Già dieci anni fa Alberto Leoni aveva analizzato, dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001 con l’attacco alle “Torri Gemelle”, il lungo conflitto che per secoli oppose ed ancora oggi oppone, da una parte. i cristiani e, dall’altra, i musulmani in Europa, Asia ed anche l’Africa nel libro “La Croce e la Mezzaluna” con un chiaro sottotitolo: le guerre tra le nazioni cristiane e l’Islam, una storia militare dalle conquiste arabe del VII secolo al terzo millennio.
Un perenne conflitto, fatto oggi soprattutto da attentati, condotti in particolare modo in posti dove è inimmaginabile che possano accadere secondo il concetto che la forma di vita all’occidentale, quasi egemone sulla faccia del nostro pianeta, può, agli occhi di una parte del mondo musulmano, essere vinta attraverso la guerra del terrore con attacchi ai simboli cristiani, le chiese, ed a quelli del turismo occidentale, gli alberghi.
L’Europa ha quasi completamente rimosso dalla propria corta memoria i sanguinosissimi conflitti sostenuti contro l’islam per non perdere anche la propria dignità e difendere le proprie convinzioni religiose a difesa delle libertà e della dignità di tutte le persone: occorre ricordare che, ancora agli inizi del 1800, si poteva notare in giro per la città di Palermo Francesco Paolo Gravina, ultimo principe di Palagonia (morto il 15 aprile 1854 in odore di santità e con una causa di beatificazione iniziata dal cardinale Pappalardo diversi anni fa) intento a raccogliere fondi anche per liberare, col riscatto, i tanti cristiani catturati durante le varie scorrerie effettuate lungo le coste della Sicilia e detenuti come schiavi nelle varie città del nord Africa proprio dai musulmani.
E come la Sicilia, al centro del mar Mediterraneo e terra di emigranti, è stata a lungo contesa durante i secoli, anche il lontano Sri Lanka (conosciuta in Europa dapprima come Ceylon), al centro dell’Oceano Indiano ed anch’essa terra di emigranti, è stata contesa dalle varie potenze mondiali a partire dal ‘600, Portogallo, Olanda, Germania, Inghilterra e da ultimo la Cina con la cosiddetta “Via della Seta”, in quanto crocevia delle ricchissime rotte commerciali dall’Europa e dall’Africa verso l’Asia e viceversa: oggi, dopo lunghe e sanguinose guerre civili tra i tamil, di religione induista, e i nativi singalesi, di religione buddista, gruppi che compongono la maggioranza della popolazione del paese a forma di una goccia d’acqua staccatasi dalla penisola indiana e con una bandiera, composta da due strisce verticali verde ed arancio bordata di giallo, sulla quale spicca un leone che impugna con la zampa destra una spada su uno sfondo amaranto e con ai quattro angoli delle foglie di “ficus religiosa”, a simboleggiare le quattro religioni ancor’oggi presenti nell’isola, musulmana, induista, buddista e cristiana, è diventata una repubblica il 22 maggio del 1972 col nome di Repubblica Democratica Socialista dello Sri Lanka con capitale chiamata dagli occidentali, per brevità, Colombo, ma il cui vero nome è Sri Jayewardenepura Kotte.
A parlare di questo lontano paese sono Luca Di Mauro, dal 1994 e fino allo scorso anno console onorario di quel lontano paese, e don Giuseppe Cannizzo, responsabile della pastorale diocesana etnea per i migranti.
“La comunità cingalese o meglio srilankese – afferma Luca Di Mauro – è presente nel Sud Italia, in Campania doce a Napoli esiste un altro consolato onorario, in Sicilia vivono circa 3.500 persone, a Palermo si trovano soprattutto i tamil e gli induisti, un’altra grossa comunità appartenente a varie religioni è presente a Messina, a Catania è preponderante la presenza della cosiddetta minoranza cattolica e molti di loro svolgono varie attività compresa quella, soprattutto per le donne, di badanti nelle famiglie proprio come Haysinth Rupasisingha, di 55 anni, rientrata nel proprio paese per le festività pasquali dopo 28 anni e rimasta uccisa nella chiesa dedicata a San Sebastiano a Katuwapitiya, in provincia di Negombo, qualche giorno prima di recarsi in Australia a trovare una figlia,, anch’essa emigrata. Il luogo di culto, assegnato dall’arcivescovo, si trova in pieno centro cittadino, a due passi dal Duomo e da piazza Università, a Santa Maria dell’Ogninella dove avvengono i riti religiosi officiati dal sacerdote Michael Censius Perera”.
“Hanno colpito un paese dalle molte fragilità – ha continuato Di Mauro – basti pensare che il violento tsunami causato dal terremoto dell’isola di Sumatra, 9,3 della scala Richter, con oltre 300 mila tra morti e feriti, dei quali 60 mila nella sola Sri Lanka il 26 dicembre del 2004 (tragica coincidenza col terremoto sull’Etna dello scorso anno) colpì in primo luogo proprio e gravemente lo Sri Lanka, ma anche l’India e la costa orientale dell’Africa; gli aiuti coordinati proprio dal mio consolato e partiti dal porto di Catania con oltre una decina di container e grazie alla generosità dello stesso spedizioniere, comprendente macchinari, un dissalatore per l’acqua potabile, persino generi di conforto e tanti generi alimentari, giacquero abbandonati nel porto della capitale fino al completo deperimento”.
Domenico Pirracchio