Linguaglossa, un Sos contro la febbre del gioco

E’ stato lanciato in occasione del recente convegno di “Cultura Aetnae” sulla pericolosissima dipendenza da slot machine, gratta e vinci e scommesse varie, che ha già ridotto sul lastrico milioni di italiani. Denunciate le responsabilità di istituzioni e mass media, che anziché contrastare tale inquietante emergenza sociale, fanno finta di ignorarla pur di trarne anch’essi un profitto

Momenti di riflessione, approfondimento ed autocritica come quello promosso qualche pomeriggio fa nel Comune etneo di Linguaglossa dalla locale associazione “Cultura Aetnae”, fondata e guidata dal giovane presidente Andrea Giuseppe Cerra, costituiscono occasioni preziose per tentare di arginare un sempre più inquietante e dilagante fenomeno sociale che ha già ridotto sul lastrico oltre due milioni di italiani, per non parlare dei casi limite dei suicidi da esso determinati. “#NonMiAzzardo. Conoscere i pericoli del gioco per prevenire la dipendenza” era infatti il tema ad oggetto del recente convegno di “Cultura Aetnae”, ospitato presso la sala-teatro “Don Giuseppe Pennisi” alla presenza di un nutrito ed interessato uditorio, che annoverava anche parecchi giovani ed, in particolare, gli studenti del Liceo Scientifico-Linguistico “Michele Amari”. In platea pure il sindaco di Linguaglossa, Rosa Maria Vecchio, ed il suo collega del limitrofo Comune di Piedimonte Etneo, Ignazio Puglisi.

«Come associazione impegnata sul territorio sia a livello culturale che sociale – ha dichiarato il presidente di “Cultura Aetnae”, Andrea Giuseppe Cerra, introducendo i lavori – abbiamo ritenuto doveroso conoscere meglio la grave problematica del gioco d’azzardo patologico, detto anche ludopatia o gioco compulsivo, con cui purtroppo fanno i conti anche le piccole ed apparentemente “tranquille” comunità come la nostra. Si tratta di una problematica che comporta ripercussioni negative su diversi piani (salute, legalità, sviluppo economico, ecc.) e dalla quale vogliamo mettere in guardia soprattutto le giovani generazioni. Perché non è affatto vero, anzi è tutto il contrario, che l’azzardo è la strada più facile per realizzare i propri progetti, così come colpevolmente vogliono far credere i vari media quando pubblicizzano gratta e vinci, giochi online, lotto e lotterie varie. Anche a detta di eminenti studiosi, il gioco è una componente quasi fisiologica dell’indole umana, ma non deve in ogni caso costituire un pericolo. Occorre, dunque, riscoprire il piacere del gioco semplice e pulito, da intendere come momento di socializzazione e sereno confronto e non come bramosia di arricchimento da sfogare individualmente in maniera ossessiva davanti ad una slot o acquistando continuamente biglietti di gratta e vinci».

Ha fatto seguito l’intervento di Marianna Puglisi, membro di “Cultura Aetnae”, la quale si è soffermata sulle origini e sull’evoluzione del gioco d’azzardo e sulle attuali strategie di marketing che lo sostengono (come certi spot televisivi all’insegna di slogan accattivanti, immagini allettanti e musiche trascinanti) e che mirano a coinvolgere emozionalmente i destinatari dei relativi messaggi pubblicitari, tra i quali si annoverano sia disoccupati in preda alla disperazione e sia persone benestanti (pensionati, proprietari immobiliari, ecc.) i quali finiscono col convincersi che attraverso il gioco possono cambiare in meglio le rispettive esistenze.

Ed a questi singoli casi disperati ha accennato, ovviamente in maniera anonima, Gaetano Grimaldi, psicopedagogista esperto in trattamento riabilitativo e cura del G.A.P. (Gioco d’Azzardo Patologico). «Nell’espletamento della mia professione – ha rivelato Grimaldi – mi capita quotidianamente di imbattermi in pazienti un tempo ricchissimi o dalla invidiabile posizione sociale, oggi ridottisi a causa del gioco a vivere come dei barboni e persino ad accarezzare il proposito di togliersi la vita. Ed il povero disoccupato, dal canto suo, nella vana speranza di migliorare la propria situazione economica, non fa che aggravarla. Tutto ciò ha, ovviamente, ripercussioni oltremodo negative negli equilibri familiari, nei rapporti lavorativi e, più in generale, nei contesti sociali in cui i giocatori ludopatici vengono a trovarsi, in quanto la necessità di disporre continuamente di denaro per poter alimentare l’insano vizio induce spesso e volentieri a perpetrare ruberie e crimini vari. A conti fatti, dunque, a “vincere” sono solo lo Stato, che incamera una percentuale sulle somme giocate, e le tante società estere (quasi nessuna italiana) che gestiscono questo tipo di attività traendone elevatissimi guadagni».

Particolarmente coinvolgente si è rivelato, infine, l’intervento di Gino Gandolfo, segretario del coordinamento regionale della campagna “Mettiamoci in gioco”, recante come slogan “Più giochi, più perdi”. Attraverso delle simpatiche “lotterie simulate” con il pubblico in sala, Gandolfo ha infatti dimostrato concretamente come credere di poter dominare la casualità di un gioco sia una mera illusione e che, pertanto, è più facile perdere anziché vincere.

Il benemerito volontario, già delegato regionale per il settore adulti di Azione Cattolica Sicilia, ha inoltre fatto notare come quelle “macchinette” che troviamo nei bar, nelle sale gioco ed in altri pubblici esercizi, attraverso dei particolari software sono in grado di studiare il comportamento del singolo giocatore (rilevando i suoi tempi di reazione, le scelte che tende a fare, ecc.) e di approntare quindi in automatico una sorta di piano di gioco personalizzato che induce a continuare a ritentare compulsivamente la fortuna dopo qualche piccola vincita che fa da esca.

Gandolfo ha, quindi, rivolto un appello agli amministratori locali i quali, nel loro piccolo, potrebbero anch’essi in qualche modo prodigarsi per tentare di contrastare nelle rispettive comunità il devastante dilagare del gioco d’azzardo patologico. «E’ ad esempio possibile – ha suggerito l’attivista di “Mettiamoci in gioco” – emanare degli appositi regolamenti comunali in cui si fa divieto a bar e locali pubblici vari di consentire la pratica di questo tipo di attività ludiche oltre un certo numero di ore al giorno. Ed anche se un Comune come quello che ci ospita (Linguaglossa, ndr) non è certo una grande metropoli dalle distanze enormi tra un quartiere e l’altro, potrebbe avere un esemplare valore simbolico vietare l’apertura di sale-giochi e centri scommesse nelle adiacenze di centri educativi e di aggregazione giovanile quali le scuole e le parrocchie».

Intanto, grazie alla straordinaria capacità comunicativa dei social network, la notizia di questa recente iniziativa dell’associazione “Cultura Aetnae” di Linguaglossa ha fatto il giro della rete, e sono stati in parecchi, dai vari Comuni dell’hinterland etneo e della contigua Valle dell’Alcantara, a congratularsi con il presidente Cerra ed i suoi soci collaboratori per aver finalmente fatto pubblicamente accendere i riflettori, anche nei centri della “remota provincia” siciliana, su un’emergenza sociale che sta mietendo numerose vittime nel silenzio più assordante, e probabilmente con la connivenza delle stesse pubbliche istituzioni.

Rodolfo Amodeo

 

FOTO: da sinistra Gaetano Grimaldi, Andrea Giuseppe Cerra, Marianna Puglisi e Gino Gandolfo durante il recente convegno di “Cultura Aetnae” a Linguaglossa