Come disposto dall’attuale presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, a partire da questo anno scolastico in tutte le scuole dell’isola di ogni ordine e grado dovrebbe tenersi un’ora a settimana di lezione sulla materia “Storia, Letteratura e Lingua della Sicilia”. Trattasi della prima opportunità, dopo tanti anni di dibattiti e “lotte” al riguardo, per poter finalmente introdurre tra le discipline didattiche l’insegnamento del dialetto siciliano.
E la nostra regione non si trova impreparata a questa “sfida” grazie ad un apposito libro di testo realizzato da Gaetano Cipolla, professore emerito di Lingua e Letteratura Italiana presso la prestigiosa St. John’s University di New York, emigrato da Francavilla di Sicilia negli Usa nel 1955, il quale non ha mai spezzato il proprio legame con la terra che gli ha dato i natali nel quartiere della cittadina dell’Alcantara denominato “Furriàta di Mallimàci”.
Il Prof. Cipolla, in pratica, ha messo a disposizione della Regione Siciliana il volume “Mparamu lu Sicilianu – Un corso interattivo per apprendere il Siciliano”.
Gaetano Cipolla, che tramite la rivista letteraria internazionale “Arba Sicula” da lui fondata e diretta si occupa ormai da decenni della promozione della cultura siciliana nel mondo, si sofferma quindi sulla “dignità” del dialetto siculo e sull’importanza della sua divulgazione presso le giovani generazioni.
«Il nostro lessico – sostiene il Prof. Cipolla – non è un mezzo inferiore di comunicazione rispetto alla lingua italiana. Se Dante Alighieri fu il “padre” di quest’ultima, il ruolo di “madre” spetta senz’altro alla lingua siciliana, che è stata la prima lingua letteraria conosciuta ed usata in tutta Italia, come anche alcuni autorevoli studi recenti hanno dimostrato. Purtroppo, però, in siciliano si continua a parlare solo in famiglia o tra il gruppo ristretto dei propri amici e conoscenti, mentre invece bisognerebbe usare questa lingua anche negli uffici pubblici, in banca o al ristorante, senza minimamente “vergognarsi”. Per esperienza personale posso dire che eminenti personalità provenienti dall’estero, pur parlando disinvoltamente più lingue, tra cui l’italiano, non disdegnano di esprimersi pubblicamente nel nostro dialetto allorquando si trovano in Sicilia: ciò significa che diversi termini tipici dell’idioma siculo fanno ormai parte del linguaggio universale».
«C’è da dire – dichiara al riguardo Gaetano Cipolla – che il siciliano non è una parlata valevole per tutte le aree territoriali dell’isola. Da un chilometro all’altro, infatti, ci sono diversi modi di scriverlo e pronunciarlo. Siamo dunque di fronte a tanti dialetti che pur avendo molte differenze hanno comunque anche tante somiglianze, che permettono ad un messinese che dice “Jò”, per significare “Io”, di capire un catanese che utilizza “Jù” con riferimento allo stesso pronome. Il siciliano che insegno in questa grammatica è una sorta di “koinè” (ossia “lingua comune”). Quando ero proprio in dubbio – conclude il Prof. Cipolla rinnovando il suo profondo legame al paese natio – mi sono appoggiato alla sempre comprensibile “parlata” del Comune messinese di Francavilla di Sicilia».
Rodolfo Amodeo