Don Giovanni Salvia: «Il mio “ritiro” a Lampedusa»

Il cappellano militare originario di Francavilla di Sicilia è reduce da un’esaltante esperienza pastorale ed umana nella travagliata isola, dove per sei mesi ha fornito il proprio supporto spirituale a quanti sono impegnati nel fronteggiare la grave emergenza sbarchi

Conoscendo le sue inclinazioni letterarie, siamo più che certi che alla sua recente esperienza pastorale nell’isola di Lampedusa Don Giovanni Salvia dedicherà un apposito libro (e lui stesso ci conferma tale intenzione).

Intanto, il prelato originario di Francavilla di Sicilia che da diversi anni riveste il prestigioso incarico di Cappellano Militare presso il 41° Stormo Anti-Sommergibili della Base Aerea di Sigonella e da alcuni mesi pure presso la Capitaneria di Porto di Catania, ha accettato di anticiparci qualcosa sul semestre da lui trascorso (da dicembre 2013 a giugno 2014) nella pittoresca isoletta all’estremo Sud della Sicilia, balzata agli onori della cronaca per la nota problematica degli sbarchi degli immigrati in fuga dai Paesi africani e mediorientali.

Non a caso, esattamente un anno fa, proprio Lampedusa è stata la destinazione del primo viaggio ufficiale di Papa Francesco, il quale ha preteso che le forze dell’ordine ed i volontari impegnati in questo travagliato angolo di territorio siciliano potessero beneficiare del sostegno spirituale di un cappellano militare.

Nasce da qui l’esaltante esperienza pastorale ed umana recentemente vissuta da Don Giovanni Salvia, al quale abbiamo posto qualche domanda in merito.

– Reverendissimo Padre Salvia, cosa l’ha indotto ad affrontare questa missione a Lampedusa?

«Ho accettato di affrontare questa esperienza non appena l’Ordinario Militare ha chiesto a noi cappellani della Sicilia la disponibilità a svolgere periodi di turnazione a Lampedusa. Senza minimamente pensarci su, ho chiesto di partire subito alla volta di tale destinazione. Come ci ricorda San Giovanni Crisostomo, i poveri li avremo sempre con noi; e se non condivideremo con loro i nostri beni, li deruberemo e priveremo della vita. Ringrazio, dunque, il mio vescovo Santo Marcianò per questa esperienza che mi ha arricchito, sia interiormente che umanamente».

– A quali principi ha improntato la sua missione?

«Per prima cosa ho ritenuto doveroso incontrare i militari e le forze dell’ordine impegnati in quest’isola stupenda e dalle maestose bellezze, che Dio creatore chiede all’uomo di non rovinare. Per il resto, usando le parole di Papa Francesco, ho cercato di “donare la gioia del Vangelo, che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. Due sono stati i pilastri del mio propormi a Lampedusa: l’Eucaristia (che ci fa conoscere l’Amico per eccellenza, ossia il Signore) e la Confessione (strumento della Divina Misericordia del Padre). Ed ho sempre tenuto conto di quanto affermato da Papa Benedetto XVI: “La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”».

– Che rapporti ha instaurato con il clero e la realtà religiosa locale?

«Ho vissuto la mia vita spirituale con i confratelli della Diocesi di Agrigento, ossia Don Mimmo Zambito e Don Giorgio Casula, nonché con i rappresentanti dell’Azione Cattolica, del Movimento dei Focolarini, del Gruppo del Rinnovamento dello Spirito e delle Suore di Padre Morello».

– Non ritiene che i migranti ed i loro spesso tragici sbarchi costituiscano un grave problema per lo Stato italiano ed, in particolare, per la nostra regione?

«Personalmente ritengo che non dobbiamo soffocare la speranza, bensì arricchire la nostra testimonianza con la carità ai poveri, agli ultimi, ai fratelli ed alle sorelle che, per l’indifferenza dell’Occidente, continuano a vivere all’insegna della carestia e della guerra».

– Adesso con che stato d’animo è tornato alle sue ordinarie mansioni tra la Base di Sigonella e la Capitaneria di Porto catanese?

«Considero questa esperienza come un lungo ritiro spirituale di sei mesi, che mi ha aiutato a crescere ed a guardare nel volto i lampedusani, dai quali ho ricevuto la ricchezza di poter esercitare, nel nome di Gesù Cristo, il sacramento della riconciliazione. Saluto con tanta gioia i lettori del “Gazzettino Online” e chiedo anche a loro di pregare per me».

Rodolfo Amodeo

 

FOTO: alcuni momenti della missione di Don Giovanni Salvia a Lampedusa; nella terza foto è con il Generale CA Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito