanè, un incontro che ha coinvolto anche gli studenti del predetto istituto, impegnatisi in un lavoro di ricerca mirato a sviscerare i nominativi dei soggetti che hanno aderito in Sicilia ai moti carbonari. Tra di essi, è emersa la figura di Ferdinando Amari, padre dello studioso di cultura musulmana in Sicilia Michele Amari. Ferdinando, come rimarcò Rosario Romeo, fu uno dei settari che aderì per l’appunto al movimento carbonaro. Proprio Ferdinando fu protagonista di una congiura contro gli austriaci che occupavano Napoli. Egli, malgrado fosse stato ritenuto reo di tale misfatto, fu comunque destinatario di una grazia.

Nel corso della sua relazione invece, il prof. Giuseppe Vecchio, ordinario di diritto privato dell’università di Catania, si è soffermato sulla vicenda umana di Romeo e dunque sulla sua biografia, evidenziando che egli studiò a Roma e si laureò a Catania. Inoltre, il prof. Vecchio ha sottolineato che, per quanto concerne la storiografia italiana, l’illustre esponente del partito repubblicano introdusse nella metodologia di studio degli elementi di ricerca che impreziosiscono l’attività dello storico, il quale deve fornire anche un’interpretazione dei rapporti umani e sociali.

La docente Scandurra si è invece soffermata sul lavoro di ricerca svolto dai discenti del liceo scientifico. L’archivio di Stato di Palermo e l’enciclopedia Treccani sono state le fonti cui gli studenti hanno attinto al fine di studiare Romeo. La docente Maria Alfia Scandurra si è pertanto soffermata sulla procedura metodologica seguita dai ragazzi. Essi infatti hanno posto in essere un laboratorio di storia. Per la precisione, hanno consultato un archivio partendo dai fatti e dalla ricerca di documenti. Basandosi su ciò, hanno partorito delle riflessioni che coinvolgono tutte le scienze umane. I loro studi sono stati interessati anche dal campo della statistica. La docente ha specificato che attraverso questo tipo di ricerca è possibile trarre fuori l’elemento umano. La Scandurra ha esplicitato che la storia è un “Poter passare il testimone ad amici” e che essa inoltre è un’esperienza che conta nel processo di umanizzazione, aggiungendo che per i ragazzi la riflessione è un elemento fondamentale nel processo di crescita.

Il professore Barone, ringraziando i ragazzi per aver ripercorso il lavoro condotto da uno storico, ha chiarito che la raccolta di documenti e di dati è necessaria per interpretare e conoscere meglio il passato. Conoscere il passato, secondo il professore Barone, è importante per capire il presente. La storia dunque non serve a costruire biblioteche antiquarie. Essa è infatti la nostra memoria collettiva e grazie ad essa il nostro senso di marcia può essere proiettato verso il futuro. Senza la memoria, non sapremmo infatti il senso della nostra vita. Gli uomini primitivi per esempio, come ha specificato il professore Barone, rimangono tali perchè non hanno storia. Rosario Romeo comunque, ha studiato il processo di unificazione dell’Italia per consentire a tutti di comprendere cosa tale processo ha rappresentato per la nostra vita e per il nostro essere oggi. Ha condotto tali studi come uno scienziato, pur essendo uno storico crociano o volpiano. E fu proprio la lettura, all’età di quattordici anni, del volume “Il medioevo” di Gioacchino Volpe, a farlo avvincinare a questo personaggio di stampo liberal-nazionalista.

Chiusa questa parentesi, il prof. Barone ha precisato che la creatività interpretativa di Romeo si basava su un forte approccio interdisciplinare alla storia del passato. Romeo era infatti uno storico politico che condusse studi di carattere sociale. La sua più grande opera è stata “Il risorgimento in Sicilia”. Pubblicata nel 1950, tale opera rappresentò la sua tesi di laurea in Giurisprudenza indirizzo scienze politiche. Romeo aveva iniziato a studiare a Roma con Volpe, per poi seguire la figura di Valeri, storico dell’età liberale. Tutta la letteratura settecentesca e ottocentesca aveva parlato della Sicilia come nazione separata: ovvero come territorio che affrontava le lotte per essere esso stesso Nazione. A tal proposito, negli anni dell’università, Romeo si ritrovò in un contesto storico scandito da spinte separatistiche.

Il separatismo fu una corrente politica che cercava di costruire uno stato separato e dunque indipendente. Romeo comunque condusse degli studi anche su Giovanni Gentile, il quale incarnava il neo-idealista per antonomasia. Proprio Gentile, aveva composto un saggio dal titolo “Tramonto della cultura siciliana”. Attraverso tale saggio, Romeo aveva tratto l’insegnamento secondo cui prima del fascismo vi fosse un positivismo inutile. Chiusa questa incidentale, secondo il prof. Barone il merito di Romeo fu quello di aver recuperato un filone unitario nella storia della Sicilia. Romeo infatti apprese che in Sicilia, a partire dal 1660, era entrato l’empirismo inglese di Locke. In Sicilia inoltre fece il suo ingresso l’illuminismo del settecento ed anche il romanticismo ottocentesco. Romeo comprese che in Sicilia vi fu una borghesia operosa nel grande risorgimento nazionale. Non per un caso, la Sicilia in cui stava nascendo questo tipo di borghesia, era una terra ricca di fermenti culturali e civili, pur essendo stata descritta come un’area arretrata in cui prevaleva l’aristocrazia feudale. Sebbene infatti l’aristocrazia feudale fosse fortemente radicata in Sicilia, nella predetta terra esisteva anche una borghesia colta che si muoveva nel movimento unitario.

Nelle città medie come Giarre, il Risorgimento ebbe una base popolare composta dall’artigianato urbano. La borghesia comunque fu alla base del risorgimento. Romeo non esitò a studiare la formazione della piccola e media proprietà, così come il passaggio dalla piccola alla media borghesia. In ogni caso, come asserì Romeo, la Sicilia fece parte del grande movimento che portò all’unità d’Italia. Il professore Barone ha poi sottolineato la straordinaria importanza della seconda opera di Romeo: ovvero “Risorgimento e capitalismo”. Essa rivestì un ruolo non indifferente poichè fece la sua comparsa nel 1959, e quindi due anni prima del 1961: ovvero due anni prima dell’anno della celebrazione del centenario dell’unità d’Italia.

Secondo Gramsci, l’unità d’Italia era stata un fallimento in quanto era prevalsa la soluzione moderata e monarchica portata avanti da Cavour. Gramsci infatti sosteneva che il partito di azione mazziniano aveva fallito perchè non aveva legato l’unità d’Italia ad una trasformazione sociale. La trasformazione sociale, secondo Gramsci, doveva essere una riforma agraria che doveva redistribuire i terreni ai contadini. A ciò si aggiunsero gli umori filo-borbonici, secondo i quali il Mezzogiorno ha avuto più danni che vantaggi dall’unità d’Italia. Tuttavia Romeo, sulla base degli studi effettuati, non esitava a precisare che, nonostante le criticità della questione meridionale, l’unità d’Italia è stata uno straordinario successo. Romeo dunque ha dimostrato che il Risorgimento è stata una delle più grandi vittorie dell’intelligenza politica italiana in Europa.

L’Italia infatti, prima dell’unità, era un Paese privo di materie prime come il petrolio ed il ferro. Inoltre, aveva un’agricoltura non florida, era sovrappopolata e l’85% della sua popolazione era analfabeta. Tra il 1955 ed il 1970, Romeo si pose il problema inenrentemente a come un paese arretrato come l’Italia fosse riuscito a diventare il settimo paese industriale del mondo. Ciò fu dunque possibile proprio grazie all’unità d’Italia. Le difficoltà relative al divario tra Nord e Sud furono individuate nel fatto che l’Italia, a differenza della Germania unificata da Bismarck, era un paese agrario. Romeo comunque sconfessò la tesi di Gramsci secondo cui la riforma agraria, approntata per esempio dai giacobini in Francia, avrebbe rappresentato la via dello sviluppo.

Proprio perchè la storia è ricerca e revisione continua, Romeo analizzò “Il capitale” di marx nel punto in cui è spiegata la teoria della nascita del capitalismo moderno, che si basa sulla grande azienda. Sulla base dei suoi studi, Romeo dedusse che la piccola proprietà può esistere solo a corredo della grande azienda. Romeo inoltre capì che dividere il latifondo nudo poteva costituire un freno alla crescita. Inoltre, la mancanza della riforma agraria, secondo Romeo, aveva permesso che l’agricoltura avesse un boom di tutte le sue produzioni. Nei primi venticinque anni dopo l’unità d’Italia, grazie ad una politica liberista, lo Stato, attraverso il sistema fiscale, colpì le ricchezze delle aziende settentrionali così da drenare le risorse necessarie per la realizzazione delle infrastrutture. Dunque si ebbe un prelievo determinante per il Mezzogiorno. Nel meridione infatti, non esisteva una politica ferroviaria, tranne la Napoli-Portici voluta dai Borboni. Negli anni successivi all’Unità d’italia si toccarono invece i 5.000 km di linee ferrate in tutta la penisola.

Tornando alla questione meridionale, secondo Romeo,la soluzione del divario tra nord e sud passava da uno Stato regolatore e Keynesiano. Secondo Romeo (che fu anche rettore della Luiss di Roma) inoltre, il divario nord-sud era dovuto alle guerre mondiali. Non per un caso, nel 1975-1980, tale divario era sceso al 33%. L’attività giornalistica di Romeo non aveva inoltre risparmiato attacchi al sindacalismo e al populismo. Egli poi, prima del 1987, aveva preconizzato ciò che sarebbe accaduto negli anni 90′: ovvero quel crollo dei partiti che avrebbe condotto allo sfarinamento e alla perdita delle politiche economiche. Romeo, autore di “Cavour e il suo tempo”, aveva inoltre individuato i prodromi di un decentramento disordinato oltre che di un declino statalista che sta condannando l’Italia, secondo Barone, al ruolo di periferia d’Europa.

Umberto Trovato

 

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