Strategie per rendere competitive le imprese siciliane, come accrescere le infrastrutture dell’isola, su cosa puntare per creare opportunità di lavoro per i giovani. Sono tante le idee di Antonio Leanza, candidato all’Assemblea regionale siciliana nella lista “Micari presidente”.
Leanza, catanese, è vicedirettore per la Sicilia est di una banca del gruppo Intesa San Paolo ove è specializzato nell’assistenza al terzo settore e al no profit. E’ consigliere comunale a Bronte e figlio d’arte, cresciuto a pane e politica. Suo padre, noto come Turi Leanza di Bronte, oltre ad essere stato deputato regionale per 15 anni e sindaco di Bronte, è stato anche vice presidente della Regione durante l’ultima presidenza Nicolosi.
Dott. Leanza, cosa serve, a suo avviso, per rendere più competitive le imprese siciliane?
Questo secondo me, può essere un modello di sviluppo per la Sicilia che, ad esempio, può essere esportato nel settore turistico, nella settore della ricettività e ristorazione. Fare massa critica del settore anche alberghiero, a mio avviso, organizzandosi in rete d’impresa, consente il dialogare con i tour operator e presentarsi alla Bit di Milano per affermare un “prodotto-territorio”, per valorizzare il nostro patrimonio artistico e culturale attirando importati flussi turistici.
Difficile però essere competitivi in Sicilia, ove mancano le infrastrutture.
Per superare il divario nei confronti del nord Italia la Regione Siciliana deve avviare una politica infrastrutturale. Ritengo che il prossimo governo debba attuare una sorta di piano Marshall, portare l’alta velocità, vorrei parlare anche di una strategia per arrivare al Ponte, che rimane una infrastruttura cruciale a cui non crede più nessuno.
Ma tutta la Sicilia è potenzialmente e naturalmente una piattaforma commerciale del Mediterraneo; proprio per sua vocazione naturale deve investire negli hub commerciali, in primis Gela e Augusta, per non restare fuori dagli scambi commerciali verso l’Europa.
A pagare le maggiori spese della nostra arretratezza sono i giovani, molti lasciano questa terra.
Non hanno più l’obiettivo “posto fisso”, adesso la loro sfida è quella puntare sull’autoimprenditorialità. Ma per far questo non si devono trovare una Regione che sia d’ostacolo dal punto di vista della burocrazia. La Regione deve essere, invece, un “facilitatore”, con norme più facili, bandi più semplici, un sistema bancario e un sistema di consulenza vicino ai progetti dei giovani, come ad esempio costituire fondi di garanzia. E’ un aspetto che investe la riorganizzazione della macchina amministrativa ma occorre anche un cambiamento culturale.
Perché ha scelto di candidarsi nella coalizione che sostiene Micari?
E’ una scelta quasi obbligata la mia tradizione mi porta a stare nel centro-sinistra, ma ci sto a modo mio, non ho tessera di partito e mi pregio di rappresentare la sinistra-riformista.
C’è un forte rischio di astensionismo il prossimo 5 novembre, cosa si sente dire a chi non intende recarsi al seggio?
La politica sinora ha disatteso le aspettative dei cittadini, ma non bisogna perdere mai la speranza, bisogna esercitare il proprio ruolo di elettorale e bisogna auspicare anche una classe dirigente di quarantenni che possa attuare una politica seria, rivolta al bene comune.
Con l’antipolitica è facile protestare, ma bisogna poi saper governare e quando si hanno delle responsabilità bisogna saperle assumerle perché in mezzo ci sono i bisogni e le esigenze di una comunità.