Catania, sequestrati i beni di Francesco Ferrera -
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Catania, sequestrati i beni di Francesco Ferrera

Catania, sequestrati i beni di Francesco Ferrera

Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica, militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Catania hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro di beni, emesso ai sensi del D. Lgs. 159/11 dal Tribunale di Catania – sezione misure di prevenzione – nei confronti di Francesco Ferrera, classe 1964.

Le indagini patrimoniali delegate ai Carabinieri hanno fatto emergere che all’interessato sono riferibili, in modo diretto o indiretto, diversi cespiti il cui valore è apparso sproporzionato rispetto ai redditi dallo stesso dichiarati. Sull’ulteriore presupposto della ritenuta pericolosità sociale del Ferrera, in quanto indiziato di appartenenza ad una associazione mafiosa, sono stati posti in sequestro i seguenti beni: un complesso immobiliare sito in Viagrande (formalmente nella titolarità del figlio Natale che, all’epoca dell’acquisto, era appena diciottenne e privo di adeguati redditi autonomi), ristrutturato ed ampliato, composto da: un terreno (con annesso un piccolo locale) della superficie di oltre 1000 mq, ove insiste una piscina interrata lunga circa metri 10 circondata da palme, due appartamenti, con rifiniture di pregio, per complessivi mq. 300 circa, un terreno agricolo di pertinenza dei suddetti appartamenti di circa mq. 1000;  un fabbricato rurale di circa mq. 200, prima adibito a frantoio ed oggi trasformato in sala riunioni/pranzo; un vano garage per due posti auto; un vano garage per un posto auto sito in Acicastello (nella formale titolarità di Puglisi Giacoma Letizia, coniuge del proposto),  i saldi attivi dei rapporti finanziari accesi presso istituti di credito e Giacomi ai componenti il nucleo familiare, del valore complessivo stimato in circa € 800.000,00.

L’emissione del provvedimento di sequestro in argomento scaturisce dalla sussistenza del presupposto della pericolosità sociale del Ferrera derivata dal suo coinvolgimento in numerose vicende giudiziarie.

Momento significativo della storia criminale di Ferrera Francesco è certamente la prima condanna definitiva irrogata nei suoi confronti dalla Corte d’appello di Catania nell’anno ’94 per il reato di associazione di tipo mafioso e per il reato di sequestro di persona; nel 1990 era già divenuta definitiva una precedente condanna per più violazioni delle disposizioni sul controllo delle armi e in data 28 marzo 1995 diviene definitivo il decreto applicativo nei suoi confronti della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno della durata di anni tre.

Ma il percorso criminale di Francesco Ferrera prosegue con una recente condanna che testimonia l’incessante appartenenza mafiosa del proposto ed infatti in data 20.01.2017 viene condannato in primo grado dal Tribunale di Catania per il medesimo reato di associazione di tipo mafioso, alla pena di anni 4, essendo stato riconosciuto il vincolo della continuazione con la precedente condanna del 13.05.94.

Si tratta di una condanna pronunciata all’esito delle indagini esperite dalla Procura nell’ambito del procedimento (operazione Fiori Bianchi) che aveva portato all’emissione in data 08.04.2013 nei confronti dell’odierno proposto di un’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Catania con cui veniva applicata al Ferrera la misura della custodia cautelare in carcere, avendo accertato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei suoi confronti in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p., segnatamente per avere fatto parte della famiglia catanese di Cosa Nostra, promossa e diretta al vertice da Nitto Santapaola, Aldo Ercolano e  Vincenzo Santapaola.

In particolare le concordi dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, lo indicavano come appartenente all’associazione mafiosa “Santapaola-Ercolano” alla quale era transitato dall’originaria famiglia Ferrera “Cavadduzzu” dove già ricopriva un ruolo di spicco. Nell’ambito della nuova associazione il Ferrera progettava traffici di stupefacenti e partecipava a riunioni associative con altri clan per risolvere, tra l’altro, questioni collegate ad estorsioni in danno di imprenditori.

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