Motta Camastra “campionessa” in comunicazione

L’autorevole ed esaltante giudizio della docente universitaria e sociologa norvegese Lise Widding Isaksen sugli abitanti del piccolo centro dell’Alcantara, capaci di relazionarsi e socializzare sia a livello umano e sia avvalendosi delle nuove tecnologie

Pur essendo, con i suoi circa ottocento abitanti, uno dei più piccoli Comuni siciliani, la cittadina di Motta Camastra è più volte assurta a notorietà nazionale ed internazionale. Oltre ad avere la fortuna di ospitare nel proprio territorio le rinomate Gole dell’Alcantara, meta turistica di rilievo mondiale, negli Anni Settanta il regista Francis Ford Coppola la scelse come set per alcune scene del suo capolavoro cinematografico “Il Padrino”; negli ultimi tempi, inoltre, Motta Camastra ha saputo legare il proprio nome alla sua tipica e pregiata noce, in onore della quale, nella prima settimana di ottobre, viene, ormai da undici edizioni, organizzata un’apposita “Festa”, all’insegna di mostre-mercato e spettacoli, che richiama visitatori da ogni parte della Sicilia.

Ci ritroviamo, dunque, al cospetto di una comunità che, in controtendenza rispetto alla maggior parte dei territori marginali del “profondo Sud”, riesce ancora ad esprimere una spiccata vitalità ed uno spirito d’iniziativa non comuni. Ed un’autorevolissima conferma, oltre che un’illuminante spiegazione, di ciò è giunta in questi giorni anche dal mondo accademico internazionale attraverso la sincera testimonianza di Lise Widding Isaksen, docente di Sociologia e Scienze Politiche presso l’Università di Bergen (Norvegia), la quale frequenta Motta Camastra da circa vent’anni, ed esattamente ogni qualvolta si reca in Sicilia per trascorrere le vacanze nel vicino centro etneo di Calatabiano, dove il marito, ossia l’affermato pittore John Petter Havneras, ha dei parenti.

Abbiamo incontrato la prof. Widding Isaksen ai tavoli del noto ritrovo di Giardini Naxos “La Taverna”, di cui è titolare Angelo Savoca, stimato imprenditore della ristorazione nonché presidente del “Fotoclub Naxos”. Proprio quest’ultimo ha fatto spesso da “cicerone” alla cattedratica norvegese in occasione delle sue visite nel piccolo centro collinare dell’Alcantara.

«L’anno scorso – ricorda Savoca – ho pensato di portare questa mia illustre cliente nel salone da barbiere del mio amico Pippo Cosentino, che per Motta Camastra è una vera e propria “istituzione”: alle sue pareti, infatti, sono esposte tantissime foto, tra cui quelle dei vari divi della musica leggera italiana che, negli anni, si sono esibiti in occasione delle feste patronali del paese».

«Da sociologa – aggiunge Lise Widding Isaksen – sono rimasta molto positivamente colpita dall’ambiente in cui lavora questo simpaticissimo barbiere dove, durante l’arco della giornata, s’incontrano un po’ tutti i residenti del paese, che hanno ancora tanta voglia di comunicare tra loro in una dimensione umana e diretta. Ma accendendo il computer mi sono anche accorta che Motta Camastra sa pure stare perfettamente al passo con i tempi: sul popolare social-network “Facebook” ho trovato, infatti, diversi “gruppi” formati da mottesi di tutte le età. Siamo, quindi, in presenza di una realtà veramente all’avanguardia dal punto di vista della comunicazione: con l’innata simpatia ed il sincero senso dell’ospitalità che li caratterizza, i cittadini di Motta Camastra sono capaci di relazionarsi socialmente, sia tra di loro che con chi, come la sottoscritta, proviene da fuori; ma, nello stesso tempo, non rinunciano alle opportunità offerte dalle nuove forme di interrelazione della civiltà contemporanea. Ed oggi come oggi, credetemi, non è facile trovare gente dotata sia di un cuore grande e sia di una mentalità aperta: negli abitanti di Motta Camastra, invece, queste due qualità riescono mirabilmente a convivere. Nelle mie lezioni agli studenti universitari norvegesi, pertanto, porto sempre a modello questa comunità siciliana, dimostrando come, anche se “piccoli”, ci si possa proiettare nel mondo attraverso un virtuoso “mix” di semplici doti umane ed alta tecnologia».

Rodolfo Amodeo