Gettonopoli al Comune di Giarre, l’attacco frontale del consigliere Patanè che “striglia” Raffaele Musumeci

A seguito dei numerosi esposti presentati dall’ex presidente del Consiglio Raffaele Musumeci, l’Assessorato Enti Locali ha avviato un’attività ispettiva per verificare eventuali irregolarità nell’erogazione dei gettoni di presenza ai capigruppo. E’ di questi giorni la notizia sulla quantificazione delle somme indebitamente incamerate dai consiglieri comunali. La I Area Servizi Civici ha contestato la messa in mora ai singoli consiglieri per la restituzione di somme variabili e che arrivano sino a quasi 11 mila euro. Alla luce degli accertamenti eseguiti il totale dei gettoni da recuperare, nel periodo compreso luglio 2016 e giugno 2019, ammonta a 80.559,62 euro

Sulla vicenda interviene e rompe il silenzio il consigliere comunale, avv. Leo Patanè al quale è stata notificata la nota con cui si chiede di restituire – entro 30 giorni – le somme indebitamente percepite, segnatamente nella forma di gettoni di presenza (ovvero di permessi retribuiti) per i capigruppo consiliari, che pur non essendo componenti delle commissioni vi hanno preso parte. Patanè a fronte di 517 gettoni di presenza, dovrà restituire 10.851,83 euro.

Ma il consigliere Patanè non ci sta e rilancia. “E’ d’obbligo precisare che gli Uffici Comunali hanno sempre erogato il gettone ai capigruppo dal 2009, anno in cui è stato introdotto. Ciò accadeva anche quando Raffaele Musumeci ricopriva la carica di Consigliere e Presidente del Consiglio, con l’obbligo quindi di vigilare sul corretto operato dell’intero Consiglio. Tuttavia, mai in passato, anche quando lo stesso Musumeci percepiva i gettoni da capogruppo, aveva segnalato presunte irregolarità. In ogni caso, a disporre l’erogazione dei gettoni, secondo la normativa vigente, sono gli uffici comunali e non certo i Consiglieri Comunali. La normativa – rimarca Patanè – prevede come unica condizione per l’erogazione del gettone il principio dell’effettiva partecipazione alle Commissioni. Nulla è stabilito sui capigruppo.

Quindi, in base a tale principio, chi ha partecipato alle commissioni anche come Capogruppo con diritto di intervento, ha ricevuto da sempre il gettone di presenza in conformità alla legge ed al regolamento comunale vigente. In proposito, a conferma che la normativa fosse poco chiara per l’Assessorato Enti Locali, va ricordato che quest’ultimo, nel febbraio 2018, ha emanato la circolare esplicativa n. 2 che ovviamente non sarebbe stata necessaria se il dettato normativo non avesse presentato taluni dubbi interpretativi.

Successivamente, nel 2019, l’Assessorato Regionale, sollecitato dai continui esposti del Musumeci – osserva Patanè –  ha espresso un parere con il quale, interpretando in maniera diversa la Legge n. 30 del 2000, ha ritenuto che i gettoni non andrebbero erogati ai capigruppo in quanto non aventi diritto di voto. Di conseguenza, gli Uffici Comunali, da giugno 2019 ad oggi hanno bloccato l’erogazione dei gettoni ai Capigruppo.

Si è giunti quindi all’ultima nota dell’Assessorato Regionale del 20-4-2021 con la quale si chiede al Comune di recuperare i gettoni erogati ai capigruppo nell’ultimo quinquennio sulla base della diversa interpretazione normativa data dallo stesso Assessorato con efficacia retroattiva.

Un paradosso di quest’ultima nota è che a dover restituire le cifre maggiori sarebbero i consiglieri che si sono resi più attivi nell’ultimo quinquennio partecipando alle varie commissioni, mentre i consiglieri che raramente hanno preso parte ai lavori, oggi dovrebbero restituire poco o nulla.

In pratica tale nota – rimarca il consigliere Patanè – punirebbe maggiormente chi ha costantemente presieduto e lavorato, premiando così gli assenteisti. A scanso di equivoci, va chiarito che la vicenda di oggi è ben diversa da quella che ha coinvolto Raffaele Musumeci nella qualità di Presidente del Consiglio.  Infatti nel caso del Musumeci esiste una norma chiara che prevede, per poter ricevere l’indennità di Assessore o di Presidente, una riduzione del 50 % qualora il beneficiario sia un dipendente pubblico. Non avendo il Musumeci dichiarato di essere dipendente pubblico, ha illegalmente percepito per ben 5 anni l’indennità al 100 %, sicchè è stato costretto a restituire quanto indebitamente percepito, subendo anche un procedimento penale per truffa ai danni del Comune  (per la cronaca, “nel marzo 2019, l’ex presidente del Consiglio comunale Raffaele Musumeci è stato assolto dall’accusa di truffa aggravata perchè “il fatto non sussiste” – ndr) .

Nel caso invece che riguarda oggi tutti i Consiglieri Comunali, non esiste alcun procedimento penale perché non è ravvisabile alcuna ipotesi di reato.  Gli Uffici Comunali, infatti, hanno applicato la Legge 30/2000 in linea con il regolamento comunale ed hanno sempre erogato i gettoni ai capigruppo sulla base del principio dell’effettiva partecipazione. E’ chiaro che i consiglieri non possono di certo cambiare la normativa Regionale o imporre agli uffici un’interpretazione diversa.

A questo punto – osserva il consigliere Leo Patanè – sorgono spontanee alcune domande: come mai solo ora si interpreta diversamente e con efficacia retroattiva una norma del 2000 ? Come mai il Sig. Raffaele Musumeci, solo dopo aver restituito € 45.000,00 e dopo la sua mancata rielezione al Consiglio Comunale, improvvisamente ritiene che la normativa non sia stata correttamente applicata? Altro dubbio che sorge spontaneo riguarda la tempistica della nota dell’Assessorato Regionale che ha iniziato l’attività ispettiva nel 2019 e solo dopo 2 anni, a pochi mesi dalle elezioni amministrative, ha trasmesso questa nota  conclusiva gettando ombre sull’operato degli uffici comunali e soprattutto creando un potenziale danno all’immagine degli attuali consiglieri comunali.

E’, dunque, assurdo recuperare attualmente nei confronti dei Consiglieri somme da loro percepite nell’ultimo quinquennio, semplicemente sulla base di una semplice interpretazione resa da un funzionario dell’Assessorato Enti Locali la quale non costituisce giuridicamente un titolo esecutivo tale da legittimare la diffida e messa in mora oggi attivata dagli uffici comunali”.

Conclude Patanè: “E’ di tutta evidenza che, qualora si andasse dinanzi ad un’Autorità Giudiziaria, la nota dell’Assessorato e la suddetta diffida verrebbero annullate ed i Consiglieri non dovrebbero restituire nulla. Resta, purtroppo, il fatto che, per far valere eventuali diritti dinanzi alla Magistratura competente, nascerebbe un contenzioso con il Comune, mettendo così a disagio i Consiglieri Comunali attualmente in carica i quali, per il ruolo ricoperto, avrebbero difficoltà ad agire in giudizio per non correre il rischio di eventuali incompatibilità paventate nell’atto di diffida”.