Morte di Valentina: per gli ispettori “nessun rilievo” da fare. Ma per i familiari non è così -
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Morte di Valentina: per gli ispettori “nessun rilievo” da fare. Ma per i familiari non è così

Morte di Valentina: per gli ispettori “nessun rilievo” da fare. Ma per i familiari non è così

‘Nessun rilievo’, su come è stata affrontata l’emergenza dai medici del reparto di ostetricia e ginecologia, è emerso dall’ispezione disposta, nell’ospedale Cannizzaro di Catania, dal ministero della Salute per la morte di Valentina Milluzzo.

La donna di 32 anni, al quinto mese di gravidanza è morta il 16 ottobre scorso dopo avere perso con due aborti i due gemelli che aspettava. Per avere però un quadro completo bisognerà attendere lunedì prossimo, quando dovrebbe essere pronta la relazione finale.
Per la morte di Valentina, il reato ipotizzato dalla Procura è concorso in omicidio colposo plurimo. Un atto dovuto per fare eseguire l’autopsia come incidente probatorio. E non, appunto, perche’ tutti e 12 i medici siano obiettori di coscienza.

L’attenzione dei magistrati è concentrata sulla verifica, attraverso la cartella clinica, dei protocolli d’intervento e assistenza prestata alla paziente, oltre che ai controlli ai quali è stata sottoposta durante il ricovero e in particolare durante la crisi prima della morte domenica 16 ottobre.

La Procura aveva aperto l’inchiesta dopo la denuncia presentata dall’avvocato Salvatore Catania Milluzzo, per conto del marito di Valentina, Francesco Castro. Nell’esposto c’è scritto anche che quando la donna il 15 ottobre scorso entra in crisi “dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno si sarebbe rifiutato perchè obiettore: ‘fino a che è vivo io non intervengo’, avrebbe detto loro”.

La stessa cosa avrebbe ripetuto, secondo l’esposto, per il secondo feto. Una ricostruzione ribadita – come riporta blogsicilia – dal padre della donna, Salvatore Milluzzo, ma che contrasta nettamente con quella fatta dal primario del reparto, Paolo Scollo, che col suo vice Emilio Lomeo, non è tra gli indagati perché assente dal reparto.
“I fatti dimostrano il contrario – sostiene – il medico, dopo il primo aborto, che è stato spontaneo, ha indotto il secondo con l’ossitocina, quindi non c’è proprio la base per parlare di obiezione di coscienza. Ha fatto quello che andava fatto secondo riconosciuti protocolli medici internazionali”.

Ma per i familiari di Valentina non è stato così: “mia figlia urlava in maniera terribile – ricostruisce ancora il padre – abbiamo detto al medico di non farla più soffrire, ma per loro erano i dolori di una colica renale o del parto. Per sei ore è rimasta senza assistenza”.

Adesso il padre chiede “giustizia per Valentina”, ma “senza puntare il dito contro alcuno”. “L’importante – sottolinea – è che altre donne non muoiano di parto, che altre famiglie non debbano sopportare il dolore che proviamo noi”.

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