Tra la Valle dell’Alcantara e quella del Simeto il più antico luogo di culto della Sicilia? -
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Tra la Valle dell’Alcantara e quella del Simeto il più antico luogo di culto della Sicilia?

Tra la Valle dell’Alcantara e quella del Simeto il più antico luogo di culto della Sicilia?

Ad ipotizzarlo è lo studioso castiglionese Giuseppe Tizzone, il quale ha condotto un’approfondita indagine sul sito preistorico megalitico di contrada Balze Soprane, ricadente nel territorio del Comune di Bronte. «In un’area che sicuramente si prestava alla celebrazione di riti sacri – sostiene – ci sono tutti i simboli della venerazione per la “Grande Madre”, dea della vita, della morte e della rigenerazione»

Nel lembo estremo della Valle dell’Alcantara, tra i Comuni di Randazzo, Bronte e Maletto, sopravvivono le tracce di quello che potrebbe essere il più antico luogo di culto esistente in Sicilia. Ad ipotizzare tale primato è Giuseppe Tizzone, socio fondatore della Pro Loco di Castiglione di Sicilia ed appassionato cultore di storia locale.

Nei mesi scorsi c’eravamo occupati dei suoi approfonditi studi sul popolo dei Siculi, ma adesso Tizzone è andato ancora più a ritroso nel tempo prendendo spunto dalla particolare dislocazione, nel territorio di Bronte in contrada Balze Soprane, di dodici lastroni in pietra lavica evocanti una simbologia religiosa tipica dell’Antica Età del Bronzo (intorno al 3000 a. C.).

«Sono ormai in tanti – spiega Giuseppe Tizzone – a conoscere l’esistenza di questo sito preistorico ubicato al confine tra la Valle dell’Alcantara e quella del fiume Simeto, ma nessuno si è mai attentamente soffermato sul significato di ciò che si vede, ossia una struttura megalitica a spirale, un simbolo solare ed un altare.

«Questo simbolismo ed il periodo di riferimento ci rimandano al culto della “Grande Madre”, ovvero una dea della fertilità, della nascita, della vita, della morte e della rigenerazione. Quei lastroni in pietra (larghi ed alti tra il metro ed il metro e mezzo ed occupanti uno spazio del diametro complessivo di cinque metri e trenta centimetri) sono disposti a spirale proprio perché la spirale era un’allegoria femminile simboleggiante l’energia ed il tempo ciclico che determinano la nascita e la crescita di uomini, animali e piante in un rinnovamento incessante del ciclo cosmico. Il simbolo solare, invece, rappresentava la componente maschile, che con il suo sorgere ed il suo tramontare fecondava la dea madre, evocando altresì la resurrezione dell’anima. La collinetta adiacente, infine, è la metafora del ventre gravido della dea madre.

«Raffigurazioni di spirali ne sono state rinvenute diverse in varie parti del mondo, tra cui a Malta nei templi di Tarxien, in Irlanda nella tomba a corridoio di New Grange, in Sardegna, ecc. In Sicilia sono note quelle incise nei portelli delle tombe di Castelluccio, nel Siracusano, studiate dai grandi archeologi Paolo Orsi e Luigi Bernabò Brea. Il fatto che in tutti questi monumenti funerari le raffigurazioni delle spirali fossero nascoste alla vista (perché coperte da altre lastre o perché rivolte verso l’interno) fa ipotizzare che non si trattasse di semplici elementi estetico-decorativi, ma di raffigurazioni simboliche con una funzione propiziatoria e devozionale, quasi una sorta di “messaggio” per i defunti là sepolti cui si prospettava, in conformità alla spiritualità dell’epoca, la certezza di una rigenerazione dopo la morte».

L’erudito castiglionese evidenzia quindi l’unicità, nel contesto archeologico siciliano, del sito megalitico brontese di contrada Balze Soprane.

«Qui – fa notare Giuseppe Tizzone – non ci si trova in presenza di una simbologia statica impressa in un monumento, bensì di tutto un luogo “attrezzato” per celebrare cerimonie di culto. La spirale è infatti percorribile attraverso un corridoio di circa dodici metri e largo un metro, lungo il quale è più che probabile che si svolgessero riti di iniziazione, di guarigione, di nascita e di morte».

Per quanto concerne infine l’esatta datazione del sito, Tizzone non fornisce dati certi bensì degli “indizi” derivanti dal rinvenimento in zona di una necropoli tardo-neolitica nonché di frammenti ceramici del Neolitico Medio e del Bronzo Antico restituiti da una grotta a scorrimento lavico ubicata nelle vicinanze. E’ pertanto da presumere che la “spirale” di Balze Soprane risalga almeno al 3000 a. C.

Rodolfo Amodeo

 

FOTO PRINCIPALE: la spirale megalitica di contrada Balze Soprane e, nel riquadro, Giuseppe Tizzone

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