Natale 2015: il primo di don Domenico Massimino a Randazzo -
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Natale 2015: il primo di don Domenico Massimino a Randazzo

Natale 2015: il primo di don Domenico Massimino a Randazzo

Già parroco di Santa Maria dell’Itria in Acireale, esorcista della diocesi di Acireale per circa dieci anni e arciprete della chiesa madre S. Isidoro Agricola di Giarre, don Domenico Massimino è il nuovo arciprete della basilica di Santa Maria Assunta in Randazzo e parroco del Santuario del Carmine nella medesima città. A Randazzo egli si è insediato il 6 settembre 2015. Classe 1959, è vissuto sempre ad Acireale sino al 2003. Ordinato presbitero nel 1984, Don Domenico è un sacerdote di riconosciuta preparazione sia culturale sia spirituale; i suoi precedenti parrocchiani lo ricordano come un punto di riferimento e guida spirituale imprescindibile. Don Domenico è stato pure docente di teologia dogmatica presso l’Istituto diocesano di scienze religiose di Acireale e insegnante di religione cattolica presso il Liceo classico di Acireale.

– Don Domenico, è il suo primo Natale a Randazzo. Innanzitutto un pensiero per la sua ex comunità. Come la ricorda?
Con profondo e grato affetto, perché un sacerdote porta nel cuore la gente che il Signore mette sulla sua strada.

– In quale stato d’animo ha trovato i fedeli della nuova comunità parrocchiale e dell’intera città?
Riscontro in maniera chiara i segni positivi di un lavoro svolto negli anni con zelo apostolico da chi mi ha preceduto cui va la mia affettuosa e fraterna gratitudine. Certo, per i motivi che ben conosciamo, non mancano un comprensibile disorientamento e un senso diffuso di dispersione.

– Quali sono i problemi più urgenti da affrontare in parrocchia e nell’ambito della comunità ecclesiale locale?
Mi trovo ancora ai primi passi della fase della conoscenza della comunità. Ritengo che ci si debba impegnare per far sì che ci sia un coinvolgimento il più ampio possibile.

– Sinteticamente, può illustrarci quali progetti intende realizzare per la parrocchia e per la città?
Natale-presepeAnzitutto, insieme con padre Orazio, vicario parrocchiale, intendo realizzare il progetto dello svolgimento del servizio sacerdotale nelle sue dimensioni più essenziali e più autentiche, che non producono particolari rumori, in una trama relazionale aperta a tutti. Sono convinto che ciò costituisca la condizione fondamentale per rendersi conto, insieme con la comunità, delle esigenze a cui rispondere con progetti specifici.
Intanto ho fatto da subito mio il progetto, già avviato da Padre Enzo Calà, per la realizzazione – si spera al più presto – di un museo nel quale esporre il pregevole tesoro di S. Maria. Sul piano strettamente pastorale avverto l’esigenza di ambiti formativi di riflessione, di dialogo e di confronto che coinvolgano non solo chi crede, ma anche chi si pone a un livello di problematicizzazione. Penso, poi, che ci si debba impegnare nella formazione degli operatori della pastorale e in un coinvolgimento più ampio dei giovani.

– Qual è il significato e il valore del Natale oggi e cosa dice questo “lontano” evento all’uomo contemporaneo?
Il Natale ha significato per l’uomo contemporaneo perché il suo valore è quello di sempre: Dio è entrato nella storia degli uomini per conferire a essa un senso di eternità. All’uomo contemporaneo, sfiduciato e smarrito tra le incertezze e i flutti spesso tragici della storia, il Natale offre ragioni di speranza perché annuncia che la storia è abitata da Dio, che in essa porta avanti un piano di salvezza eterna.

– Va da sé che gli usi e i costumi cambino nel corso del tempo. Tuttavia negli ultimi anni stiamo assistendo a una rapida, netta, cesura tra le antiche tradizioni, fra cui il Natale. Che cosa distingue la fede dei nostri giorni da quella dei vecchi credenti? Sarà possibile un Natale lontano dalla tradizione?
I vecchi credenti avevano una fede semplice, ma solida e radicata. Noi oggi siamo il prodotto non so se il più compiuto, ma certamente abbastanza compiuto della modernità e della conseguente secolarizzazione. Ci ritroviamo prigionieri di un presente incerto, privi del senso tanto del passato quanto del futuro. È facile quindi che si manifesti la perdita delle tradizioni e del contenuto valoriale da esse per secoli trasmesso. Il Natale per ciò che è in sé trascende le tradizioni, ma, nello stesso tempo, trova in esse un canale efficace di trasmissione del suo messaggio. Pertanto è significativo, anche dal punto di vista culturale, che le tradizioni si coltivino, ma con quelle aperture a certi rinnovamenti che fanno sì che esse non siano riti congelati, ma canali trasmettitori di valori nella vita attuale.

– Che effetto fanno a un a un sacerdote-parroco i continui richiami di Papa Francesco?
Sono sollecitazioni e provocazioni che inducono a una verifica della vita ecclesiale e sacerdotale. Dispiace che, talora, da parte dell’opinione pubblica, siano interpretati in un senso banale e riduttivo o addirittura in un senso anticlericale.

– Il Natale talvolta è presentato come fiaba zuccherosa. Tuttavia Dio nasce in un mondo dove c’è anche tanta sofferenza e miseria. Può spiegarci perché Dio, considerato l’Onnipotente, si sia fatto “piccolo”?
L’onnipotenza di Dio coincide con la sua essenza e quindi non può che trovare nella semplicità la sua espressione più appropriata. Va considerato altresì che è coerente che la logica di Dio si mostri paradossale, per cui l’infinitamente grande si manifesti nell’infinitamente piccolo. Infine nel farsi piccolo di Dio va riscontrato il suo rendersi estremamente accessibile all’uomo e il voler condividere con lui l’infinita sua ricchezza di vita e di gioia.

– Di fronte alla quotidianità, che sembra azzerare ogni speranza, il Natale appare soltanto un ricordo che evoca buoni sentimenti. Rievocare la nascita di Gesù può incidere nella vita reale?
Se il Natale è celebrato così come dev’essere celebrato, non come semplice rievocazione della nascita di Gesù, ma con il coinvolgimento della nostra vita nell’accoglierlo, nel prendere sul serio il Vangelo, nel lasciare che Egli irrompa davvero nella nostra esistenza, allora il nostro intimo s’illumina e si accende nel cuore la fiamma della speranza.

– In attesa del Natale la Chiesa rilegge le grandi vicende del popolo di Israele e ci mostra come Dio interviene nella storia. Guerra, povertà e sofferenza, ma Dio si è scordato dei suoi figli?
Guerra, povertà e sofferenza sono il frutto del peccato e dell’ingiustizia dell’uomo. La salvezza operata da Dio non è un colpo di bacchetta magica che sistema ogni cosa da un momento all’altro. Il Natale di Gesù segna l’inizio di un’opera di riscatto che alla fine della storia conoscerà il suo pieno e definitivo compimento. Essa passa attraverso la conversione dell’uomo che così si lascia liberamente coinvolgere, dando il suo contributo.

– “Per celebrare in modo proficuo il Natale” – afferma Papa Francesco – “siamo chiamati a soffermarci sui “luoghi” dello stupore” che egli riassume in tre aspetti: l’altro, la storia e la Chiesa. Sacerdoti e fedeli sono pronti a celebrare il Natale secondo le intenzioni del Sommo Pontefice?
Sacerdoti e fedeli sono sempre bisognosi di conversione e quindi mai pienamente pronti. Se ci si ritiene pronti non ci si converte. Ma è proprio l’umile, quotidiana, conversione ciò che conta per entrare efficacemente, secondo le intenzioni del Papa, nei luoghi dello stupore, perché si vive la storia, ci si relaziona con l’altro, si sta nella Chiesa, sperimentando proprio in questi ambiti e mai evadendo da essi, il gioioso stupore della fede come incontro vivo con Cristo che comunica l’amore misericordioso di Dio.

– Precedentemente, lo stesso Papa Francesco ha proposto ai cattolici di non ridurre il Natale a una festa fatta di luminarie e lustrini e di andare controcorrente. Come può accostarsi un cristiano contemporaneo di essere “controcorrente”?
Puntando sull’essenzialità del Natale e lasciandosi attrarre non tanto dalle luci del Natale, ma dalla luce del Natale, che è la luce di Dio che risplende nell’umiltà del presepe, la luce dell’Amore da accogliere e da trasmettere nell’umiltà della concreta quotidianità, per vivere una vita luminosa e contribuire a dar luce al mondo.

– Una parola abusata ma poco praticata: la carità. Secondo Lei i fedeli possono guardare alla gerarchia ecclesiastica come esempio da imitare?
In certi casi sì, in altri no, ma il fedele maturo non si ferma alla gerarchia; pur avvalendosi del suo indispensabile servizio, va oltre, cercando Cristo e riconoscendo in Lui l’esempio da imitare.

– Don Domenico, qual è il suo augurio per questo Natale?
Innanzitutto un pensiero di vicinanza e un augurio di speranza per chi vive nella sofferenza del corpo e dello spirito, per le persone sole e per chi è tormentato da disagi e da difficoltà. A tutti loro offro le mie preghiere affinché Gesù Bambino faccia ritrovare le ragioni della speranza per un futuro pieno di gioia.

Gaetano Scarpignato

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