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Sicilia in vendita ai cinesi?

Sicilia in vendita ai cinesi?

Gli accordi commerciali tra Italia Cina degli ultimi giorni hanno riacceso l’interesse per chi teme una svendita del nostro territorio e dei nostri settori strategici al primo offerente. Dei venti accordi, per un ammontare di 8 miliardi di euro, siglati tra il premier Renzi e il premier cinese Li Kegiang, i più rilevanti riguardano il settore dell’import-export, quello della produzione energetica e una forte iniezione di liquidità per favorire gli investimenti in infrastrutture da parte dei colossi cinesi.

Da anni assistiamo alla proliferazione di attività commerciali gestite dai cinesi, dai negozi di abbigliamento, parrucchieri ed estetisti fino ad arrivare ai grossi fornitori che, adesso, riforniscono anche molte aziende italiane di prodotti made in China, merci, nella maggior parte dei casi prive di controlli standard (CE) e di media se non bassa qualità. Parallelamente si sta consolidando il mercato delle vendite dirette di immobili, licenze e beni ai così detti “imprenditori” cinesi, il web pullula di siti come vendereaicinesi.it, cinesichecomprano.com, vendotuttoaicinesi.it ecc.., gestiti da italiani, promettono grandi affari e soprattutto, creano un’intermediazione culturale di difficile interpretazione ma che tranquillizza i venditori.

In Sicilia si contano un centinaio di annunci, dai locali commerciali, capannoni, licenze di bar e tabacchi, fino ad un Castello Arabo Normanno del 1570 corredato di torrette e splendido giardino, oltre ad una piccola fetta di imprenditori italiani che tentano di aprirsi un varco nell’immenso mercato cinese proponendo i nostri prodotti made in Italy. La vendita diretta a potenziali compratori è la regola base di un mercato liberale, oggi però questo meccanismo è leggermente storpiato dal surplus dei prodotti che alimenta il paradosso delle eccedenze commerciali e la Cina, purtroppo, basa la sua giovane economia proprio sulla sovrapproduzione per generare profitto.

I rapporti commerciali sono indispensabili per sopravvivere in questo sistema economico ma necessitano di regole e soprattuto, dovrebbero avvenire tra Paesi di eguale peso economico, altrimenti il margine contrattuale di chi vende è vicino allo zero. La situazione italiana, soprattutto quella del Sud e della nostra bella Sicilia non sono proprio floride, il rischio che questi accordi e l’incontrollata vendita di beni e strutture ad un mercato decisamente più importante del nostro, generi un rapporto impari è dietro l’angolo, alla luce di ciò siamo sicuri di voler diventare una succursale di questo sistema economico?

In conclusione il dato import-export del 2013, Italia  9,6 Mld di export a fronte di un 22.1 Mld. di import cinese.

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